RISULTATI RICERCA

La ricerca ha estratto dal catalogo 104757 titoli

Fabio Dei

Banalità del male e costruzione culturale della violenza

PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE

Fascicolo: 2 / 2013

Il concetto di "banalità del male", specie nelle sue declinazioni di senso comune, tende a spiegare la disposizione alla violenza come legata a un vuoto o a un’assenza: l’uccisione della coscienza morale, la "mancanza di pensiero" che Hannah Arendt attribuisce a Eichmann, le "teste vuote" che contrassegnano la delinquenza giovanile. In questo articolo, vengono sostenute le potenzialità di un approccio etnografico che consideri la violenza come un "pieno" - il frutto di processi pedagogici e di costruzione culturale, non meno di altre sfere dell’agire sociale. In particolare, viene discusso il problema della costituzione dei "soggetti violenti" e della loro genealogia in relazione a sistemi di pratiche sociali, in riferimento ad autori come Hannah Arendt, Franz Fanon e Giorgio Agamben.

Nel lavoro antropologico di Francesca Cappelletto, un ruolo centrale ha svolto la ricerca sulla memoria delle stragi di civili compiute dalle truppe nazifasciste nella Toscana del 1944. In particolare, Francesca ha condotto una ricerca etnografica su due paesi colpiti da gravissimi eccidi, Civitella Val di Chiana e Sant’Anna di Stazzema. Questo articolo discute brevemente quattro aspetti fra i più significativi ed originali degli studi di Francesca: a) il rilievo dato al ruolo della "comunità mnemonica" come soggetto delle pratiche pubbliche del ricordo; b) la critica alla nozione di "memoria collettiva" e l’accento posto sul conflitto come elemento strutturante della memoria; c) il ruolo complementare delle narrazioni e delle immagini nella trasmissione generazionale della memoria; d) i problemi cognitivi ed etici che caratterizzano il rapporto tra ricercatore e narratori nello studio della memoria traumatica.

Nello scenario della guerra totale 1914-1918 la questione degli approvvigionamenti alimentari divenne un fattore essenziale. Il saggio prende in considerazione le politiche attuate dal governo italiano in un settore fondamentale, quello del consumo di carne. La strategia seguita fu in primo luogo quella di scoraggiare i consumi civili, che tuttavia, già piuttosto bassi, non poterono essere contratti in misura sufficiente. Le preoccupazioni sul progressivo depauperamento del patrimonio zootecnico nazionale per effetto delle massicce requisizioni militari indussero i vertici delle forze armate, dietro consiglio degli igienisti militari, a ridurre a fine 1916 anche la razione delle truppe mobilitate. Un provvedimento che, nei mesi successivi a Caporetto, suscitò accese polemiche nella classe medica, in quanto il peggioramento dell’alimentazione dei soldati fu individuata da alcuni come una delle concause del cedimento dell’autunno 1917. Una delle possibili soluzioni, l’incremento dell’importazione di carni congelate, era resa difficile da ostacoli di ordine tecnico come la pochezza della flotta frigorifera, la mancanza di grandi impianti frigoriferi e le deficienze nella rete di distribuzione che, dai porti tirrenici, doveva far arrivare il prodotto al fronte. Pur con gravi ritardi e sprechi, la guerra portò a una notevole espansione dell’industria del freddo italiana. Fra le novità del conflitto ci fu anche un fortissimo incremento nel consumo dei prodotti in conserva da parte dell’esercito. Il settore, gestito inizialmente da stabilimenti statali, vide nel corso della seconda parte del conflitto l’ingresso di un buon numero di industrie private. Queste tuttavia, secondo le indagini condotte nel dopoguerra dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle spese di guerra, si resero protagoniste di vere e proprie truffe nei confronti dell’amministrazione militare, rimaste in gran parte impunite.

Il saggio prende in esame un aspetto essenziale della produzione agricola, quello dei cereali destinati all’alimentazione umana: un settore in cui l’Italia non era in grado di coprire il proprio fabbisogno ed era costretta a ricorrere a massicce importazioni, divenute assai difficili per effetto della guerra. Partendo dai dati dei raccolti vengono presi in esame i provvedimenti varati dallo Stato per cercare di dare impulso alla produzione cerealicola. Il centro dell’analisi, tuttavia, è rappresentato dall’atteggiamento assunto dagli ambienti agrari nei confronti di queste richieste. Il saggio intende sottolineare come i margini d’azione furono sempre molto stretti: i ceti proprietari non intendevano sacrificare alla produzione cerealicola i redditi prodotti dalle colture specializzate, mentre le organizzazioni operaie non intendevano rinunciare alla propria libertà di azione sotto il profilo dei rapporti di lavoro e delle rivendicazioni salariali. Le campagne italiane, colpite più delle aree urbane dalle chiamate alle armi, divennero inoltre teatro di proteste sempre più forti nei confronti della guerra, ponendo le premesse per il duro scontro politico e sociale del dopoguerra.

Fabio de Visintini

Il vento del nordest

RIVISTA ITALIANA DI COMUNICAZIONE PUBBLICA

Fascicolo: 40 / 2010

La nota prova a tracciare un bilancio e a fornire un primo quadro interpretativo degli studi sulla sicurezza marittima nell’Italia repubblicana. In particolare, cerca di sottolineare il passaggio da una sicurezza centrata su una visione marittima oggetto di una sicurezza nazionale centrata su un modello nazionale a uno internazionale-sovranazionale tipico degli stati postmoderni e frutto dei processi di trasformazione subiti dal mondo marittimo italiano nel periodo della Guerra fredda a causa dei processi di globalizzazione dell’integrazione in sistemi economici e militari come la Cee/Ue e la Nato.

La storiografia sulle forze armate del regime fascista conta ormai una produzione difficilmen- te riassumibile. Lo scopo di questa nota è affrontare gli studi con l’angolo prospettico offerto dalla storiografia internazionale degli ultimi anni. La nota evidenzierà le particolarità degli studi esteri rispetto a quelli italiani, focalizzando l’attenzione su alcune tematiche come il rapporto tra politica estera e guerra e la definizione della grande strategia del regime, la rivalutazione delle capacità di combattimento delle forze armate italiane, offrendo un confronto con la storiografia nazionale.

Fabio De Ninno

"Il mare nella storia". E quali riflessioni ci offre sull’Italia contemporanea

ITALIA CONTEMPORANEA

Fascicolo: 286 / 2018

L’articolo analizza il recente volume "The Sea in History. The Modern World", frutto di un progetto di ricerca internazionale, discutendone gli spunti storiografici in relazione allo sviluppo della storia marittima e navale internazionali, con una particolare attenzione alla presenza dell’Italia contemporanea e allo sviluppo degli studi marittimo-navali su di essa.

Scopo dell'articolo è analizzare empiricamente la cultura politica con particolare riferimento alla diade destra-sinistra. Il linguaggio politico è considerato come il miglior strumento di trasmissione simbolica e un buon mezzo attraverso cui studiare le caratteristiche specifiche della cultura politica. Con questa consapevolezza abbiamo registrato e analizzato con una nuova tecnica di analisi del contenuto alcuni discorsi politici di Walter Veltroni (candidato della sinistra) e Antonio Tajani (candidato della destra) durante la campagna per la poltrona di sindaco della città di Roma. Dal risultato della ricerca si può dedurre che destra e sinistra hanno oggi molti elementi di differenza soprattutto in riferimento ad importanti temi come la democrazia, la globalizzazione e l’idea del ruolo dei partiti nelle società contemporanee.