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Luigi Moccia

Il "nuovo" Parlamento europeo e il futuro dell’Unione

CITTADINANZA EUROPEA (LA)

Fascicolo: 1 / 2014

Con lo sguardo rivolto alle elezioni per il Parlamento Europeo del maggio 2014, e traendo ispirazione dal progetto Spinelli di trattato dell’Unione nel suo trentesimo anniversario, la riflessione si incentra su alcuni nodi della crisi del progetto europeo: esposto al malcontento e alla sfiducia della gente, specialmente delle giovani generazioni; bersaglio da sempre di un euroscetticismo allenato a colpire i punti deboli della costruzione europea; e oggi alle prese con agguerriti movimenti politici anti-europei. Questa riflessione non può che partire dal problema del consenso popolare richiesto per far avanzare l’Europa verso un’Unione più compiutamente realizzata: lungo la linea di congiunzione tra cittadinanza e legittimazione democratica dell’Unione, così che possa svilupparsi una interazione politicamente significativa tra Parlamento europeo e Commissione, sia alla luce dei principi stabiliti nei trattati vigenti, sia nella prospettiva di una ulteriore riforma in senso costituzionale dei trattati stessi.

A cura della Redazione

Recensioni

MONDI MIGRANTI

Fascicolo: 1 / 2014

Edoardo Greblo

Retoriche dell’esclusione

MONDI MIGRANTI

Fascicolo: 1 / 2014

È difficile negare che l’immigrazione evochi uno scenario di radicali contrapposizioni. Secondo un senso comune piuttosto diffuso, un paese che sia costretto a "subire" l’urto degli immigrati è condannato ad assistere alla fine del popolo come nazione e quindi della cittadinanza democratica. L’immigrazione, mettendo in crisi la presunta omogeneità tra i cittadini che vivono sullo stesso territorio, trasformerebbe le fonti dell’unità culturale in occasioni di controversia latente o di aperto conflitto. Perciò ogni Stato democratico ha il diritto di porre barriere all’ingresso, in modo da evitare che essa possa diventare un fattore destabilizzante per la società di accoglienza. Ma qual è la posta in gioco di queste retoriche dell’esclusione per le nostre società "democratiche"? La tesi dell’articolo è che questa abbia direttamente a che fare con la legittimità e i limiti del pluralismo dei valori e delle identità politiche.

Anna Vanzan

Ciador Art: neo Orientalismo e repressione

MONDI MIGRANTI

Fascicolo: 1 / 2014

Gli artisti iraniani contemporanei sono da tempo assai apprezzati in Occidente, dove sono stati inizialmente introdotti dalle performance di Shirin Neshat, loro compatriota da decenni auto-esiliata negli Stati Uniti e resa famosa grazie alle sue foto di donne velate e ricoperte di scritte a caratteri arabo-persiani. Tale aspetto ‘esotico’, peraltro aspramente criticato in Iran, dove questa corrente neo orientalista viene bollata come ciador art, in quanto il velo ne è assoluto protagonista, continua ad essere ricercato da critici, galleristi e organizzatori di mostre in Europa, Stati Uniti e Paesi del Golfo (questi ultimi veri e propri motori di promozione dell’arte iraniana all’estero), offrendo spazio solo agli artisti che si esprimono secondo coordinate etnicamente riconoscibili; e di fatto penalizzando in questo modo quelli che intendono usare linguaggi più universali senza necessariamente ricorrere a donne velate, calligrafia arabo-persiana, o a immagini che confermino gli stereotipi radicati in Occidente rispetto alla società d’Iran, soprattutto per quanto riguarda il suo segmento femminile. L’articolo esplora i limiti etnici e di genere entro cui i mercati occidentali costringono l’arte contemporanea persiana, operando, di fatto, una vera e propria colonizzazione culturale

