Il presente lavoro intende illustrare alcune conseguenze possibili per la psicoterapia relazionale grazie alle recenti scoperte delle neuroscienze. Il concetto di mente relazionale (Siegel e Madeddu, 2012) non solo conferma molte intuizioni dei nostri pionieri, ma ne estende la portata anche all’interno dei vissuti correlati alle funzioni relazionali emergenti, mostrando chiaramente la specularità dei sistemi relazionali interni con quelli esterni. La sfida riguarda come connettere queste due vie. Gli studi sui maltrattamenti infantili ci hanno permesso di comprendere meglio questa connessione attraverso due osservazioni: la prima, che gli abusi e i maltrattamenti continui nell’infanzia sono alla base di alcuni disturbi di personalità, soprattutto dei disturbi borderline e delle disfunzioni del legame di attaccamento, la seconda che i maltrattamenti continui e il trauma vicario configurano una disfunzione correlata ai disturbi traumatici classici, avendone caratteristiche neuropsicologiche similari. Sul piano epistemologico questo richiede una riflessione importante sulle modalità di intervento cosiddette bottom-up da affiancare a quelle classiche top-down, modalità che richiedono una preparazione dello psicoterapeuta come persona ancora più raffinata. Attraverso alcuni casi clinici l’autore illustra come la cornice relazionale possa contenere approcci specifici sul trauma, a partire da un uso più consapevole della voce e del respiro propria e del paziente.
Keywords: Trauma, voce, corpo, alleanza terapeutica, teoria polivagale, disturbo borderline di personalità.