Il Partito liberale italiano e il fascismo come sua «figliazione [sic]»

Titolo Rivista VENTUNESIMO SECOLO
Autori/Curatori Luca Tedesco
Anno di pubblicazione 2017 Fascicolo 2017/40 Lingua Italiano
Numero pagine 33 P. 159-191 Dimensione file 550 KB
DOI 10.3280/XXI2017-040010
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Keywords:Liberalism, Antisocialism, Fascism, Post-WWI, Post-WWII.

  1. Ullrich ha evidenziato come, pur senza sottovalutare l’importanza di tale regolamento, la nascita del Pldi sia da attribuire sostanzialmente a spinte di carattere partitico, segnatamente quella della Federazione nazionale del Partito liberale (H. Ullrich, cit., pp. 505-506). Nel febbraio 1919, infatti, sulle colonne del «Giornale d’Italia» era stato pubblicato il programma del Partito liberale riformatore (Il Programma del Partito liberale riformatore, 20 febbraio 1919) che avrebbe di lì a poco promosso la Federazione nazionale del Partito liberale italiano (Il convegno del Partito liberale italiano, «La Tribuna», 4 aprile 1919), che si distinse peraltro per incapacità di coordinamento (S. Capuani, cit., p. 14).
  2. H. Ullrich, cit., pp. 501-502. Al congresso aderirono oltre settecento associazioni liberali e democratiche, provenienti da tutte le regioni italiane (Cfr. il Resoconto del Congresso nazionale delle forze liberali e democratiche, in Archivio storico della Camera dei Deputati (da ora in poi ASCD), Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Fondo PLI nazionale (1916-1982), b. 219, f. 1, p. 6).
  3. Per un profilo di Belotti si rinvia a I. Sonzogni, Bortolo Belotti. Il pensiero e l’azione politica di un liberale nell’Italia del primo Novecento, Fondazione per la Storia economica e sociale di Bergamo, Bergamo 2007 e alla voce a lui dedicata, a cura di Gian Paolo Nitti, nel Dizionario biografico degli italiani, a cura dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma 1966, vol. 8, pp. 45-47 e a quella a firma di F. Grassi Orsini nel Dizionario del Liberalismo italiano, tomo II, cit., pp. 124-129.
  4. Partito liberale democratico italiano, Il Congresso Nazionale delle Forze Liberali e Democratiche. Resoconto sommario dei lavori e giudizi della stampa, Laboratorio tipografico regionale, Roma 1921, p. 23.
  5. Sulla penetrazione del fascismo nelle file del combattentismo dopo la scissione dell’Associazione nazionale combattenti al congresso di Napoli dell’agosto 1920 si rinvia a G. Sabbatucci, I combattenti nel primo dopoguerra, Laterza, Bari-Roma 1974, pp. 351-360. Si veda anche G. Quagliariello, «Percorsi e strategie del combattentismo democratico», in F. Grassi Orsini e G. Quagliariello (a cura di), cit., pp. 697-744.
  6. Partito liberale democratico italiano, cit., p. 13.
  7. Ivi, p. 14.
  8. Ivi, p. 31.
  9. H. Ullrich, cit., p. 507.
  10. A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 108.
  11. Per alcuni cenni biografici riguardanti Giovannini si rinvia alla voce a lui dedicata nel 56° volume del Dizionario biografico degli italiani, cit., 2001, a firma di Roberto Pertici, pp. 361-366 e a G. Pollorini, Ricordo di A. Giovannini. Parole commemorative… nella sede della sezione veronese del PLI, il 4 maggio 1969, Verona 1970.
  12. H. Ullrich, cit., p. 519.
  13. Si rinvia a Il Congresso nazionale del Partito liberale democratico, «Il Giornale d’Italia», 11 maggio 1922.
  14. H. Ullrich, cit., p. 519.
  15. A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 83.
  16. H. Ullrich, cit., p. 519.
  17. Cfr. F. Pedone, Novant’anni di pensiero e azione socialista attraverso i congressi del Psi, vol. II, 1917-1937, Marsilio, Venezia 1983, p. 269, in cui si attestano 73.065 iscritti alle assise socialiste dell’ottobre 1922.
  18. Su Martello si rinvia alla voce curata da F. Forte nel Dizionario del Liberalismo italiano, tomo II, cit., pp. 722-725 e a A. Bertolini, Vita aneddotica e opera scientifica di Tullio Martello, Laterza, Bari 1917.
  19. In verità, attesta Pertici, Giovannini sarebbe giunto negli anni Trenta ad affermare la possibilità di conciliare corporativismo ed economia di mercato (R. Pertici, cit., p. 364) purché alle corporazioni fosse stata garantita adeguata autonomia. Tale autonomia avrebbe consentito «alla borghesia produttrice una azione sua propria di direzione» (A. Giovannini, Il discorso del capo del governo al senato del regno sulla legge delle corporazioni, in Id., Saggi critici, Zanichelli, Bologna 1936, vol. 1, p. 63). Secondo Pertici, Giovannini negli anni Trenta avrebbe ottenuto la tessera del Pnf (R. Pertici, cit., p. 364).
