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La crisi economico-finanziaria ha importanti ricadute sul diritto interno e su quello europeo in termini di riforme accompagnate da previsioni di rango costituzionale sul vincolo del pareggio di bilancio, insieme con l’approvazione di nuovi trattati e la creazione di nuove strutture istituzionali in ambito europeo per assicurare il rispetto degli standard macroeconomici da parte degli stati membri dell’eurozona. Gli effetti di queste riforme si ripercuotono in particolare sulla tenuta del modello statale ed europeo di Welfare e sulla effettività dei diritti, con particolare riguardo a quelli sociali. Il saggio riflette su tali complesse tematiche evolutive (e di trasformazione) degli ordinamenti europei, interrogandosi problematicamente sulla stessa esigibilità dei diritti sociali al livello di ordinamenti interni e di ordinamento dell’Unione, le cui costituzioni si ispirano al riconoscimento e alla garanzia di tali diritti.
Con l’incorporazione della Carta dei diritti fondamentali nei ‘nuovi’ trattati dell’Unione si registra una più compiuta positivizzazione dei diritti fondamentali (civili e sociali) ma non può ancora affermarsi che i cataloghi di tali diritti corrispondano ai (più evoluti) cataloghi dei diritti tutelati dalle costituzioni nazionali. La giurisprudenza in tema di rapporti fra diritti sociali e libertà economiche eurounitarie lo chiarisce bene, al contempo sollevando la complessa questione della pretesa primazia generalizzata del diritto primario dell’Unione su quello costituzionale nazionale, che ha già trovato prime risposte nella ‘dottrina dei controlimiti’ da parte delle corti costituzionali europee e più di recente una innovativa giurisprudenza del Giudice costituzionale interno volta a valorizzare il giudice nazionale come ‘giudice europeo’ nella promozione del ‘dialogo’ fra le corti. In tale quadro, non può negarsi che, se la disciplina eurounitaria dei diritti sociali non contrasta, di certo non corrisponde, nel fondo, alla sua concezione negli ordinamenti costituzionali nazionali a base sociale. A fronte di un simile quadro, ora dischiuso dal multilevel constitutionalism ma non ancora pienamente appagante, parrebbe che la natura imprecisa e incerta di talune disposizioni della Carta europea dei diritti fondamentali potrebbe essere superata con una loro innovata positivizzazione in un più compiuto catalogo di diritti sociali, all’interno di una rivisitata Carta dei diritti fondamentali. La ‘circolazione dei diritti’ e, più in generale, lo stesso ‘processo di integrazione europeo’ ne potrebbero utilmente beneficiare.
Nella fase attuale di integrazione europea, molti interrogativi vengono sollevati con riguardo sia alle problematiche giuridiche e politiche poste dalla sua evoluzione, sia alle prospettive future per quanto concerne il superamento delle ragioni della crisi dello Stato sociale. Nel quadro di un’analisi sulla forma di Stato nel costituzionalismo contemporaneo più recente, il contributo propone una riflessione sulla problematicità dei rapporti fra garanzia dei principi e dei diritti costituzionali nazionali e primato dei principi europei di stabilità economica. In tale quadro, muovendo dalla concezione normativa del costituzionalismo, l’analisi affronta le problematiche di effettività dei diritti sociali, evidenziando la crisi del modello di Stato sociale nell’ordinamento italiano e in quello europeo. La possibilità di superamento di una simile problematicità impone che le istituzioni dell’Unione prendano coscienza dello stato di crisi in cui attualmente versano, per determinarsi con nuove e più adeguate misure di governance idonee a superare in modo meno occasionale di quanto non sia fin qui avvenuto le ragioni della crisi in atto
L’articolo analizza il processo di positivizzazione dei diritti fondamentali europei nel quadro dei ‘nuovi’ trattati (di Lisbona) sull’Unione e le più significative dinamiche del costituzionalismo ‘a più livelli’. In questo quadro, sono affrontate le problematiche dell’effettività dei diritti costituzionali, soprattutto dei diritti sociali, a seguito della costituzionalizzazione della regola del pareggio di bilancio, fortemente voluta dalle istituzioni europee per contrastare la crisi economica nei Paesi membri dell’Unione. Nel nuovo quadro costituzionale, infatti, si registra una significativa perdita di consistenza dei diritti sociali, in quanto diritti fondamentali, a favore delle regole europee sulla stabilità monetaria. La Corte costituzionale nazionale, nel bilanciare le esigenze di finanza pubblica con quelle della protezione dei diritti fondamentali, genera effetti di regressione dei diritti fondamentali sociali, il cui limite di garanzia viene fissato nel solo ‘nucleo essenziale’ della garanzia costituzionalmente prevista. In questo quadro, la crisi dello Stato sociale nazionale e una significativa incertezza sul futuro dell’Europa costituiscono lo scenario che si presenta all’osservatore e allo studioso.
