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Due tesi di fondo, distinte ma strettamente correlate tra loro, sono al centro di questo saggio. La prima è che la globalizzazione, non solo economica e tecnologica, ma anche sociale e culturale, incidendo sul piano giuridico chiama in causa il diritto comparato per ripensarne e riaffermarne la propria vocazione di studio critico di problematiche ed esperienze giuridiche e normative, che si pone, al livello teorico, come modo autoriflessivo di conoscenza del diritto. La seconda tesi è che vi sono temi, come è il caso emblematico della tutela ambientale, che assumono carattere di ‘fondamenti’ di comparazione giuridica, nel senso di rappresentare un paradigma di un nuovo statuto metodologico ed epistemologico di questo campo di studi, che invece di conoscere il mondo attraverso il diritto, alla maniera di classificazioni (tassonomie) dei sistemi giuridici, cerca di conoscere il diritto attraverso il mondo, nella sua dimensione ‘globale’, al tempo stesso territoriale e spaziale, particolare e comune, relativa e universale, come polarità tra loro non oppositive, ma complementari.
Muovendo da una premessa generale sulle politiche di integrazione basate, rispettivamente, sul modello assimilazionista, multiculturale e interculturale (§ 1), il saggio si concentra sulla nozione di cittadinanza europea, dal lato sia dei suoi ambiti di rilevanza normativa nei trattati sull’Unione, sia del suo significato in relazione a due questioni principali concernenti la sua qualificazione e la sua portata soggettiva, con riguardo al problema della sua autonomia concettuale (§§ 2-3). Su questo sfondo, nel quale si può osservare un fondamento autonomo a carattere potenzialmente aperto e inclusivo della cittadinanza europea, viene analizzata la relazione tra immigrazione e integrazione nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, avuto riguardo alle normative dell’Unione e ai programmi pluriennali del Consiglio europeo (§ 4): allo scopo di argomentare (§ 5) la possibilità di una nozione ampia di cittadinanza europea, nella forma della cosiddetta "cittadinanza civile", proposta dalla Commissione europea in due comunicazioni, rispettivamente del 2000 e del 2003; all’epoca sostenuta e quindi rilanciata in tempi più recenti dal Comitato economico e sociale europeo in due pareri, rispettivamente del 2003 e 2014. Questa nozione ampia di cittadinanza europea potrebbe applicarsi, in virtù del principio di uguaglianza, ai cittadini dei paesi terzi (migranti e rifugiati) che siano residenti stabili di lungo periodo in uno Stato membro. Nell’ultimo paragrafo (§ 6), alcune considera-zioni finali sono tratte, riguardanti l’esigenza di un cambio di paradigma, consistente nel ri-pensare al livello europeo la nozione di cittadinanza non più solo in termini di nazionalità (in rapporto alla cittadinanza dello Stato), ma su base residenziale, in termini di funzione di con-vivenza civica fondata sulla condivisione di valori, nell’ambito dello spazio transnazionale comune dell’Unione.
The presentation is articulated in two distinct but strictly connected sections. The first one (§§ 1-2) focuses on the relationship between comparison based on national legal systems and European law as a major example of stateless law, a new kind of ius commune Europaeum, arguing how such relationship implies a paradigm shift in the conception of the law, consisting in passing from a territorial point of view to a spatial one. The following section (§ 3) highlights the importance of a new idea of citizenship, post-national, plural and inclusive, capable of completing the national citizenship, through its grafting directly with fundamental rights, precisely in the stateless form of the European citizenship, as the main parameter of that paradigm shift, in function of a political and social coexistence aimed at the building of a common European space, grounded on transnational democracy and solidarity, within which individual subjectivity, without necessarily disengaging from one’s own territory, thus understood as territory of national membership, or as residential territory in relation to a living and working condition in a local community, may become central to the overall objective of the formation of a Europe truly united through not only member states but also their peoples, and more generally the people as individuals seen in their relational dimension of civic coexistence at various levels, local, national and European.
Il contributo si propone di svolgere una sintetica riflessione sull’importanza della citta-dinanza europea per dare forma compiuta alla costruzione di una Europa unita sulla base della volontà degli stati membri, ma con il consenso dei loro cittadini uniti, pur nella diversità delle loro appartenenze nazionali, dai legami di una cittadinanza comune, a complemento e integrazione del contenuto di diritti (e doveri) della cittadinanza nazionale. Chiave di volta di questa cittadinanza comune è la solidarietà tra i popoli europei, come contrappeso tanto alle libertà economiche del mercato quanto alle politiche di rigore, nella prospettiva di una unione politica che trova espressione e fondamento nel valore sociale della cittadinanza europea.
