@article{52874, year={2014}, issn={1972-487X}, journal={PSICOBIETTIVO}, number={3}, volume={XXXIV}, doi={10.3280/PSOB2014-003011}, title={Le vite della natura morta. still life di Uberto Pasolini, 2013}, abstract={Il lavoro terapeutico, mentre rispetta il dolore che i pazienti ci portano, ha la sua specificità nell’occuparsi di recuperare, continuamente, le tracce di vita che convivono con la sofferenza. Si tratta di rendere "assenza" ciò che i pazienti ci portano come "vuoto" insostenibile. Quindi, nell’intensità del "campo relazionale", pochi fotogrammi gelati possono svilupparsi in storie sempre più ricche. I terapeuti sanno di non essere una collezione di pazienti, ma l’intersezione di infinite storie. I terapeuti si pongono nel punto di intersezione in cui alcune storie sembrano spente o finite e possono usare solo la propria curiosità e passione per entrare delicatamente in uno spazio apparentemente vuoto. I terapeuti cercheranno allora tracce non di una vita passata, ma di movimenti sospesi e potenziali: le foto, i dischi, le lettere che John May trova nelle case che visita non sono importanti per avere notizie sul caso, ma permettono di riattivare processi durante i quali si incontrano personaggi vivi che custodiscono e continuano una storia solo apparentemente finita. Come in ogni terapia che riesce, la vita toccherà John May e lo trasformerà.} url={http://www.francoangeli.it/Riviste/Scheda_rivista.aspx?idArticolo=52874}, author={Giuseppe Riefolo} pages={173-181}, language={IT}}