L’articolo, incentrato sulle dinamiche evolutive del processo di integrazione europea alla luce del riconoscimento del valore giuridico della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, prende in esame le problematiche relative al rapporto fra primato del diritto dell’Unione e diritto costituzionale nazionale, evidenziando opportunità e limiti dei diritti di cittadinanza europea alla luce delle innovative disposizioni sancite nell’art. 53 della Carta. Queste disposizioni, prevedendo forme di protezione dei diritti e delle libertà secondo lo standard di protezione più elevato "pro individuo" quale previsto nelle costituzioni nazionali, nel diritto dell’Unione e nella CEDU ("multilevel contitutionalism"), lasciano aperta la questione concernente la pretesa "primauté" generalizzata del diritto dell’Unione sul diritto costituzionale nazionale riguardo agli stessi principi e diritti fondamentali, come dimostrano alcuni noti casi giurisprudenziali in materia di rapporti fra libertà economiche al livello europeo e corrispondenti libertà/diritti costituzionali nazionali, così come in materia di mandato di arresto europeo
L’articolo affronta il tema dei diritti sociali, della loro disciplina (costituzionale o solo legislativa) e relativa evoluzione nel quadro del costituzionalismo europeo, italiano, e nel processo di integrazione europea. La tematica viene approfondita nell’ottica delle problemi posti dalla crisi economica e dalle trasformazioni costituzionali imposte in sede europea ai Paesi membri. L’equilibrio di bilancio, ora costituzionalizzato nella gran parte dei questi Paesi, si pone, infatti, come limite alla discrezionalità dei legislatori nazionali, con il rischio di contrazione dei servizi pubblici e conseguenti riflessi sui livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritti civili e sociali in termini di esistenza dignitosa e standard assistenziali. L’articolo affronta, infine, il tema dei rapporti fra diritti sociali, esigenze del mercato e processo di integrazione europea. Si tratta di comprendere bene se tale processo, così come attualmente configurato, non condizioni la piena garanzia della protezione costituzionale nazionale al diritto del lavoro e al lavoro. Alcuni recenti indirizzi giurisprudenziali della Corte europea di giustizia pongono interrogativi e dubbi sotto tale profilo; per questa ragione, merita attenzione il tema delle tutele giurisdizionali dei diritti fondamentali fra costituzioni nazionali e nuovi trattati ‘europei’
A due secoli dall’avvio del costituzionalismo liberal-democratico, l’ordinamento giudiziario sembrerebbe aver compiutamente realizzato la sua parabola, vedendosi riconosciuto come potere dello Stato (autonomo e indipendente), mediante previsioni costituzionali espresse o anche sulla base di mere disposizioni legislative. In tale quadro, l’analisi affronta le tematiche della ‘giurisdizione’ e della ‘giustizia’ nell’ottica del diritto dell’Unione europea, sottolineando gli effetti giuridici prodotti dall’art. 6 del Trattato di Lisbona (con l’incorporazione sostanziale della Carta dei diritti fondamentali dell’UE all’interno dei nuovi trattati e con l’adesione alla CEDU da parte dell’Unione). Secondo quanto viene osservato, tuttavia, l’esperienza degli ordinamenti europei, nel fondo, non consente di poter cogliere una tradizione costituzionale comune agli Stati membri (per come affermato dalla Corte di Giustizia dell’UE) quanto piuttosto la garanzia in tutti gli ordinamenti nazionali, nella CEDU e ora nell’art. 47 della Carta di Nizza/Strasburgo, del diritto del soggetto ad un ricorso effettivo dinanzi ad una autorità giurisdizionale, indipendente e imparziale, precostituita per legge, nel quadro di un processo equo, garantito nel contraddittorio, ragionevole nella durata.
