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Bianca R. Gelli

L’asimmetria dei generi come problema politico. Uno sguardo sulle attuali teorie femministe

PSICOLOGIA DI COMUNITA’

Fascicolo: 2 / 2010

Il discorso, prendendo le mosse dall’elaborazione teorica femminista, si incentra sull’asimmetria uomo/donna tuttora presente nel privato come nei vari ambiti del sociale, pur in presenza delle trasformazioni culturali e politiche. Data per affermata l’incoercibile differenza uomo/donna, due i percorsi teorici lungo i quali l’A si muove, passando dall’uno all’altro: - evidenziare, partendo dalla differenza sessuale, uno spazio intermedio dove il confronto e il dialogo possano articolarsi declinando Io/Tu nel Noi duale. Il che prelude, passando dal rapporto individuale a quello di comunità allargata, a una politica di pacificazione e democrazia (Irigaray); - considerando la differenza come differenza sessuata, individuare, in una nuova forma di materialismo, nel ritorno al corpo come mente incarnata, il luogo della enunciazione della parola della Donna, come soggetto in divenire (Braidotti). Le profonde trasformazioni del postmoderno portano al realizzarsi di un utopia ovvero al divenire maggioranza delle donne e degli altri come altri dall’uomo, attualmente in crisi.

A cura di Clementina Pavoni

Arti e mestieri

STUDI JUNGHIANI

Fascicolo: 32 / 2010

In questo articolo l’autrice mette a fuoco i legami e le differenze tra l’attenzione fluttuante di cui parla Freud, e l’attenzione consapevole, così come è descritta in alcune pratiche spirituali soffermandosi in particolare sulla pratica buddhista. Sottolinea in particolare gli aspetti qualitativi di questo tipo di attenzione. Senza una pratica protratta di rispetto per le pause, di silenzio e di ascolto consapevole di sé, pratica che deve divenire quotidiana e costante, non si può creare quel luogo aperto e contenente che è a fondamento di un’etica di ascolto spirituale. L’autrice sottolinea l’importanza del decentramento dell’Io, in molte pratiche spirituali e tradizioni sapienziali, ma anche nel sistema della psicologia dei complessi. Nella metapsicologia junghiana si evidenzia un sistema centrato rispetto al Sé e a-centrato rispetto all’Io. Secondo l’autrice, l’attenzione al momento presente apre a un ascolto senza finalità, programmi pre-stabiliti, pre-giudizi, in cui pratica spirituale e scopi della terapia si ritrovano in una nuova dimensione di ascolto terapeutico ed etico al contempo.

Fulvia De Benedittis

Cum-siderare l’Altro. Il Sublime nell’incontro analitico

STUDI JUNGHIANI

Fascicolo: 32 / 2010

L’Autrice evidenza, tramite il concetto di "conflitto estetico" (Meltzer), come analista e analizzando, similmente alla coppia madre e bambino, formino una relazione dove il riconoscimento reciproco della bellezza, si conferma come una tappa essenziale della vita psichica. Il sentimento della bellezza emerge nel campo analitico, non nella sua forma apollinea del bello, ma nella forma del sublime. L’ascolto del Sublime non avviene mediante la mera percezione dei sensi, ma richiede un’ascesi interiore, un’aisthesis spirituale. Nell’incontro analitico, le verità più profonde dell’altro si rivelano alla luce di un atto simbolico capace di tras-figurare l’altro nella sua realtà più intima. Ogni incontro autentico, che cerchi cioè la verità psichica come accade nella coppia analitica, può costituirsi come "simbolo vivo" (Jung) solo se illuminato da un reciproco sguardo immaginante. L’Autrice si ispira, con particolare riferimento, al pensiero psicoanalitico di Meltzer, Bion e Jung, ma anche a fonti di carattere religioso, estetico e più in generale filosofico.

