Recenti dibattiti sulla Evidence-Based Policy hanno discusso le sue ipotesi metodologiche su come stabilire l’evidenza, e cioè la gerarchia della robustezza dei metodi nella valutazione degli effetti dele politiche. Minore attenzione è stata dedicata al modo in cui una politica è concepita all’interno di questo approccio, vale a dire come trattamento somministrato ad un paziente (target), al fine di ottenere uno specifico risultato, con l’obiettivo poi di essere generalizzato. Questa concezione si esprime in un quadro epidemiologico come ambito disciplinare, e presuppone un’analisi controfattuale come gold standard, che ignora il processo decisionale e di attuazione, e il ruolo degli stakeholders. Sia questo modo di concepire la politica, che quello di affrontare le diverse fasi del ciclo delle decisioni politiche sono in contrasto con altre metodologie basate su differenti presupposti disciplinari e teorici, in gran parte provenienti dalle scienze politiche. Gli approcci basati sulla "razionalità sinottica" considerano le politiche come interventi basati su una logica di obiettivi-mezzi-risultati, prendendo in considerazione le tre fasi, come momenti separati, e seguono una valutazione basata sugli obiettivi (goal-oriented evaluation). Gli approcci basati sulla "razionalità incrementale" guardano alle politiche come ad un insieme di relazioni complesse che si sviluppano durante l’implementazione, durante la quale le politiche vengono ri-definite. I diversi approcci sono confrontati sulla base del loro modo di considerare ciò che accade durante il processo decisionale, l’attuazione del programma e la valutazione; qual è il significato di valutare gli effetti (causalità), il loro modo di affrontare il contesto, e il modo in cui consentono la partecipazione dei beneficiari.