  20. A. Giovannini, Il partito liberale italiano, Nuova Accademia Editrice, Milano 1958, p. 135.
  21. F. Ferrara, Opere complete, a cura di Bruno Rossi Ragazzi, vol. 3, parte seconda, Prefazioni alla biblioteca dell’economista, Istituto Grafico Tiberino, Roma 1956, pp. 264-265.
  22. Bini ha ricordato il ruolo non secondario svolto da Ricci, introdotto nel mondo politico liberale da Salandra, nell’organizzare il movimento liberale romano (P. Bini, «Progetti e ideali di politica economica di un economista militante», in P. Bini e A.M. Fusco (a cura di), Umberto Ricci (1879-1946). Economista militante e uomo combattivo, Polistampa, Firenze 2004, pp. 292-293).
  23. U. Ricci, Protezionisti e Liberisti italiani, Laterza & Figli, Bari 1920, p. 101.
  24. Id., L’impopolarità dell’economia politica, citato in A.M. Fusco, «Umberto Ricci», in P. Bini e A.M. Fusco (a cura di), cit., p. 24.
  25. A. Giovannini, Il Fascio delle forze economiche, «La Libertà economica», 30 marzo 1919.
  26. Id., Fatti e principii nel mondo economico, Zanichelli, Bologna 1936, pp. 582-587 e 634-650. Il volume raccoglie un ampio numero di interventi di Giovannini sulla carta stampata.
  27. Si rinvia alla nota n. 6.
  28. R. Pertici, cit., p. 364.
  29. A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 164. Nel suo primo intervento alla Camera, il 21 giugno 1921, Mussolini era giunto a teorizzare lo Stato «minimo » («bisogna ridurre lo Stato alla sua espressione puramente giuridica e politica. Lo Stato ci dia una polizia, che salvi i galantuomini dai furfanti, una giustizia bene organizzata, un esercito pronto per tutte le eventualità, una politica estera intonata alle necessità nazionali. Tutto il resto, e non escludo nemmeno la scuola secondaria, deve rientrare nell’attività privata dell’individuo»). «È bene pure ricordare - avrebbe osservato Giovannini - che il primo discorso di Mussolini alla Camera invocava lo Stato manchesteriano e che, costituitosi in partito, il fascismo presentò un programma semplicemente liberale, senza novità» (A. Giovannini, Il partito liberale italiano, cit., p. 89).
  30. Q. Piras, Battaglie liberali. Profili e discorsi di Benedetto Croce, Gaetano Mosca Francesco Ruffini, Tipografia Gaddi, Novara 1926, p. 13.
  31. Ivi, p. 14.
  32. Q. Piras, cit., p. 14.
  33. A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 97.
  34. Ivi, pp. 99-100. Cfr. il Proemio programmatico, in ASCD, Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Fondo PLI nazionale (1916-1982), b. 219, f. 5. Tra i più convinti assertori della necessità di ridurre le spese si rivelò, nelle file del Partito liberale, Gino Olivetti. Segretario generale nel 1906 della Lega industriale torinese e dal 1919 al 1933 della Confederazione generale dell’industria italiana, Olivetti, come ebbe a scrivere a Einaudi nel febbraio 1922, considerava le «economie sul bilancio dello Stato» come «una delle maggiori necessità nostre da anni» (lettera del 13 febbraio 1922, in Fondazione Luigi Einaudi di Torino, Archivio Luigi Einaudi, Carte Gino Olivetti, b. 2). La Confindustria avrebbe salutato nel novembre 1922 «con benevola e cordiale attesa » il governo Mussolini (E. Belloni, La Confindustria e lo sviluppo economico italiano. Gino Olivetti tra Giolitti e Mussolini, il Mulino, Bologna 2011) e Olivetti si sarebbe iscritto al Fascio romano nel gennaio 1926.
  35. Lettera di Ricci a Luigi Einaudi del 3 ottobre 1922, in Fondazione Luigi Einaudi, Archivio Luigi Einaudi, Carte Umberto Ricci.
  36. Su Albertini, oltre al classico O. Barié, Luigi Albertini, Utet, Torino 1972, si veda perlomeno F. Margiotta Broglio (a cura di), Diritti delle coscienze e difesa della libertà. Ruffini, Albertini e il «Corriere» (1912-1925), Fondazione Corriere della Sera, Milano 2011.
  37. A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 122.
  38. Le tendenze delle varie regioni al Congresso Liberale Italiano, «Il Resto del Carlino» 8 ottobre 1922, p. 1. Due mesi dopo, nella riunione della direzione del partito dell’11 dicembre, veniva approvato un ordine del giorno che affermava come «la democrazia che deve entrare a far parte del PLI [debba essere] solo quella che agli ideali nazionali ed alla lotta contro il socialismo non [ha] mai sacrificato atteggiamenti di Gruppi ed indirizzi di governo» (Partito liberale italiano, Il P.L.I. dal XII al XIII Congresso nazionale (1971-1973), vol. 1, Parte politica, Tip. V. Ferri, Roma 1973, p. 39). Nella riunione del 9 marzo 1923, la direzione si esprimeva per la costituzione di un Gruppo parlamentare unico «da cui saranno esclusi gli uomini che svalorizzano la vittoria o che attraverso compromessi o dedizioni ai partiti antinazionali e a degenerazioni parlamentari hanno falsato il regime parlamentare » (dattiloscritto non firmato, in ASCD, Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Fondo PLI nazionale (1916-1982), b. 219, f. 1, pp. 7-8). Alla chiusura nei confronti dei nittiani si accompagnava invece il tentativo di ricomporre le divergenze tra giolittiani e salandrini, «nella certezza – recitava la circolare riservata della direzione del Pli del 14 aprile 1923 e diretta alle sezioni - che con tali uomini di sicura fede liberale si possa tornare alle pure tradizioni di quella dottrina liberale, ancora oggi tanto necessaria, dalla quale lo stesso Partito Fascista trae materia di governo nelle più importanti questioni economiche», (ivi, pp. 10-11).