Pina Galeazzi

In ascolto di sé. Funzione trascendente ed esperienza analitica

STUDI JUNGHIANI

Fascicolo: 32 / 2010

Cosa sostiene l’analista nel suo sostenere l’altro? Cosa lo aiuta nel suo aiutare? L’Autrice, a partire dalla sua esperienza con alcuni colleghi nel gruppo "Psicologia Analitica e Spiritualità" e dal testo di Jung sulla funzione trascendente, si sofferma su quegli aspetti del suo percorso interiore che le permettono di continuare a nutrire la fiducia nel non sapere, che parlano del processo di integrazione tra corpo e spirito, che traggono vitalità dal sapere la morte.

Maria Teresa Rufini

"Abitare nella possibilità". Eros e spiritualità nel lavoro clinico

STUDI JUNGHIANI

Fascicolo: 32 / 2010

Dopo una breve premessa sul concetto di Spirito, si afferma che per Jung il fondamento della psiche è religioso, perché si basa sulle risposte arcaiche dell’uomo di fronte all’ignoto. La teoria della struttura psichica non è stata dedotta da miti e fiabe, ma si basa su esperienze e osservazioni condotte nell’ambito della ricerca medico-psicologica e soltanto secondariamente essa ha trovato conferma nello studio comparativo dei simboli, in campi lontanissimi dalla pratica psicoterapeutica. Da tale premessa consegue che un terapeuta junghiano, forse inconsapevolmente, ha un atteggiamento spirituale, anche laico. Seguono alcune considerazioni sulle vicissitudini del rapporto analitico, sul setting, si paragonano per contiguità relazioni fondate su eros e spiritualità. A conclusione, alcune considerazioni sulla spiritualità di oggi.

Romano Màdera

Lo spirito dell’analisi nella trascendenza della centralità egoica

STUDI JUNGHIANI

Fascicolo: 32 / 2010

Nel pensiero di Jung lo spirito può essere avvicinato al senso, come la tensione opposta alla dimensione predeterminata del comportamento istintivo. Da questo punto di vista si può cogliere l’importanza centrale che la spiritualità ha per la clinica, poiché nel disagio dell’anima è, in ultima analisi, in gioco il senso. Se da un lato l’impianto teorico junghiano è sbilanciato nella direzione di un possibile riduzionismo psicologistico della dimensione spirituale, tendenza che trova la sua estremizzazione nella psicologia di Hillman e di Giegerich, dall’altro proprio Jung apre la via di una necessaria rivisitazione della clinica nella direzione di una trascendenza dell’incentramento egoico. Si propone allora una trasformazione della prassi analitica in direzione di una mancata coltivazione della ricerca del senso a partire da un lavoro mitobiografico che riprenda l’idea di Hadot di una filosofia come stile di vita. Ciò comporta sensibili trasformazioni del tempo del rapporto analitico, della "fine" dell’analisi, della stabilizzazione degli insight. L’apertura all’esercizio spirituale diventa allora continuazione e sviluppo dell’analisi stessa.

Leonardo Verdi Vignetti

Spirito e senso come funzioni psichiche. Una rilettura di Jung

STUDI JUNGHIANI

Fascicolo: 32 / 2010

Riflettere sui rapporti tra psicologia analitica e spiritualità significa muoversi su un terreno paludoso ed incerto, irto di ostacoli che possono portare a costruire quadri di riferimento persino fuorvianti rispetto alla pratica clinica. Ma, viceversa, i concetti di spirito e di senso possono contribuire a conoscere qualcosa della psiche che altrimenti ci sfuggirebbe, tenendo presente che, come ribadisce Jung, si tratta di dimensioni psichiche impalpabili, di ipotesi non ipostatizzabili. In un’ottica junghiana si può ritenere che le vicissitudini della psiche accadano nel campo energetico prodotto dall’antinomia fondamentale di spirito ed istinto, due molecole essenziali della psiche, e che lo spirito, inteso come senso, è una funzione mentale ineliminabile, un sensore di singolarità o, se vogliamo, di individuazione.

