La transizione al lavoro dei giovani si realizza attraverso percorsi lunghi, flessibili, individualizzati. Ciò influisce sulla socializzazione lavorativa nonché sulla cultura e sull’etica del lavoro dei giovani, rendendo più difficile la costruzione di una carriera occupazionale stabile e di una solida identità professionale. I processi di socializzazione lavorativa divengono ricorsivi, discontinui, frammentati; non riescono più a trasmettere il senso di una appartenenza, ma - inquadrati nel paradigma europeo dell’attivazione e dell’occupabilità - richiamano a una cittadinanza occupazionale nei fatti difficile da conquistare e mantenere e spesso incapace di rispondere ai bisogni di realizzazione di sé e riconoscimento sociale. Ne derivano nuove disuguaglianze tra i giovani e una ridefinizione del significato del lavoro nel corso di vita. Emerge dunque la necessità di politiche tese a supportare le transizioni lavorative affinché conservino un profilo professionalizzante, consentano la capitalizzazione di competenze, siano sostenibili dentro la biografia individuale. Occorre però ridare valore al lavoro dei giovani, integrando l’obiettivo dell’occupabilità con quello della capability di scegliere un lavoro che abbia valore per sé.