  39. Citato in A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit, p. 120. Il mese seguente Belotti avrebbe ribadito che Mussolini nei suoi discorsi non «si scost[ava] dai principi che furono e sono fondamentali proprio della nostra dottrina» (in B. Belotti, Fede liberale, conferenza del 13 novembre 1922, in Id., Pagine di Fede Liberale, Unitas, Milano 1923, p. 129).
  40. Partito liberale italiano, cit., pp. 323-3 e A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 131.
  41. Il grido della rinascita liberale a destra, «Giornale d’Italia», 11 ottobre 1922, p. 1.
  42. D. Fausto, La finanza pubblica fascista, Id. (a cura di), Intervento pubblico e politica economica fascista, FrancoAngeli, Milano 2007, p. 584.
  43. Ivi, p. 667.
  44. Ricci, in un discorso tenuto presso la sezione romana del Pli il 25 giugno 1925 avrebbe riconosciuto al fascismo, «da avversari[o] obiettiv[o]», un «grande merito: il ristabilimento del pareggio del bilancio interno. Il pareggio fu conseguito aumentando il gettito delle imposte. Gli studi sulla riforma tributaria erano pronti da tempo per opera di ministri ed economisti liberali, segnatamente di Luigi Einaudi. I funzionari dirigenti erano già preparati ad attuarli. Il fascismo fornì la forza politica per estrarre dal contribuente nuovi miliardi di lire, e De Stefani ebbe la saggezza di adottare il succo di quegli studi e di lasciarne l’applicazione a quegli ottimi funzionari che trovò nel Ministero. Tutto ciò non si nega», in U. Ricci, Liberalismo e fascismo, in Sezione Romana del Partito Liberale Italiano (a cura di), I compiti del liberalismo, Stabilimento Tipografico Foro Traiano, Roma 1925, pp. 36-37.
  45. L’orientamento del fascismo secondo il pensiero di Alberto De’ Stefani, 21 settembre 1921.
  46. Circolare del 30 ottobre in ASCD, Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Fondo PLI nazionale (1916-1982), b. 219, f. 7.
  47. Citato in E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Laterza, Roma-Bari 2011, p. 16.
  48. Citato in A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 192.
  49. Ivi, p. 173.
  50. Id., Partiti e governo. Chiare parole, «La libertà economica», 20 marzo 1923.
  51. Circolare n. 6 del 14 aprile 1923, in ASCD, Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Fondo PLI nazionale (1916-1982), b. 219, f. 8.
  52. Intervento di Vittorio Fossombroni in G. Orsina (a cura di), cit., p. 35 del file del Dvd relativo al terzo congresso nazionale.
  53. Intervento di Solveni, ivi, pp. 17-18.
  54. Ibidem. L’anno prima, il 24 febbraio 1923, Alberto Bergamini aveva scritto sul «Giornale d’Italia», da lui diretto: «i principi cui si ispirano i due partiti sono identici, e noi liberali possiamo rivendicare l’onore di essere stati, per così dire, prefascisti, quando era di gran moda essere democratici» (citato in P. Alatri, cit., p. 135).
  55. «La libertà economica», 20 agosto 1924. «Chi pensa che il sindacato sopprima l’individuo o sopravviva alla nazione o sostituisca organi di più estesa collettività, quali il Parlamento, è pure in grave errore. […] Lasciate liberi e sovrani i sindacati, e avrete gli accordi di gruppi anche disparatissimi per speculare a danno della collettività» (dattiloscritto che riproduce un articolo apparso su «Il Cittadino» di Cesena, 15 aprile 1922, in ASCD, Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Carte Giovannini, b. 426).
  56. U. Ricci, Dal Protezionismo al Sindacalismo, Laterza, Bari 1926, pp. 156-157.
  57. Ivi, p. 158.
  58. Per l’ostilità di Ricci nei confronti del nazionalismo economico di Rocco si rinvia a G. Busino, Materiali per la bio-bibliografia di Umberto Ricci, «Annali della Fondazione Luigi Einaudi», 2001, vol. 35, p. 343.
  59. A. Rocco, Il programma politico dell’associazione nazionalista, marzo 1919, cit., ora in Id., Scritti e discorsi politici, Giuffré, Milano 1938, vol. 1, p. 480.