A cura di Comitato di Redazione

Editoriale

STUDI JUNGHIANI

Fascicolo: 32 / 2010

Marco Vannotti

Il suicidio nell’anziano malato. Dilemmi etici

TERAPIA FAMILIARE

Fascicolo: 94 / 2010

La depressione è frequente nelle persone anziane e va interpretata nel quadro della trasformazione della cultura contemporanea del morire. In Svizzera questi mutamenti sfociano in una tolleranza nei riguardi dell’assistenza al suicidio. Consentire al soggetto di accedere alla morte per sopprimerne il dolore e la sofferenza, questo è il paradosso dell’assistenza al suicidio come pratica ammessa in Svizzera. L’impatto sulle famiglie e sui curanti di tale facilità di accesso al suicidio può essere traumatico. Quale posizione assumere, eticamente argomentata, quando, come terapeuti, siamo chiamati ad intervenire in tali casi?

Franca Aceti, Francesca Aveni, Nicoletta Giacchetti, Paola Motta, Bianca Straniero Sergio

La depressione post-partum: inquadramento del problema

TERAPIA FAMILIARE

Fascicolo: 94 / 2010

In questo articolo gli Autori presentano i risultati preliminari relativi a 20 pazienti con diagnosi di depressione post-partum. Di recente infatti, è stato avviato dalla UOS di Igiene Mentale delle Relazioni Affettive e del post-partum del Policlinico Umberto I di Roma, un progetto intervento sui disturbi dell’umore nel puerperio. I dati raccolti finora indicano la prevalenza di un disturbo di personalità del cluster B e che la depressione post-partum si configura come una difficoltà nel processo di separazione-individuazione madre-bambino che appare isomorfa a una indifferenziazione dei partner dalla propria famiglia di origine. Sia a livello individuale materno che della coppia, l’evento nascita, in quanto riedizione di vissuti di antiche separazioni, viene sperimentata come fonte di angosce e di pericolo.

Umberta Telfener

La depressione nella personalità narcisista

TERAPIA FAMILIARE

Fascicolo: 94 / 2010

Intendo accennare ad una delle tipologie depressive di cui la letteratura parla raramente, che ad una diagnosi superficiale viene mistificato all’interno dello spettro maniaco-depressivo quando invece si tratta di una risposta al gioco relazionale e individuale di una personalità narcisistica. Descrivo la sintomatologia, propongo elementi per una diagnosi differenziale e indicazioni terapeutiche.

Elida Romano, Didier Destal

La famiglia entra in ospedale: suicidi in adolescenza

TERAPIA FAMILIARE

Fascicolo: 94 / 2010

Il bambino cresce in seno alla famiglia, che è il suo sociotipo principale. Nel corso della crescita, metterà questo sociotipo a confronto, se non in competizione, con gli altri spazi nei quali costruisce la sua differenziazione e la sua autonomia. La scuola ed il gruppo dei pari sono i principali. Nelle famiglie che incontriamo, spesso caratterizzate da una nuclearizzazione forte e disfunzionale, lo spazio familiare è danneggiato con violenza a causa di un’integrazione impossibile dell’adolescente nei suoi sociotipi esteriori. Questo danneggiamento è comune e reciproco tra l’adolescente ed il resto della famiglia. Quando il ricovero si rende necessario, deve rispettare delle modalità che designano questo spazio esteriore "patologico" come un luogo in cui le competenze di ognuno, le paure, le speranze, ritrovano diritto di espressione; la prima condizione è allora che il luogo del ricovero sia un teatro di mediazione realmente aperto nella vita quotidiana a tutti i membri della famiglia senza eccezione.

Maurizio Andolfi

La depressione reattiva in adolescenza

TERAPIA FAMILIARE

Fascicolo: 94 / 2010

In questo articolo l’Autore descrive esordi e sintomi della depressione reattiva in adolescenza. Illustra le condizioni più frequenti che portano a una depressione in adolescenza, ovvero la perdita di un membro importante della famiglia, fallimenti scolastici o crisi sentimentali e sopratutto separazioni coniugali ostili con forti triangolazioni negative nei confronti degli adolescenti. Vengono portati alcuni casi clinici per dimostrare come la terapia familiare possa essere una modalità di aiuto assai efficace per adolescenti problematici e famiglie in crisi.