Gli obiettivi di questo articolo sono due: il primo è formulare alcune ipotesi in-terpretative sulla partecipazione degli scienziati sociali (soprattutto sociologi, politologi e psicologi) in quanto esperti al processo di costruzione del nemico nei conflitti politico-militari della modernità. Il secondo è individuare alcuni rilievi critici sul modo in cui l’expertise basata sulle scienze sociali si posiziona di fronte alla tragedia della guerra. L’articolo termina richiamando l’attenzione sulla necessità di ripensare, alla luce della razionalità emancipativa, il rapporto tra scienze sociali, potere e conflitti.