Il saggio intende portare l’attenzione sulla natura dell’attuale crisi europea, vista in particolare attraverso un punto di osservazione privilegiato e informato come quello offerto dai discorsi annuali sullo stato dell’Unione da parte dei Presidenti in carica della Commissione europea. Giungendo a fissarne come principale punto di ricaduta quello rappresentato dallo scarto, in termini di coerenza e credibilità, tra "processo" e "progetto" di unificazione, a fronte di un dissenso crescente da parte dei cittadini nei riguardi dell’attuale realtà (specie politico-istituzionale) europea. Per poi soffermarsi a considerare anomalie, paradossi e criticità riguardo al modo in cui l’Unione (già Comunità) si è venuta configurando, dal lato sia dei metodi di azione che del rapporto tra metodo e potere decisionale. Infine concentrandosi sui nodi da sciogliere per dare all’Unione un assetto più coerente e riconoscibile di comunità politica e di diritto, rispettosa dei suoi stessi valori, principi e obiettivi fondamentali.
Attraverso una cronaca di vicende e dati relativi al referendum britannico del 23 giugno 2016, in cui ha prevalso una maggioranza di voti a favore dell’uscita dall’Unione europea del Regno Unito, il saggio intende offrire una serie di chiavi di analisi e interpretative circa i significati della British exit (Brexit), sia in sé che con riferimento a taluni scenari dai quali guardare tanto a possibili sviluppi del dopo-Brexit, quanto e soprattutto all’orizzonte futuro del processo di integrazione, per ciò che concerne l’attuale stato di crisi dell’Unione, con riguardo ad alcune sue questioni principali che nascono rispettivamente da una riflessione sulla democrazia referendaria e la democrazia rappresentativa in Europa: la questione della democrazia sovranazionale; e quella del consenso/dissenso sull’Europa, quest’ultima vista come possibilità di sviluppo di una nuova narrativa sull’Europa in rapporto con la cittadinanza.
Teorie e analisi sociopolitiche
Il volume si propone di suscitare attenzione e motivi di riflessione attorno al fenomeno del dissenso sull’Europa in ambiti nazionali e locali, per via delle sue implicazioni riguardanti lo stesso processo di integrazione europea, dal lato delle dinamiche socio-politiche e culturali che ne caratterizzano gli sviluppi.
cod. 1269.5
Il saggio sviluppa una riflessione sull’attualità dello studio comparativo del diritto, declinato nel verso dell’integrazione giuridica europea, per la formazione di un giurista e di un diritto europeo, come uno dei principali compiti odierni di questo studio. A tal fine occorre un cambio di passo metodologico che trova nella cittadinanza dell’Unione, insieme nazionale ed europea, una nuova forma paradigmatica di cittadinanza, incardinata su valori e diritti fondamentali a diffusione transnazionale, che ripropongono la centralità del soggetto, nella dimensione di una pluralità di contesti ordinamentali, quale cittadinanza plurima, differenziata. Viene così in rilievo un nuovo ordine giuridico europeo, come modello di integrazione e coesione che si legittima e prende corpo sul piano e a misura dell’attribuzione di diritti (e doveri) che trovano il loro fondamento non più nella sola appartenenza allo stato-nazione, ma che tendono, anzi, a contrastarne la chiusura entro la sola sfera della sovranità statuale, per aprirli a una dimensione sovranazionale di spazio di condivisione di valori e principi, di cui tali diritti (e doveri corrispondenti) sono espressione, in quanto spazio di cittadinanza comune. Si tratta dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, destinato a realizzare condizioni di pienezza di soggettività giuridica per i cittadini degli stati membri, senza distinzione in base alla nazionalità, ma anche condizioni di accoglienza e garanzia per i cittadini di paesi terzi (migranti e rifugiati in particolare, apolidi inclusi). Il richiamo finale è, quindi, a una nuova figura di giurista più consapevole del suo ‘essere europeo’, capace cioè di farsi ponte di comunicazione e apertura del proprio ordinamento (nazionale) con gli ordinamenti degli altri paesi membri e con l’ordinamento stesso dell’Unione, mediante lo sviluppo su basi comparative di un nuovo ius commune europeo.