  60. U. Ricci, Dal Protezionismo al Sindacalismo, cit., pp. 175-176. Ricci, successore di Pantaleoni nel 1924 alla cattedra di economia politica della Sapienza a Roma, sarebbe stato costretto ad abbandonarla probabilmente a causa della mancata adesione alla politica economica del regime. Su questo punto si rinvia a P. Bini, «Progetti e ideali di politica economica di un economista militante», in Id. e A.M. Fusco, cit., pp. 294-296.
  61. Cfr. G. Busino, cit., p. 349.
  62. ASCD, Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Fondo PLI nazionale (1916-1982), b. 220, f. 17. Gagliardi ha sottolineato come la centralità del controllo statale nell’organizzazione corporativa facesse del corporativismo di Rocco «un’alternativa non al capitalismo ma al liberalismo» (A. Gagliardi, Il corporativismo fascista, Laterza, Roma-Bari 2010, p. 15).
  63. R. Vivarelli, cit., p. 485.
  64. Partito liberale italiano, cit., p. 39.
  65. ASCD, Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Fondo PLI nazionale (1916-1982), b. 220, f. 11.
  66. Intervento di De Martino, in G. Orsina (a cura di), cit., p. 126 del file del Dvd relativo al terzo congresso nazionale.
  67. Ibidem.
  68. Intervento di Agostino Pedrazzi, ivi, p. 100.
  69. Intervento di Coda di Biella, ivi, p. 95.
  70. Ivi, p. 32 dove Valli richiama quanto contenuto in un ordine del giorno votato dalla sezione romana, pp. 75 e 89.
  71. Ivi, p. 32.
  72. Su Soleri si rinvia a R. Collino Pansa, Marcello Soleri, Garzanti, Milano 1948; P.F. Quaglieni, Figure del Piemonte laico, Centro Pannunzio, Torino 1987; A.G. Ricci, «I liberali al governo (1944-1948)», in F. Grassi Orsini e G. Nicolosi (a cura di), I liberali italiani dall’antifascismo alla Repubblica, vol. I, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008.
  73. In G. Orsina (a cura di), cit., p. 107 del file del Dvd relativo al terzo congresso nazionale.
  74. Ivi, p. 43.
  75. Ibidem.
  76. Così l’intervento di Belotti citato in A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 363.
  77. Si rinvia alla nota n. 69.
  78. Atti parlamentari, Camera dei Deputati, Discussioni, tornata del 10 febbraio 1923, p. 8997.
  79. Sui rapporti italo-jugoslavi si rinvia a M. Bucarelli, Mussolini e la Jugoslavia (1922-1939), B. A. Graphis, Bari 2006, pp. 27-34; D. Massagrande, Italia e Fiume 1921-1924. Dal «Natale di sangue» all’annessione, Cisalpino-Goliardica, Milano 1982, pp. 115 ss.; A. Cassels, Mussolini’s Early Diplomacy, Princeton University Press, Princeton 1970, pp.127-145; E. Collotti (con la collaborazione di N. Labanca e T. Sala), Fascismo e politica di potenza. Politica estera 1922-1939, La Nuova Italia, Milano 2000, pp. 53 ss. e 226 ss.
  80. Cfr. ASCD, Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Fondo PLI nazionale (1916-1982), b. 220, f. 11. Il telegramma del 17 gennaio 1924 del prefetto Darbesio di Genova al Ministro dell’Interno citava l’odg della direzione del Pli in cui si affermava che «l’attuale indirizzo nella politica estera rinnova quello dei periodi migliori della nostra storia», in Archivio centrale dello Stato (da ora in poi ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, 1924, b. 96, f. 1).
  81. Citato in Parla l’opposizione. La battaglia parlamentare dell’opposizione. Matteotti, Turati, Gonzales, Chiesa, Albertini, Abbiate, Sforza, Arnaldo Forni Editore, Bologna 1924, p. 98.
  82. L. Zani, «Luigi Albertini e l’opposizione liberale in Senato nel 1924», in F. Grassi Orsini e G. Nicolosi (a cura di), I liberali italiani dall’antifascismo alla Repubblica, vol. I, cit., pp. 33-4.
  83. A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Einaudi, Torino 1995 (1° ed. 1965), p. 3.
  84. Ivi, pp. 5-6. Tale tentativo di riorganizzazione, peraltro, si sarebbe rivelato «disordinato e frammentario, privo di un vero criterio ispiratore unitario» (ivi, p. 9).
  85. Ivi, p. 6. Mussolini, ha scritto Veneruso, «per un paio di anni non ebbe altra ambizione che di fare una politica “giolittiana” in senso lato, controllando o dominando le forze storiche della nazione (corona, parlamento, burocrazia civile e militare) e di utilizzare le stesse leve che avevano servito lo stato liberale» (in D. Veneruso, cit., p. 528).
  86. S. Cassese, Lo Stato fascista, il Mulino, Bologna 2010, pp. 47-77.
  87. Ivi, p. 30.
  88. Ibidem.
  89. D. Veneruso, cit., p. 529.
  90. E. Gentile, E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma, cit., pp. 219-245.
  91. Ivi, p. 244.
  92. Cfr. da ultimo S. Capuani, cit., p. 18.
  93. A. Salandra, Memorie politiche 1916-1925, Garzanti, Milano 1951.
  94. Ivi, p. 40.
  95. Ivi, p. 41.
  96. Ivi, p. 42.
  97. Q. Piras, cit., pp. 11-12. La direzione del partito ribadì il 9 luglio il consenso alla legge Acerbo (in P.L. Ballini, «Sistemi elettorali del primo dopoguerra: dalla genesi della “legge Acerbo” al ritorno all’uninominale fittizio», in F. Grassi Orsini e G. Quagliariello (a cura di), cit., p. 360).
