Il nostro tempo è caratterizzato, tra l’altro, da una spaventosa inflazione della comunicazione. In particolare sembra che dominare è gridare e gridare è dominare. Esiste ancora l’etica dell’ascolto? Sembra che il rumore abbia preso il posto del silenzio, la luce quello dell’ombra, l’uguale quello della differenza, del diverso. Invece, il paradigma della complessità ha lanciato la sfida di un pensiero capace di utilizzare positivamente le categorie dell’Alterità, del Caos, della molteplicità, del disordine, del pensare nomade, un pensiero, cioè, della e sulla differenza e della comunità. Questo paradigma è necessario alla convivenza come componente simbolica della relazione sociale. Ma questo è possibile solo se il soggetto è in grado di sostare di fronte alla condizione di vuoto, tollerarla ed elaborarla, piuttosto che subirla con insofferenza, se, cioè, è in grado di usare la negative capability. Questa capacità è necessaria per la costruzione della polis, della comunità, di spazi mentali in cui far incontrare ed interagire persone e gruppi.