Gli autori delineano il modo in cui le attuali ricerche neuroscientifiche nel campo delle addiction convalidino le intuizioni cliniche della psicoterapia della Gestalt, in particolare per quanto riguarda l’isomorfismo tra le aree cerebrali, subcorticali e non, implicate nella patogenesi di una dipendenza patologica e al contempo determinanti nello sviluppo di competenze relazionali. La possibilità che sin dalle prime relazioni significative il bambino viva esperienze di cocostruzione di un buon confine di contatto, diventa funzione di protezione dall’incontro con esperienze addictive. Un accento particolare viene posto alla condizione dell’adolescente, sempre più sottoposto all’imperativo dell’efficienza ma esposto a quote enormi d’ansia. In te-rapia non lavoriamo per contrastare la potente figura dell’oggetto di dipendenza ma sullo sfondo dell’esperienza per rivitalizzare il sé, fornire ground e genuino riconoscimento. La danza tra terapeuta e paziente, l’attenzione alla persona nella sua globalità, lo sguardo estetico e fenome-nologico del terapeuta appaiono strumenti efficaci per un lavoro terapeutico che modifica, in senso esistenziale, lo sfondo dell’esperienza dell’addicted nel rapporto con sé e il mondo e, sul piano neurofisiologico, le aree cerebrali disconnesse dall’esperienza addictive, in senso reinte-grativo.
Keywords: Addiction, neuroscienze, adolescenza, vulnerabilità, esperienza di riconoscimento.