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Il presente articolo considera l’adozione come un processo complesso con profonde implica-zioni emozionali, sociali e culturali. Nel lavoro si analizzano le motivazioni ed i meccanismi psicologici che si generano nel processo dell’adozione, con speciale attenzione alle famiglie adottive che non sono riuscite ad avere una genitorialità biologica a causa di problemi di sterili-tà. Questo fallimento richiede un processo di elaborazione che inizia con il lutto di non pote-re, fino all’accettazione di potere avere figli attraverso l’adozione. Ciò implica, tra l’altro, la generazione di uno spazio mentale che dia posto ad un terzo: il figlio adottato. La famiglia adottiva ha bisogno di adattarsi alla nuova situazione e di promuovere un’atmosfera familiare sincera e di accettazione, che riconosca le differenze che la separano da una famiglia fondata sulla procreazione.
Questo contributo affronta il tema dell’affido familiare partendo dall’esperienza di chi lo ha vissuto in prima persona. Dalle storie vissute emerge la necessità che le famiglie di origine e le famiglie affidatarie possano accettarsi reciprocamente: in questo senso è fon-damentale l’atteggiamento degli operatori rispetto alla valutazione sia dell’opportunità di proporre lo strumento affido sia della validità delle famiglie affidatarie. Vengono affron-tate le determinanti per costruire una buona situazione di affido ed espresse alcune rifles-sioni sulle modifiche apportate dalla nuova legge.
In una società multietnica, come quella italiana ed europea, la mediazione culturale è diventata uno strumento fondamentale per facilitare l’integrazione tra diverse culture. La mediazione culturale non va intesa come uno strumento tecnico ma come l’inizio di un processo intrapsi-chico che permette l’accettazione e l’integrazione del diverso, che è fuori e dentro di noi, e la costruzione di una identità multiculturale. L’adozione internazionale rende molto più compli-cato il processo di mediazione culturale; la buona riuscita di quest’ultimo è direttamente con-nessa all’elaborazione, da parte dell’adottato, del trauma originario legato alla perdita del pro-prio patrimonio affettivo e culturale. Queste tematiche vengono esplicitate con l’ausilio di un caso clinico e con una lettura interpretativa del mito di Mosè e di Edipo.
L'autrice, tramite l'ausilio di un caso clinico trattato in terapia parallela della madre e della fi-glia, discute il tema dell'identità e delle identificazioni nell'adozione internazionale.Il romanzo familiare dell'adolescente si coniuga in certi casi in queste famiglie con il mito fa-miliare. Le problematiche dell'adozione internazionale o delle famiglie con problemi di emi-grazione mettono in crisi le nostre concezioni sulla genitorialità, sulla filiazione e sulla stessa identità.
Alla luce dei più recenti cambiamenti legislativi ed operativi, le autrici affrontano alcuni aspetti nodali e problematici correlati al complesso compito relativo all’indagine psicosocia-le degli aspiranti genitori adottivi. In particolare, propongono un modello che prospetti la valutazione nei termini di un processo condiviso, nella relazione, con la coppia.
Il lavoro vuole discutere alcuni paradossi presenti nell’affidamento e nell’adozione, due eventi che si caratterizzano, oltre che per gli aspetti psicologici, per il ruolo svolto dalle procedure giuridiche che ne regolamentano l’attuazione. L’autore propone una riflessione, secondo un’ottica psicoanalitica, sul rapporto tra la logica che caratterizza l’applicazione della Legge e la logica che caratterizza il funzionamento degli affetti e dell’inconscio.
L’articolo prende in considerazione le motivazioni inconsce collegate con una mancata auto-rizzazione interna a diventare genitori biologici, che possono spingere una coppia a realizzare un’adozione.In un momento di crisi del processo adottivo, il ricorso alla consultazione psicologica può esse-re l’occasione per avviare la capacità di pensare intorno a quei nodi problematici che in passato erano stati affrontati attraverso l’azione adottiva. Vengono presentate due situazioni cliniche che esemplificano tali tematiche e il lavoro di tra-sformazione e proposte alcune modalità operative della consulenza psicologica nel campo spe-cifico dell’adozione.
Il contributo prende l’avvio da una riflessione storico-antropologica circa la problematica dell’adozione. Viene indicato come l’adozione sia radicalmente connessa al bisogno di categoriz-zare il proprio e l’altrui e come sia possibile individuare la presenza culturale di una bilancia simbolica. Si tratta di tentativi di soluzione del problema che prendono la forma del nome-eredità, oppure della vivibilità-accoglienza. Ciascuno di essi comporta fantasie specifiche e presenta sia risorse che rischi. Attraverso un’approfondita riflessione sulle ricerche orientate in senso familiare, così come attraverso vignette cliniche, vengono poi presentate le variabili cruciali relative all’esito, fau-sto o infausto, dell’avventura adottiva. La complessità che ne risulta è utile ai clinici non solo per evitare i ricorrenti rischi di riduzionismo, ma anche per avere più frecce al loro arco nell’offerta di aiuto e di cura alle famiglie adottive.
