L'articolo mette in luce la complessità del fenomeno delle migrazioni forzate e della sua gestione da parte di attori istituzionali in Europa. L'obbiettivo dell'autrice è quello di evidenziare le relazioni di potere e le frizioni che emergono dall'interazione tra i sistemi di controllo e gestione delle migrazioni e i tentativi di muoversi autonomamente messi in atto dai soggetti migranti. Verrà utilizzato il concetto di soggettività, che permette di indagare gli effetti delle relazioni di potere e le pratiche di costruzione del sé messe in atto dai soggetti dentro i limiti e le costrizioni strutturali in cui si muovono. Queste dinamiche verranno rappresentate attraverso il caso-studio etnografico di "secondi movimenti" di un gruppo di migranti forzati approdati in Italia nel 2011 e trasferirtisi successivamente in Germania, alla ricerca di condizioni migliori di vita, nonostante le limitazioni ai loro movimenti imposte dagli accordi di Schengen e Dublino. I soggetti migranti vivono così una condizione di transito prolungata nel tempo, che assume una dimensione sia spaziale, che temporale e giuridica - categorie che transitano dalla condizione "illegale" a quella "legale" e viceversa - divenendo essa stessa parte integrante dell'esperienza migratoria e non più solo una fase di passaggio. Si sviluppano così soggettività in movimento caratterizzate da temporalità in transito, che si incontrano e scontrano con le istituzioni europee, nazionali e locali. Le frizioni che emergono da questi incontri mostrano come l'Europa sia un campo di battaglia, dove pratiche di negoziazione tra soggetti migranti, attori istituzionali e gruppi di supporto, contribuiscono alla ridefinizione dei confini territoriali, giuridici e politici.