LIBRI DI STEFANO PISU

L’articolo ricostruisce la storia delle filiali della Banca commerciale italiana in Sardegna fra il 1906 e il 1924, inserendo quelle vicende nella più ampia storia economica e bancaria dell’isola dalla fine del XIX secolo al secondo decennio del Novecento. Si tratta di una prospettiva nuova tramite cui studiare l’azione della Comit nell’isola, finora esaminata solo nel suo ruolo di finanziatrice del cosiddetto “Gruppo elettrico sardo” gestito da Giulio Dolcetta. Con lo studio dell’impianto e dello sviluppo delle filiali si intende misurare la presenza della Banca sul territorio isolano, la sua penetrazione nel tessuto socioeconomico e i rapporti diretti stabiliti con i risparmiatori e gli imprenditori. Il principale dato emerso dall’indagine evidenzia la crescita esponenziale della presenza della Comit in Sardegna e la sua ramificazione capillare nel territorio in un contesto fortemente concorrenziale con il Banco di Napoli nell’anteguerra e ancor più con il Credito italiano nel dopoguerra. Le fonti primarie utilizzate sono le carte conservate presso l’Archivio Storico Intesa Sanpaolo relative all’impianto delle dipendenze sarde della Bci e i loro registri contabili. Si sono inoltre consultati i documenti delle filiali sarde del Banco di Napoli per comparare strategie e risultati ottenuti nel periodo in oggetto.

Frutto del convegno di studi Per una storia della Regione Autonoma della Sardegna (Sassari, 21 maggio 2018), questo volume si inserisce all’interno delle iniziative del Consiglio Regionale della Sardegna dedicate ai settant’anni dall’entrata in vigore dello Statuto speciale.

cod. 850.2

Stefano Pisu

Il XX secolo sul red carpet

Politica, economia e cultura nei festival internazionali del cinema (1932-1976)

Attraverso un’analisi delle principali manifestazioni cinematografiche (Venezia, Cannes, Berlino, Karlovy Vary, Mosca, ecc.) nei loro aspetti politici, economici e culturali, il volume tenta di capire se e come tali forme di mobilitazione, che coinvolgono periodicamente governi, produttori, imprenditori, registi e intellettuali, possono contribuire a una conoscenza più approfondita della storia internazionale dell’età contemporanea.

cod. 1581.26

L’articolo ricostruisce le principali tappe della storia dell’Associazione italiana per i rapporti culturali con l’Unione Sovietica - conosciuta come "Italia-Urss" - fra il 1944 e il 1960. La genesi di "Italia-Urss" si inserisce nel contesto culturale internazionale del dopoguerra. La radicalizzazione dello scontro politico-ideologico nazionale e globale condusse l’associazione alla chiara virata politica: la lotta all’antisovietismo diventò celebrazione acritica dell’Unione Sovietica. "Italia-Urss" riuscì così in scarsa misura a essere un attore efficace della Guerra Fredda culturale, giacché poco capace di attrarre fasce di popolazione lontane dai socialcomunisti. La segreteria di Orazio Barbieri (1953-1958) volle rafforzare una conoscenza obbiettiva dell’Urss anche se il 1956 - così come il caso Pasternak - disorientarono una parte dei suoi membri. Paradossalmente, il dinamismo di Barbieri fu il vulnus principale nei rapporti con il Pci e gli interlocutori sovietici, che mal sopportavano l’autonomia di "Italia-Urss" nel lancio di iniziative considerate spesso troppo elitarie e lontane dalle masse. Il Pci intervenne per rafforzare il controllo politico sull’associazione proprio quando, invece, gli sforzi ufficiosi di "Italia-Urss" avevano contribuito alla firma dell’accordo culturale intergovernativo del 1960.

Emanuela Costantini, Olga Dubrovina, Stefano Pisu, Maurizio Zinni

Introduzione

MONDO CONTEMPORANEO

Fascicolo: 2-3 / 2020

Il saggio ricostruisce la genesi e la lavorazione del film di Giuseppe De Santis Italiani brava gente (1964), che narra la campagna militare italiana in Unione So-vietica durante la seconda guerra mondiale. Il film fu il primo a coproduzione ita-lo-sovietica e costituì un precedente per la firma nel 1967 dell’accordo intergover-nativo. Il contributo rivela le connessioni e i cortocircuiti legati alle coproduzioni fra Est e Ovest nell’ambito della "Guerra Fredda culturale", seppure nella fase del-la coesistenza pacifica. Dal punto di vista creativo e culturale, alla volontà di fare un film sull’amicizia fra i due popoli, si aggiunse la rappresentazione del "cattivo tedesco" affermatasi, con finalità e modi differenti, in entrambi i paesi. A livello politico e ideologico la cooperazione fu messa in crisi dal riemergere fra i sovietici di un atteggiamento di sospetto verso il produttore italiano, che aveva ricevuto un finanziamento americano per realizzare il film, e anche verso il Pci, che aveva so-stenuto il progetto. L’idea e la lavorazione del film testimoniano la volontà di con-solidare i buoni rapporti fra i due paesi negli anni Sessanta, rivelando al contempo una difficoltà comunicativa fra comunisti sovietici e italiani che nel corso del de-cennio si sarebbe palesata più chiaramente. L’esperienza di Italiani brava gente mostra comunque una cortina di ferro permeabile attraverso l’atteggiamento ne-goziale di tutti gli attori coinvolti.

Stefano Pisu

Luce in periferia: rappresentazioni della Sardegna negli audiovisivi del fascismo

MONDO CONTEMPORANEO

Fascicolo: 3 / 2012

Luce in periferia: rappresentazioni della Sardegna negli audiovisivi del fascismo, Stefano Pisu Oggetto del contributo sono le rappresentazioni cinematografiche della Sardegna offerte dai documentari e dai cinegiornali dell’Istituto Luce durante il fascismo. Nella produzione Luce l’autore riscontra una continua tensione fra le immagini di una Sardegna tradizionale - idillica ma anche arretrata - e quelle di un’isola più dinamica, che viene trasformata dal regime fascista e proiettata nella modernità. La diversità delle rappresentazioni del Luce è ascrivibile al generale cambiamento di priorità nell’agenda del potere, anche se non si può parlare di cesure nette. Per l’autore è tuttavia sensibile il passaggio dalla rappresentazione dominante degli aspetti folclorici e tradizionali - frutto anche della mitologia ruralista degli anni Venti, che concedeva visibilità all’esotismo locale delle periferie - al cambio di segno dalla seconda metà degli anni Trenta. L’Italia fascista, diventata una potenza imperiale e poi ufficialmente razzista, poteva rappresentare con il cinema la sua missione "civilizzatrice" anche negli spazi nazionali periferici, ancor più in quelle aree, come la Sardegna, oggetto già in età liberale di discorsi pseudoscientifici e discriminatori.