Il lavoro affronta secondo una prospettiva giuridica, il tema della ricerca di notizie sulle proprie origini e sui genitori biologici da parte dell’adottato. Viene presentata una panoramica delle soluzioni giuridiche presenti in Italia e all’estero illustrando le caratteristiche di uno dei pro-blemi più complessi, sia un punto di vista giuridico che psicologico, dell’adozione.
Per fronteggiare l’ipercompetitività dei mercati distributivi, i grandi distributori commerciali ampliano il proprio assortimento entrando nel mercato dei servizi finanziari al dettaglio. L’offerta è costituita da servizi di credito, di pagamento, di risparmio e di assicurazione spesso collegati al possesso di una carta commerciale e si è sviluppata, finora, nei format dell’ipermercato, del grande magazzino e delle grandi superfici specializzate. Nell’articolo si illustrano, dapprima, i fattori ambientali che favoriscono l’entrata delle imprese commerciali nel mercato della distribuzione dei servizi finanziari, le caratteristiche endogene dei distributori e i vantaggi e gli svantaggi connessi all’erogazione dei servizi stessi. Successivamente, vengono analizzati i percorsi strategici adottati dalle imprese commerciali per offrire i servizi finanziari ai propri clienti. Benché l’erogazione dei servizi avvenga secondo modalità diverse collegate alla tipologia delle imprese commerciali, alle strategie intraprese nonché alla specificità dei mercati, essa è sempre frutto dell’interazione tra le imprese commerciali e gli operatori finanziari. Le strutture implementate dai distributori commerciali variano in relazione all’importanza strategica assegnata ai servizi finanziari e ai rapporti instaurati con gli operatori finanziari. Le relazioni tra imprese commerciali e finanziarie sono caratterizzate da diverse intensità di trasferimento di know-how con cui i retailers apprendono le competenze tecnico-finanziarie dagli operatori finanziari e questi ultimi beneficiano delle tecniche di comunicazione e delle informazioni sul consumatore in possesso ai distributori. A un basso trasferimento di conoscenza avvenuto tra i due settori, le imprese commerciali stipulano con le imprese bancarie semplici accordi di natura negoziale (bank-led model e brand-leasing model). Quando il trasferimento delle conoscenze si intensifica (producer-led model) e aumenta l’importanza dei servizi finanziari nelle strategie dei distributori commerciali, gli accordi tra i partner evolvono in condivisione di obiettivi, di strutture, attività realizzando una forte interazione ed integrazione di conoscenze differenti (retailer-led model e third-branding model). Alla fine di questo processo, ottenuto un alto trasferimento di conoscenza dal settore bancario/finanziario, le imprese della distribuzione commerciale giungono a considerare opportuno gestire in piena autonomia l’erogazione dei servizi finanziari attraverso la costituzione di proprie filiali finanziarie (DIY-banking model) negoziando con diversi produttori finanziari i singoli servizi che compongono la propria offerta.