Maria Carolina Brandi, Antonio Ricci

Condizioni di vita e di studio degli immigrati: i risultati di una ricerca

MONDI MIGRANTI

Fascicolo: 1 / 2014

Sinteticamente l'indagine presentata mostra che la maggioranza degli studenti non comunitari iscritti negli atenei del nostro Paese viene specificatamente in Italia per motivi di studio, nella maggior parte dei casi perché ritiene che questa scelta offra loro buone prospettive di carriera, sia in patria che in altre nazioni. Il processo di crescente internazionalizzazione degli atenei italiani è però in parte dovuto anche al numero di giovani, figli di famiglie immigrate che, compiuto il proprio ciclo di studi superiori negli istituti del nostro Paese, decidono di proseguire il proprio processo di formazione iscrivendosi all’università. Gli studenti stranieri provenienti dai Paesi non comunitari debbono affrontare costi e difficoltà notevoli. L’indagine ha permesso anche di delineare un quadro piuttosto esaustivo sull’inserimento degli studenti internazionali nel mondo del lavoro. Rappresentando un carico economico familiare non indifferente, molti studenti internazionali si adoperano per trovare un’occupazione, specialmente quando non sono assegnatari di una borsa di studio. Infine, l’indagine mette anche in evidenza un rapporto sostanzialmente positivo con la società italiana di molti tra gli intervistati e una generale soddisfazione per la propria esperienza in Italia. Tuttavia, la positiva esperienza negli atenei italiani non è sufficiente per molti studenti stranieri al punto da spingerli a scegliere l’Italia come il Paese di destinazione definitiva. Anzi, il fatto che in Italia le probabilità per un laureato di trovare un lavoro adatto alla propria qualificazione siano piuttosto limitate, spinge molti giovani a cercare una diversa destinazione per la propria migrazione per studio e ciò induce a riflettere, tanto per gli studenti esteri che per quelli italiani, al carente collegamento tra mercato occupazionale e sistema universitario.

Torino è una città fortemente colpita dal vento della crisi economica, e nella città la componente immigrata si trova in una condizione di particolare difficoltà. Il cuore della ricerca è costituita da un corpus di interviste biografiche a uomini disoccupati non comunitari, realizzate nel contesto di un Centro Territoriale Permanente per la formazione degli adulti, dove l’autore ha condotto uno studio etnografico. L’articolo descrive gli effetti della crisi economica sulle carriere degli intervistati e come la crisi economica abbia investito le diverse dimensioni della loro vita dando luogo a situazioni caratterizzate dalla disoccupazione di lunga durata, dal rischio di perdere lo status di immigrato regolare e da quello di perdere la casa, dalle tensioni interne ai nuclei familiari, etc. Nell’articolo si mette a confronto la condizione di due profili di disoccupati. Il primo profilo è composto da immigrati insediati da diversi anni, i quali avevano avviato progetti familiari e abitativi nella città messi in seguito a repentaglio dalla crisi. Il secondo profilo è composto da immigrati più giovani e di recente insediamento, da poco emersi dalla clandestinità, che a causa della crisi vedono ridursi opportunità e prospettive. Nell’uno e nell’altro caso la crisi economica sembra inasprire criticità già presenti da tempo, come la difficile condizione lavorativa, la precarietà dello status giuridico e il disagio abitativo.

Nell’ambito della popolazione migrante globale, i cittadini europei che vivono in un altro paese dell’UE godono di uno status giuridico eccezionale, in quanto dotati degli stessi diritti dei cittadini nazionali, eccetto il diritto di voto alle elezioni politiche. La domanda che guida questo articolo è: gli europei mobili che risiedono negli Stati dell’Europa meridionale vivono la loro esperienza come cittadini o come migranti? Basandosi su una recente ricerca sul coinvolgimento sociale e politico dei cittadini europei mobili, sia nell’ambito della partecipazione convenzionale, sia nell’ambito della partecipazione non convenzionale, l’articolo propone una comparazione tra le dinamiche di attivazione dei cittadini dell’Europa occidentale (britannici e tedeschi), al cui interno i "life-style movers" sono prevalenti, e dei cittadini dell’Europa orientale (polacchi e romeni), i cui percorsi rientrano nella più tradizionale esperienza migratoria. L’articolo analizza il ruolo delle associazioni di connazionali nella promozione dell’integrazione sociale e politica e nell’attivazione politica, concentrandosi sul ruolo svolto dalle donne nell’ambito delle reti formali ed informali. La femminilizzazione della mobilità è una caratteristica del modello mediterraneo di migrazione, per via delle caratteristiche del mercato del lavoro e per la presenza di coppie miste. Le migranti intracomunitarie si rivelano essere protagoniste anche nell’ambito delle dinamiche di integrazione socio-politica nei paesi di residenza e nella costruzione di network transnazionali.

Adriano Cancellieri

Giustizia spaziale: una nuova prospettiva per gli studi sull’immigrazione?