  98. Q. Piras, cit., p. 19. Al congresso di Livorno, il presidente Borzino avrebbe dichiarato di «non poter tacere lo sdegno e la condanna della recente tragedia di inaudita violenza e di nefandezza morale, incredibile tragedia sulla quale la nazione, profondamente turbata, domanda giustizia e luce» (in F. Grassi Orsini, Partito liberale italiano, cit., p. 747).
  99. S. Capuani, cit., p. 18.
  100. S. Neri Serneri, «Partiti, parlamento e governo: dal liberalismo al fascismo», in F. Grassi Orsini e G. Quagliariello (a cura di), cit., p. 296.
  101. Ibidem.
  102. Ivi, p. 299.
  103. G. Sabbatucci, «La crisi dello Stato liberale», in G. Sabbatucci e V. Vidotto (a cura di), Storia d’Italia, vol. IV, Guerre e fascismo 1914-1943, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 151.
  104. G. Sabbatucci, «La crisi del sistema politico liberale», in F. Grassi Orsini e G. Quagliariello (a cura di), cit., p. 260.
  105. S. Capuani, cit., p. 19.
  106. Nel congresso, a fronte del filoministerialismo di Ducos e Mazzini, Giovannini, Belotti e Soleri, pur rimarcando la distanza che il Pli doveva oramai segnare nei confronti del governo, non fecero concessione alcuna all’opposizione aventiniana. Su posizioni ancora più critiche nei confronti del governo si attestò Philipson, che accusò il partito fascista della «soppressione delle libertà garantite dallo Statuto» (citato ne «Il Corriere della Sera», 5 ottobre 1924). Ricordiamo che, secondo quanto riferisce Giovannini, a queste assise congressuali furono presenti circa la metà dei deputati che a vario titolo si presentavano in Parlamento come liberali; un numero ben maggiore di quelli che erano intervenuti a Bologna (cfr. A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 359).
  107. Cfr. G. Orsina (a cura di), cit., p. 100 del file del Dvd relativo al terzo congresso nazionale e ASCD, Archivi dell’Istituto per la Storia del Movimento Liberale (1885-1995), Fondo PLI nazionale (1916-1982), b. 220, f. 14. Lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali era diventato una pratica diffusa fin dal maggio 1923, in A. Aquarone, cit., p. 35.
  108. Cfr. F. Grassi Orsini, «Croce e il Partito liberale», in G. Berti, E. Capozzi, P. Craveri (a cura di), I liberali italiani dall’antifascismo alla Repubblica, vol. II, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, p. 585.
  109. Sottoscrissero la mozione Ricci, tra gli altri, i deputati Ducos, De Martino, Riccio, Codacci Pisanelli e il senatore Arlotta (per un elenco completo si rinvia a F. Grassi Orsini, Partito liberale italiano. Da Bologna a Livorno (1922-1925), cit., pp. 747-748).
  110. Cfr. G. Orsina (a cura di), cit., p. 137 del file del Dvd relativo al terzo congresso nazionale. Cfr. però il telegramma del 4 ottobre 1924 del prefetto Barbieri di Livorno al ministro dell’Interno in cui si precisa che «oratori congresso sonosi dimostrati in prevalenza anticollaborazionisti» (in ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, 1924, b. 96, f.2).
  111. Alla scissione parteciparono, tra gli altri, Sarrocchi, Codacci Pisanelli e Riccio (cfr. G. Sarrocchi, Ricordi politici di un esule da Palazzo Madama, G. Barbèra, Firenze 1946, p. 30).
  112. Articolo del 2 ottobre 1924.
  113. Zani ha ricordato che «Albertini influenzò in modo decisivo, a parere di molti, l’esito del congresso del partito» (in L. Zani, «Luigi Albertini e l’opposizione liberale in Senato nel 1924», cit., p. 40).
  114. Prima del congresso, sulla linea della collaborazione condizionata si erano schierati i convegni tosco-marchigiano, calabro-siculo e ligure-lombardo-piemontese mentre su quella apertamente filogovernativa i convegni umbro-laziale e venetoemiliano-romagnolo. Le associazioni giovanili era attestate su posizioni di aperto dissenso nei confronti del fascimo (cfr. a riguardo S. Capuani, cit., p. 37 e A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., pp. 334-345).
  115. Lettera del 25 gennaio 1924 del prefetto di Bologna Arturo Bocchini al Ministro dell’Interno, in ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, 1924, b. 96, f. 6.
