Questo saggio si propone di dimostrare che la celebre storia del progetto di Lina Bo Bardi per il Museu de Arte de São Paulo (masp), stando alla quale la sua configurazione sarebbe la conseguenza di un vincolo posto sul terreno dal precedente proprietario, non corrisponde a verità. Ed è anzi una versione di comodo elaborata dalla dirigenza del museo. Tale versione, sinora unanimemente accettata, fu elaborata con l’obiettivo di legittimare l’aspetto più caratteristico, ma meno giustificabile, del progetto, ossia la luce di oltre settanta metri con cui l’edificio scavalca il lotto a sua disposizione, lasciandolo libero. Il saggio si propone così di gettare luce sulle effettive intenzioni del progetto, dimostrando che, ben lungi dall’essere la conseguenza di una costrizione di tipo legale, la sede del masp si proponeva come un’icona del museo.