Il volume mira a spiegare come si configura l’azione esterna dell’UE, in particolare nell’area della sicurezza. Il testo esamina gli strumenti e le procedure della Politica estera e di sicurezza comune e della Politica europea di sicurezza e difesa, alla luce delle innovazioni apportate dal Trattato di Lisbona, per offrire poi una disamina concettuale dell’UE quale attore internazionale, e un’analisi delle politiche utilizzate dall’UE per stabilizzare le aree limitrofe e risolvere i conflitti.
cod. 1269.2
Con lo sguardo rivolto alle elezioni per il Parlamento Europeo del maggio 2014, e traendo ispirazione dal progetto Spinelli di trattato dell’Unione nel suo trentesimo anniversario, la riflessione si incentra su alcuni nodi della crisi del progetto europeo: esposto al malcontento e alla sfiducia della gente, specialmente delle giovani generazioni; bersaglio da sempre di un euroscetticismo allenato a colpire i punti deboli della costruzione europea; e oggi alle prese con agguerriti movimenti politici anti-europei. Questa riflessione non può che partire dal problema del consenso popolare richiesto per far avanzare l’Europa verso un’Unione più compiutamente realizzata: lungo la linea di congiunzione tra cittadinanza e legittimazione democratica dell’Unione, così che possa svilupparsi una interazione politicamente significativa tra Parlamento europeo e Commissione, sia alla luce dei principi stabiliti nei trattati vigenti, sia nella prospettiva di una ulteriore riforma in senso costituzionale dei trattati stessi.
Partendo da espressioni correnti come ‘diritto comunitario’ e ‘diritto europeo’, spesso usate come sinonimi in maniera generica e senza consapevolezza delle loro implicazioni, attraverso, prima, il richiamo a modelli storici di ‘diritto uniforme’, e, a seguire, un’analisi del passaggio dal processo d’integrazione economica a un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, per giungere a definire il rapporto tra lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, da un lato, e lo spazio del mercato interno, dall’altro, l’articolo si concentra sul fondamento di una nozione e legittimazione unitaria di ‘diritto comune europeo’, avente il suo cardine nella cittadinanza dell’Unione, quale anello di congiunzione tra l’ordine europeo inteso come ordinamento internazionale (di cooperazione tra gli Stati membri) e l’ordine europeo come ordinamento costituzionale fondato sulla centralità della persona, e formato da valori condivisi, che poggia sui tre pilastri, rispettivamente, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, della Convezione europea dei diritti dell’uomo, e delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri quali principi normativi generali dell’Unione.
Prendendo spunto dalle vicende relative alla crisi economico-finanziaria dell’eurozona e dalle connesse misure di modifica dei trattati, il saggio, attraverso un esame del sistema di potere e decisionale al livello di Unione, assume una posizione di critica nei confronti di un metodo e modello di governo europeo a sempre più forte impronta intergovernativa, cercando di dimostrare l’esistenza di principi normativo-istituzionali di rilievo costituzionale che consentono invece di dare significato al principio di democrazia rappresentativa posto dal trattato a base del funzionamento dell’Unione, definendone pertanto un modello di governo democraticamente fondato sulla sovranità dei cittadini dell’Unione. Così da ricondurre il dibattito in tema di ‘più Europa’ al suo cuore federale e insieme democratico costituito dal problema di un maggiore e più consapevole consenso popolare a base delle istituzioni e decisioni comuni.
L’articolo sottolinea l’importanza di definire la nozione di ‘diritto europeo’ nella prospettiva dell’ordinamento giuridico ‘aperto’, visto sia come esperienza storica, sia come esigenza teorica di un modo d’intendere l’ordinamento giuridico all’insegna della extrastatualità e del pluralismo, sulla base di un patrimonio di valori comuni e dei connessi diritti fondamentali espressione della centralità della persona, in quanto paradigma di una rule of law europea, alla cui costruzione è chiamata la comunità dei giuristi, in un contesto di integrazione e comunicazione, dove spicca il ruolo della comparazione come principale strumento di una autentica formazione giuridica europea.
I modelli economico-sociale europeo e statunitense sono stati interpretati tradizionalmente come alternativi, il primo fondato sul solidarismo ed il secondo sull'individualismo. Il confronto fra l'economia sociale di mercato delineata per primo da Rathenau e il New Deal di Roosevelt consente di cogliere una profonda convergenza fra i due sistemi. La crisi della globalizzazione liberista ha posto in luce la necessità di ristabilire un equilibrio fra pubblico e privato e ha rilanciato il dibattito su nuove forme di neoliberalismo. Negli Stati Uniti il New Deal è oggi rivisitato come l'ultima grande riforma da proseguire e rinnovare. In Europa il trattato di Lisbona ha riconosciuto l'economia sociale di mercato come il modello economico-sociale europeo.