  116. Telegramma del 15 settembre 1924 del prefetto di Perugia al Ministro dell’Interno, ivi, f. 16.
  117. Telegramma del 6 settembre 1924 del prefetto di Perugia al Ministro dell’Interno, ivi, f. 6.
  118. Lettera del prefetto di Pisa, Cotta, del 30 settembre 1924 al Ministro dell’Interno, ivi, f.17.
  119. Cfr. il telegramma del 20 settembre 1924 del prefetto Moroni al Ministro dell’Interno, ivi, f. 21.
  120. Cfr. i telegrammi e i biglietti postali del prefetto locale al Ministro dell’Interno, dal luglio al dicembre 1924, ivi, f. 22.
  121. Cfr. il telegramma del 2 ottobre 1924 del prefetto Darbesio di Genova al ministro dell’Interno, ivi, f. 2 e la lettera riservata del prefetto di Ancona, Spano, del 12 agosto dello stesso anno, al ministro dell’Interno, in cui si dà conto del tentativo di Sarrocchi di costituire sezioni del Pli nelle Marche, di orientamento filogovernativo, ivi, f. 5.
  122. Cfr. Il Partito liberale solidale con i reduci, «Il Giornale d’Italia», 13 novembre 1924.
  123. S. Capuani, cit., pp. 22-23.
  124. Telegramma del Prefetto Spano al ministro dell’Interno del 18 novembre 1924, in ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, 1924, b. 96, f. 5.
  125. Lettera del prefetto al ministro dell’Interno del 4 dicembre 1924, ivi, f. 7.
  126. Telegramma del prefetto Pericoli al ministro dell’Interno del 14 ottobre 1924, ivi, f. 12.
  127. Su Ferrara cfr. R. Faucci, L’economista scomodo. Vita e opere di Francesco Ferrara, Sellerio, Palermo 1995.
  128. Ivi, p. 674.
  129. F. Marcoaldi, Vent’anni di economia e politica. Le carte de’ Stefani, (1922-1941), FrancoAngeli, Milano 1986, p. 17.
  130. G. Nicolosi, «Il nuovo liberalismo», in F. Grassi Orsini e G. Nicolosi (a cura di), I liberali italiani dall’antifascismo alla Repubblica, vol. I, cit., p. 251.
  131. Ivi, p. 247.
  132. Ivi, p. 248.
  133. Ivi, p. 250.
  134. Q. Piras, cit., pp. 11-12. L’odg approvato recitava: «la Direzione Nazionale del PLI […] dichiara che la politica del governo è ormai in aperto contrasto con la realizzazione» di quanto deliberato nei congressi di Bologna e Livorno, in Partito liberale italiano, Il P.L.I. dal XIII al XIV Congresso nazionale, vol. 1, Parte politica, Tip. V. Ferri, Roma 1974, p. 128. Dopo questo odg aderirono al Pli personalità come Casati, Croce, Giolitti, Mosca, Ruffini e Orlando (cfr. F. Grassi Orsini, Riaprire il cantiere: i liberali dalla crisi del regime alla ricostituzione del partito (1925-1946), «Ventunesimo Secolo», ottobre 2005, p. 25).
  135. Telegramma del 23 gennaio 1925 del prefetto Bocchini al Ministro dell’Interno, ora in Archivio Storico del Movimento Liberale Italiano, 1925: il P.L.I. nei rapporti di polizia, Arnaldo Forni Editore, Bologna 1977, p. 2. Il 16 gennaio 1925 Salandra, Giolitti e Orlando avevano sottoscritto alla Camera un odg di censura al governo (vedi A. Capone, Giovanni Amendola. Il padre fondatore della democrazia liberale antifascista, Salerno editrice, Roma 2013, p. 329).
  136. Telegramma del 3 febbraio 1925 del Prefetto di Livorno al Ministro dell’Interno, in Archivio Storico del Movimento Liberale Italiano, 1925: il P.L.I. nei rapporti di polizia, cit., p. 6.
  137. Rapporti del prefetto Spano del 19 febbraio, del 1° marzo, del 5 e 9 aprile 1925, ivi, p. 10.
  138. Rapporto del prefetto Pericoli del 26 febbraio, ivi, p. 25.
  139. Telegramma del 21 ottobre 1925 del prefetto Pericoli al Ministro dell’Interno, ivi, p. 80.
  140. Lettera del Prefetto al ministro dell’Interno, 29 ottobre 1925, ivi, p. 81.
  141. In ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, b. 111, ora in Archivio Storico del Movimento Liberale Italiano, 1925: il P.L.I. nei rapporti di polizia, cit., p. 34.
  142. Ibidem. Nel confronto in direzione, alla posizione più dura espressa da Giovannini si era contrapposta quella più conciliante di De Martino, giustificante il decreto alla luce della condizione di eccezionalità in cui si trovava il Paese. Questa diversità di accenti si sarebbe riprodotta anche a livello locale (cfr. A Capuani, cit., nota 88 e seguenti).
  143. Telegramma del prefetto di Genova Bocchini del 9 novembre 1925, ora in Archivio Storico del Movimento Liberale Italiano, 1925: il P.L.I. nei rapporti di polizia, cit., p. 83.
  144. Ivi, p. 84.
  145. Cfr. la lettera di Emilio Borzino a Luigi Einaudi del 4 gennaio 1926, in Fondazione Luigi Einaudi di Torino, Archivio Luigi Einaudi, Carte Partito liberale italiano, b. 2.