Consumers’ decisions are increasingly influenced by ethical issues. In the food domain it has led to the spread of alternative food supply chains. These innovative food networks, deaply embedded in the local domain, are characterized by a strong focus on food sustainability. Among them, the initiatives promoted and selforganized by consumers are particularly interesting as they disclose a high potential of fostering wider social changes. In this context, Solidarity Purchase Groups (called gas after the Italian acronym) emerge as spontaneous associations of consumers with strong ethical motivations including environmental, economic and social issues, which are fast-spreading in Italy. The aim of this paper is twofold. On the one hand, looking at consumers, we analyze the profile of the Italian consumers who participate to gass, in order to more precisely identify the target of these experiences, on the base of a large survey held in Italy on short food chain consumers; on the other hand, from a strategic and operational level, we discuss how these innovative supply chain models are organized, drawing from data retrieved for the 117 gas s operating in the city of Rome. The results show that gas participants have some specific features compared to consumers shopping in other alternative food chains, both in the socio-demographic profile and in their purchasing behavior, which is characterized by a strong ethical motivation. Looking at the organizational models of the gas s of Rome, the results of the survey confirm that the social dimension is very important in the management of these groups, as well as the principles at the base of their constitution, which very often refer to environmental concerns about farming techniques, social commitment to the local community and trust-based relations with the producers. Nevertheless, beside the social and environmental concerns, the economic dimension is still very important, as shared purchases most of the time results in a significant reduction in prices. The evidences confirm that the gas model represents a very interesting object of analysis for economists. Indeed, gas s are an unique example of completely demand-pull innovative food chain. Besides, they are able to involve consumers with specific needs and a strong ethical motivation underpinning the food purchase.
Bioregionalism is a model of social organization based on the feeling of belonging to a place. It can be read from two different perspectives; in the one examined in this paper, individual activities are strongly dependent on environment and natural cycles, and the economy of the community aims to reach a complete social and environmental sustainability. In the text, after presenting the ways to identify bioregions and confronting the ideological and the pragmatic approach to bioregionalism, individual motivations as well as social and political principles on which is based the community organization are pointed up. These last aspects will be discussed referring on social life and economical relations among members of a specific bioregional community.
The fact that the state is secular no longer has the priority of indicating an attitude towards religion on the part of the state, but the ways and means with which the state tackles the problem of the cultural, ethnic and linguistic diversities that cut through its own population. These days, the debate about secularism cannot be limited any more to a question that turns exclusively on the dialectic between State and Church, without considering the ethical and cultural fragmentation nourished on the one hand by atomising individualism and on the other by society’s division into partial communities. Two notions of secularism emerge in this new context. The first refers to a set of principles and values (tolerance, democracy, freedom, equality etc.) around which citizenship should be constructed: in this sense, secularism sets itself up as the civil religion of the Europeans (as opposed to Christianity, which others believe should be fulfilling the same function). The second sets itself up as a rule of social and religious pluralism. This second notion of secularism is partially asymmetric to the first: the terrain it occupies is not primarily that of contents, but that of means; it does not take the form of secularism as a programme, but of secularism as a method. These two notions of secularism deserve to be kept clearly distinct, as the one is substantial in nature, while the other is methodological. While Europe may tend more towards secularism or towards Christianity as its civil religion, European society cannot afford to do without this second dimension of secularism if it is to avoid betraying its identity. Such a step would in fact imply giving up the mediation of law, which is what stops any one system of values (even the one espoused by the majority) from taking over the institutions of the state and transforming them into a great sounding board, so as to homogenise the ultimate sense of belonging, the beliefs and preferences of its citizens.
This article considers the apparent contradiction between the secularisation of private life and the way in which the public life in a certain number of European countries currently seems to feature a return to religious confession. A brief description is given of the theses propounded by the theorists of religious economy, who maintain that the near future will witness the prevalence of religious groups with a strong, rigorous identity, which puts them in opposition to those who identify the future of Christianity with its transformation into a sort of civil religion of the Europeans. The concluding part of the essay looks at the various different scenarios of ecclesiastic policy that may derive from the two different perspectives.