Benché l’Italia sia stata la culla dell’anatomia scientifica rinascimentale, la divisione statale non favorì l’ammodernamento delle norme sulla gestione dei cadaveri, come invece avvenne in altri paesi tra XVIII e XIX secolo. Solo dopo l’unificazione italiana, con l’espansione degli studi medici e l’affermarsi del pensiero igienista, emerse con evidenza l’inadeguatezza delle norme preesistenti, spesso basate su semplici accordi a livello cittadino. Il saggio ricostruisce la congiuntura culturale e politica che, negli anni Ottanta del XIX secolo, portò all’introduzione di una legislazione statale in grado di garantire un’ampia disponibilità di cadaveri, appartenenti quasi sempre alle fasce più povere della popolazione, per soddisfare le esigenze della ricerca scientifica e dello studio della medicina, mentre a livello comunale nuovi regolamenti a sfondo igienista, scandendo ogni fase del trattamento del corpo del defunto, cercarono di rispondere anche alle ansie suscitate a livello popolare dalla nuova normativa. In quegli anni nacquero le grandi collezioni anatomiche delle università italiane, che in alcuni casi, come in quello torinese, furono utilizzate anche per rappresentare le presunte caratteristiche razziali della popolazione italiana.
Keywords: Anatomia, XIX secolo, cadavere