  146. A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 338.
  147. S. Capuani, cit., p. 29 e M. Soleri, Memorie, Einaudi, Torino 1949, pp. 188-189.
  148. A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 569.
  149. Cfr. I discorsi di Boeri e Finzi alla Camera fascista, «La Stampa», 20 novembre 1924. La direzione del Pli avrebbe poi espresso la sua contrarietà a un nuovo disegno di legge sulla stampa presentato alla Camera nel dicembre seguente. Cfr. a riguardo La direzione del Partito liberale riunita a Milano, «Corriere della Sera», 6 dicembre 1924.
  150. A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino, cit., p. 501.
  151. Ivi, p. 564.
  152. Ivi, p. 603.
  153. Lettera di Belotti a Casati del 3 settembre 1943, in ACS, Carte Alessandro Casati, b. 1, fasc. 14.
  154. Cfr. la voce dedicata ad Alessandro Casati, a firma di Federico Mazzei, in Dizionario del Liberalismo italiano, tomo II, cit., p. 273.
  155. A. Giovannini, Travaglio per la libertà 1943-1947, Cappelli, Bologna 1962, pp. 149-50. La ricostruzione di Giovannini era confortata da ciò che lo stesso Orlando aveva precedentemente riferito a Villabruna. «Liberato dal nazismo feci, come mio primo atto politico, una mia visita alla Sede del Partito Liberale qui in Roma e vi tenni un discorso. Dopo di essa […] nessuno del Partito si occupò più di me e, alla mia volta, io ebbi la sensazione precisa di essere al di fuori delle correnti del Partito e, in un certo senso, radicalmente estraniato da esso. Sarebbe un grossolano equivoco credere che io ne abbia provato un risentimento, mentre invece mi resi ben conto che questa specie di separazione fosse una conseguenza giusta e necessaria della mutata situazione generale cui il Partito aveva obbedito, mentre io non intendevo obbedire» (lettera di Orlando del 21 giugno 1950, in ACS, Carte Vittorio Emanuele Orlando, b. 18, fasc. 871).
  156. G. Nicolosi, cit., p. 248.
  157. F. Grassi Orsini e G. Nicolosi, «Partito liberale italiano. Dalla riorganizzazione del Pli al VI congresso di Firenze (1943-1953)», in Dizionario del Liberalismo italiano, tomo I, p. 752.
  158. Cfr. L. Einaudi, Il nuovo liberalismo, «La Città Libera», n. 1, 15 febbraio 1945.
  159. G. Nicolosi, cit., p. 264.
  160. Movimento liberale italiano, Lineamenti di una politica economica liberale, Roma, agosto 1943, fasc. 3, p.2.
  161. Id. (ma N. Carandini), Primi chiarimenti, maggio 1943, fasc. 1.
  162. Movimento liberale italiano, 1944, Roma, fasc. 8, p. 21.
  163. Citato in F. Grassi Orsini, «Croce e il Partito liberale», cit., p. 645.
  164. Cfr. l’intervento di Carandini in G. Orsina (a cura di), cit., p. 86 del file del Dvd relativo al terzo congresso nazionale.
  165. I resoconti congressuali riportano le seguenti «grida»: «‘l’Economia liberale non è quella esposta da Carandini, parlino Corbino e Giovannini!’», ivi, p. 97.
  166. Tale tesi è un dato consolidato della letteratura storiografica, a partire dal pionieristico lavoro di Angelo Tasca, Nascita e avvento del fascismo, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1995, a cura di S. Soave (ed. or. 1938, 1° ed. italiana 1950), pp. 224-225.
  167. R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo. L’Italia dalla grande guerra alla marcia su Roma, il Mulino, Bologna 2012, vol. 3, pp. 199-213.
  168. Circa le statistiche relative alle vittime si rinvia ai classici di R. De Felice, Mussolini il fascista, vol. I, La conquista del potere 1921-1925, Einaudi, Torino 1966, pp. 36-39 e E. Gentile, Storia del Partito fascista 1919-1922. Movimento e milizia, Laterza, Roma-Bari 1989, pp. 472-475. Sulla plausibilità del ricorso alla categoria della guerra civile per decrittare il clima di violenza postbellico concordano anche M. Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Mondadori, Milano 2003 e F. Fabbri, Le origini della guerra civile. L’Italia dalla Grande Guerra al Fascismo 1918-1921, Utet, Torino 2009.
  169. R. Vivarelli, cit., pp. 243-260.
  170. Si veda, a titolo esemplificativo, la violenta offensiva fascista nelle campagne bolognesi a partire dal maggio 1922, offensiva accompagnata dalla complicità dei reparti militari e dalla scarsa risolutezza del governo centrale nel soffocarla, ivi, pp. 365-384. Sul tema cfr. anche D. Veneruso, La vigilia del fascismo. Il primo ministero Facta nella crisi dello stato liberale in Italia, il Mulino, Bologna 1968, pp. 337-339 e P. Alberghi, Il fascismo in Emilia Romagna. Dalle origini alla marcia su Roma, Mucchi, Modena 1989, p. 506. Sulla inadeguatezza e contraddittorietà delle direttive inviate dal potere centrale ai prefetti si rinvia anche a J. Dunnage, Ordinamenti amministrativi e prassi politica. Le forze di polizia a Bologna di fronte al fascismo 1920-1922, «Italia contemporanea», n. 186, 1992, pp. 63-90. Sul silenzio del mondo dei giuristi e sull’atteggiamento della magistratura, volto a rispondere alle agitazioni sociali solo in termini repressivi, cfr. M. Fioravanti, «La crisi del regime liberale (1918-1925) nel giudizio della giuspubblicistica italiana», in F. Grassi Orsini e G. Quagliariello (a cura di), Il partito politico dalla Grande Guerra al fascismo. Crisi della rappresentanza e riforma dello Stato nell’età dei sistemi politici di massa (1918-1925), il Mulino, Bologna 1996, p. 202.
