Prendendo spunto dal lavoro auto-etnografico di Francesca Cappelletto sulla relazione fra medico e paziente, questo contributo intende riflettere sull’impatto dell’organizzazione sociale dei servizi biomedici nel limitare la possibilità di partecipazione dei pazienti all’elaborazione del significato dell’esperienza di malattia. Adottando una prospettiva antropologica si vuole parimenti mettere in evidenza quanto tale partecipazione potrebbe ridefinire l’incontro terapeutico come locus di trasformazione dell’esperienza.