Il presente contributo analizza il rapporto tra tutela della concorrenza e mercato
del lavoro. In passato, infatti, le Autorità di concorrenza ritenevano che la disciplina della
tutela della concorrenza, che ha ad oggetto il corretto funzionamento dei mercati dei prodotti
e servizi e il benessere dei consumatori, non comprendesse anche altri obiettivi, come la tutela
dei lavoratori, oggetto di altri plessi normativi e politiche pubbliche. Tuttavia, i più recenti
studi economici hanno dimostrato come il potere di acquisto dei datori di lavoro, esercitato
dal lato della domanda attraverso la fissazione di salari bassi e condizioni di lavoro precarie,
può costituire, insieme agli altri, un fattore significativo nella compressione dei redditi da lavoro,
che si è osservata a partire dagli anni ’80. Da qui la riflessione su come le Autorità antitrust
possano intervenire, con i loro strumenti tradizionali (intese restrittive della concorrenza,
abuso di posizione dominante e controllo sulle concentrazioni), al fine di garantire il corretto
funzionamento del mercato del lavoro. I lavoratori, soprattutto se altamente specializzati,
rappresentano un fattore produttivo essenziale per la ricerca e l’innovazione e un’importante
fonte di pressione competitiva nei mercati del lavoro che funzionano correttamente. Dal 2020
ad oggi sono numerosi gli interventi delle Autorità di concorrenza di tutto il mondo e della
Commissione dell’Unione europea, che considerano una priorità la repressione degli accordi
c.d. no poach, con cui due o più imprese concorrenti si impegnano ad astenersi dal sollecitare,
assumere o reclutare i rispettivi dipendenti oppure degli accordi volti a fissare gli stipendi (al
ribasso). L’orientamento è quello di qualificare tali condotte quali restrizioni “per oggetto”,
per le quali le Autorità di concorrenza non sono tenute a dimostrare gli effetti pregiudizievoli
derivanti in concreto dall’illecito. Prime conferme di tale orientamento sono arrivate anche
dalla Corte di Giustizia. Anche nel controllo sulle concentrazioni sta assumendo rilievo, nella
valutazione complessiva degli effetti dell’operazione, il possibile effetto negativo sui lavoratori.
I primi casi di divieto dell’operazione a causa dei potenziali effetti negativi sui salari dei
lavoratori si registrano negli Stati Uniti, ma segnali di riflessione in questo senso si registrano
anche in Europa.