  171. Cfr., in particolare, l’intervento di Gino Sarrocchi che, a nome del Gruppo Liberale Democratico, filosaladrino, avrebbe indicato nel nuovo governo, presentato da Mussolini alla Camera nel famoso «discorso del bivacco» del 16 novembre 1922, l’«invocato restauratore del regime costituzionale e parlamentare» (cit. in A. Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino. L’Opposizione al fascismo in Parlamento nelle memorie di un deputato liberale, il Mulino, Bologna 1966, p. 199).
  172. Silvia Capuani, nella sua assai puntuale ricostruzione dell’opposizione di parte della rappresentanza parlamentare liberale al fascismo, osserva come, fino alla decretazione governativa lesiva della libertà di stampa del luglio 1924, «in effetti ciò che su tutto sembrò condizionare maggiormente il comportamento dei liberali fu il timore che un nuovo fallimento ministeriale avrebbe ricondotto il paese nel disordine» (S. Capuani, Il Partito liberale e l’opposizione in aula (1918-1925), «Dimensioni e problemi della ricerca storica», n. 2, 2006, p. 17). Nel suo intervento al primo Consiglio nazionale del Partito liberale italiano, nell’aprile 1923, il segretario Alberto Giovannini avrebbe presentato i provvedimenti eccezionali, costituzione del Gran Consiglio del fascismo (dicembre 1922) e istituzione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (gennaio 1923), «come una necessità di reazione a quelli che furono gli errori, le esagerazioni e le degenerazioni di ieri» (A. Giovannini, Discorso al 1° Consiglio Nazionale del Partito Liberale Italiano, Roma s.d., p. 11). Che la minaccia del sovversivismo rosso fosse stata una delle ragioni qualificanti del sostegno del Partito liberale al fascismo è testimoniato dalla circostanza che ancora al congresso livornese del 1924 si riconosceva che «la resistenza [fascista] al socialismo e ai partiti sovversivi è una realtà che non possiamo disconoscere », in Il Congresso Nazionale 4-6 ottobre 1924, in G. Orsina (a cura di), Il Partito liberale nell’Italia repubblicana. Guida alle fonti archivistiche per la storia del Pli. Atti dei Congressi e Consigli nazionali, Statuti del Pli, 1922-1992, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004, p. 47 del file del Dvd relativo al terzo congresso nazionale.
  173. Che nell’opinione pubblica liberale e più in generale moderata, perlomeno dall’estate del 1922, fosse prevalente la convinzione che per ritornare all’ordine fosse necessaria la corresponsabilizzazione al governo dei fascisti è un dato assodato in sede storiografica (cfr. R. Vivarelli, cit., pp. 446-448).
  174. P. Alatri, Le origini del fascismo, Editori Riuniti, Roma 1956, p. 269.
  175. Ivi, pp. 135-136.
  176. N. Valeri, Da Giolitti a Mussolini. Momenti della crisi del liberalismo, Parenti, Firenze 1956, p. 116.
  177. R. De Felice, cit., pp. 510-511.
  178. E. Gentile, cit., p. 638. «Il nuovo partito liberale, costituito a Bologna il 10 ottobre - ha ribadito Gentile nel suo E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma -, nacque con un deciso orientamento conservatore» (Laterza, Roma-Bari 2012, p. 125).
  179. Sulla diffusa incapacità di intendere la natura inedita del fascismo, già colta negli anni Cinquanta da Salvatorelli e Mira nella loro Storia d’Italia nel periodo fascista, Einaudi, Torino 1964 (1° ed. 1956), pp. 279-280, vedi ora L. Di Nucci, Lo Stato-partito del fascismo. Genesi, evoluzione e crisi 1919-1943, Bologna, il Mulino 2009, cap. IV.
  180. H. Ullrich, «Dai gruppi al Partito liberale (1919-1922)», in F. Grassi Orsini e G. Quagliariello (a cura di), cit., p. 495.
  181. Per un quadro puntuale degli sforzi organizzativi volti alla creazione di formazioni liberali nel dopoguerra si rinvia alla voce «Partito liberale italiano. Da Bologna a Livorno (1922-1925)», curata da F. Grassi Orsini, in Dizionario del Liberalismo italiano, tomo I, Rubbettino, Soveria Mannelli 2015, pp. 744-749.

Luca Tedesco, Il Partito liberale italiano e il fascismo come sua «figliazione [sic]» in "VENTUNESIMO SECOLO" 40/2017, pp 159-191, DOI: 10.3280/XXI2017-040010