La questione dei beni comuni è in questo momento discussa in ogni angolo del mondo. E l’intensità con cui il tema viene percepita è maggiore, più acuta e anche culturalmente più aggiornata in alcuni Paesi che un tempo si sarebbero detti del Sud del mondo. Basti pensare che alcune costituzioni dell’America Latina - per certi aspetti perfino mostruose nelle loro dimensioni (la Costituzione venezuelana ha 444 articoli!) - mettono i beni comuni al centro dell’attenzione e che uno di questi, il cibo, è affrontato con una novità e una fantasia culturale in leggi, norme costituzionali, documenti del Brasile, del Kenya e dell’India. Dunque, se parliamo di beni comuni, dobbiamo guardarli non (solo) dall’angolo di casa nostra, anche perché in alcuni casi sarebbe impossibile. In questo momento uno dei beni comuni principali - la salvaguardia dell’ambiente planetario - è stato messo in grave pericolo dal terremoto di Fukushima e dalle sue conseguenze. Noi ci interroghiamo, ancora in questo momento, fino a che punto gli effetti di quanto è avvenuto rimarranno circoscritti all’area dove quel disastro si è verificato oppure se l’inquinamento atmosferico e del mare determineranno la contaminazione anche dei prodotti alimentari che importiamo dal Giappone. L’attenzione ai beni comuni ormai non può, dunque, essere legata a un luogo e agli interessi di chi si trova in quel luogo.