Il rapporto tra la regolamentazione urbanistica e quella di tipo commerciale nell’ambito dei centri storici è apparso particolarmente dialettico nel nostro Paese. In questo articolo identifichiamo e descriviamo tre differenti fasi regolamentative relative al commercio nei centri storici negli ultimi trenta anni. In particolare, la fine degli anni Novanta è segnata dall’introduzione nel nostro ordinamento del decreto legislativo n.114/1998, «Riforma della disciplina relativa al commercio», che enuncia alcuni importanti principi, affidando poi alle singole Regioni il compito di elaborare una propria specifica strategia per la valorizzazione commerciale e urbanistica dei centri storici. Il tenore dell’intero decreto legislativo evidenzia una notevole discrezionalità d’intervento riconosciuta alle Regioni tanto da far parlare, anche in Italia, di un passo concreto verso il federalismo. Nella parte centrale del lavoro, cerchiamo di evidenziare, con riferimento alle regioni italiane, l’eventuale esistenza di una relazione positiva tra il grado di liberismo della normativa regionale sui centri storici (prodotta dopo l’introduzione del decreto 114/98) e il livello di modernizzazione del sistema distributivo regionale. L’ipotesi che cerchiamo di testare è quella per cui, laddove esiste una struttura distributiva regionale a minore intensità di supermercati, ipermercati e centri commerciali, si riscontrano anche maggiori pressioni politico-istituzionali nei confronti dei policy makers da parte degli operatori commerciali esistenti, al fine di conservare uno status quo storicamente consolidato; di conseguenza, in queste circostanze tenderebbe a prevalere un orientamento normativo regionale con minori valenze liberiste. L’analisi (fondata su tecniche statistiche multivariate) ha messo in luce l’esistenza di numerose Regioni per le quali esiste una relazione positiva tra grado di liberismo all’accesso nei centri storici e livello di modernizzazione del sistema distributivo (tale risultato è anche sostenuto sul piano quantitativo da un elevato coefficiente di correlazione per ranghi di Spearman). I risultati evidenziano una certa varietà comportamentale delle Regioni nell’interpretazione, in senso più o meno liberista, dell’ampio margine di discrezionalità previsto dal decreto 114/98. E’ comunque interessante osservare che le preoccupazioni per il degrado urbanistico e commerciale dei centri storici hanno spinto i policy makers regionali ad assumere sostanzialmente due alternative opzioni normative: un’impostazione complessivamente liberista, da una parte, ed una seconda opzione fondata sul tentativo di tutelare e preservare lo status quo, al fine di non destabilizzare ulteriormente la struttura di offerta commerciale ereditata dal passato. Nella parte finale del lavoro discutiamo l’opportunità, per le Regioni, di aprirsi ad un’altra decisiva stagione regolamentativa che consenta il superamento di questa stringente dicotomia liberismo - protezionismo. In effetti, gli scenari di auto-annientamento del commercio nei centri storici non possono essere neutralizzati né con strumenti classici di protezionismo, né attribuendo al gendarme del liberismo concorrenziale il compito di strutturare nuove soluzioni socio-economiche di vivibilità nei centri storici. Piuttosto, le forme auspicate di regolamentazione commerciale nei centri storici devono mirare ad una progettualità integrata, capace di indurre l’innovazione tra gli operatori commerciali esistenti, promuovendo anche forme di cooperazione tra i vari attori al fine di migliorare la vivibilità e l’attrazione dei centri storici.
Questo articolo propone i risultati di uno studio sul potenziale di mercato, le condizioni di economicità e le politiche di marketing per una rete di musei ed istituzioni tecnico-scientifiche, realizzato attraverso l’impiego di differenti strumenti di rilevazione e l’articolazione dei risultati seguendo i termini propri di un approccio multimetodologico. Le riflessioni sono sviluppate attraverso tre passaggi. Nel primo si prende in esame il processo di integrazione nelle reti di musei e rispetto alle funzioni di marketing, proponendo una lettura di altre esperienze italiane ed europee e con particolare riferimento al problema di marketing territoriale della costruzione della marca dei luoghi (branding process). Un secondo passaggio riguarda la valutazione del potenziale di mercato derivante dal processo d’integrazione delle organizzazioni museali tecnico-scientifiche fiorentine oggetto specifico della nostra attenzione. Infine, in un terzo ed ultimo passaggio, si colgono aspetti riconducibili alle linee generali di intervento, alle possibili politiche di marketing ed alle implicazioni dell'adozione di specifiche iniziative e soluzioni. Il lavoro propone indicazioni sul potenziale del processo di integrazione della rete di musei scientifici fiorentini, accanto ad elementi relativi al problema della focalizzazione della marca della città anche in rapporto alle altre realtà museali in essa presenti. Aspetti di coerenza risultano sostenuti dalle forti relazioni storiche (path dependencies) che collegano componenti del patrimonio tecnico-scientifico e del patrimonio artistico, che possono se evidenziate riflettersi positivamente sull’immaginario elaborato dai diversi pubblici rilevanti.
A differenza dei metodi tradizionali, in cui è il broker - una volta contattato per via telefonica o di persona dall’investitore - ad introdurre materialmente l’ordine di borsa di quest’ultimo nel proprio sistema computerizzato di esecuzione, mediante il servizio di trading on-line l’investitore ha la possibilità di entrare autonomamente in tale sistema ed immettere personalmente un ordine sul mercato. Quindi, differentemente da quanto avviene per gli investitori tradizionali, la negoziazione dei singoli ordini di borsa provenienti dagli investitori on-line non comporta, di regola, un intervento specifico e personale dell’intermediario. Il presente lavoro intende approfondire l’analisi giuridica in merito alla qualificazione del rapporto contrattuale tra l’investitore e l’intermediario finanziario on-line; ed in particolare in merito alla partecipazione del cliente on-line, come (unico) soggetto della manifestazione negoziale, alla conclusione del contratto di borsa. Saranno svolte anche alcune brevi riflessioni sulla recente direttiva comunitaria disciplinante la commercializzazione a distanza di servizi finanziari.