La ricerca condotta in Mauritania, Mali, Niger, Bénin, Sudan e Somalia ha dimostrato la rilevanza dell’eredità della schiavitù nei conflitti che riguardano la partecipazione politica, la terra e le risorse. Focalizzato soprattutto sulle dinamiche recenti alimentate dai processi di decentralizzazione nell’Africa Occidentale francofona, dalla guerra civile in Sudan e Somalia, questo dibattito tende a dimenticare un’altra fase importante della storia africana e mondiale: la decolonizzazione. Poli tici, intellettuali e militanti dei tardi anni Quaranta e dei Cinquanta usarono l’immagine della schiavitù per denunciare la brutalità del lavoro forzato e per reclamare l’emancipazione dal giogo coloniale. Qual è stato l’impatto di questi discorsi metaforici sugli schiavi liberati e le persone dalle origini servili? Quest’articolo esamina la politicizzazione dell’eredità della schiavitù al tempo delle indipendenze africane prendendo spunto dalla storia di Fuladu, un regno fulbe precoloniale esteso dalla riva meridionale del fiume Gambia fino al Rio Corubal in Guinea Bissau. La colonizzazione lo divise in una sfera d’influenza inglese, francese e portoghese. Qui l’analisi si concentra sulla parte francese, oggi conosciuta come regione senegalese di Kolda, e sulla traiettoria politica di Yoro Kandé. Politico e attivista degli anni Cinquanta, Yoro usò le sue origini servili come strumento per risvegliare la coscienza politica dei settori subordinati della società di Fuladu.
Keywords: Senegal, abolizione, marginalità, politica, traiettorie di vita