MONDI MIGRANTI

Fascicolo: 1 / 2014

La coabitazione tra "mondi sociali" differenti è sempre più una caratteristica degli spazi urbani, soprattutto grazie ai processi di territorializzazione della differenza generati dai flussi di migranti. La letteratura e le retoriche dominanti si sono troppo spesso limitate ad assumere un’immagine pre-costituita della differenza negli spazi urbani, di volta in volta come qualcosa "sempre" da assimilare, "sempre" da decostruire, "sempre" da difendere. Partendo da questa insoddisfazione nei confronti delle rappresentazioni dominanti, l’articolo si propone di indagare sul concetto di "giustizia spaziale", pressoché inesplorato nel contesto italiano, come possibile lente per analizzare i processi di territorializzazione della differenza. Attraverso questa prospettiva di giustizia, situata e processuale, l’attenzione viene posta sulle spazialità costantemente prodotte e riprodotte e sulle potenzialità e i vincoli dei luoghi che possono essere mobilitati o inibiti.

L’articolo mette in relazione i temi della giustizia spaziale con quelli delle forme di disuguaglianza scolastica a Milano, attraverso un doppio sguardo: una ricerca sulle dinamiche di segregazione scolastica a scala cittadina e una ricercaazione in una scuola ad alta intensità di iscritti di origine straniera. Il contesto milanese è caratterizzato da una crescente segmentazione della popolazione studentesca, che riflette non solo la differenziazione sociale e spaziale esistente nella popolazione urbana, ma anche inserti di nuove forme di segregazione sociale specificamente connesse a strategie individuali di aggiramento. La riflessione costruisce un nesso tra dinamiche spaziali di varia natura (conflitti, percezioni, concentrazioni, divisioni, convivenze) e i temi più strettamente legati alla segregazione, introducendo alcune tre chiavi interpretative con cui leggere uno specifico contesto: lo spazio del conflitto e della separazione; lo spazio del welfare; lo spazio delle responsabilità collettive.

Una città a misura di bambino è un’espressione comunemente usata per descrivere un modello di città giusta per tutti i suoi abitanti. I bambini vengono cioè considerati indicatori di qualità urbana e parametri di riprogettazione delle città e l’infanzia è presentata, in una sorta di equazione auto-evidente, come sinonimo di giustizia. Si ha giustizia quando si progetta e costruisce una città a partire dai bambini; una città è più giusta quando i diritti dell’infanzia sono rispettati. Ma quali immaginari stanno dietro l’idea di una città giusta? Di che diritto si parla quando si enuncia "Il diritto dei bambini alla città"? E, soprattutto, di quali bambini si parla? L’articolo, basandosi sulla prospettiva della nuova sociologia dell’infanzia, discuterà l’utilità del concetto di giustizia spaziale come possibile strumento interpretativo per riconoscere e comprendere la specificità dell’esperienza infantile nello spazio urbano.

L’articolo analizza alcuni aspetti legati alla presenza di famiglie di lavoratori migranti provenienti dalla provincia cinese dello Zhejiang nel distretto industriale di Prato. La ricerca etnografica condotta dagli autori evidenzia la centralità delle famiglie cinesi nelle recenti dinamiche della globalizzazione del settore manifatturiero del pronto moda e mostra come le risorse attivate dai meccanismi della reciprocità siano centrali nel sostenere la competitività e la flessibilità del sistema produttivo locale. Gli autori esplorano alcune pratiche, ambiti e situazioni della vita urbana, come le pratiche di gestione del tempo e della prole da parte delle famiglie, che, specie tra i nuclei meno abbienti, prevedono l’affidamento dei bambini per lunghi periodi ai nonni o ai parenti che vivono in Cina. Un altro ambito di analisi sono le politiche restrittive e discriminatorie adottate dall’amministrazione comunale circa l’utilizzo dello spazio pubblico nelle zone urbane a maggiore insediamento dei migranti.

Le social mixing policy rappresentano una modalità di intervento dominante nei contesti caratterizzati da concentrazione di popolazioni considerate "problematiche" a partire dagli immigrati. La letteratura internazionale ha fortemente criticato queste iniziative, mettendo in discussione anche i principi di giustizia spaziale mobilitati per giustificarle. Con riferimento al contesto italiano, l’articolo guarda alle mixing policy come un prodotto di narrative dei quartieri fragili che la stessa letteratura contribuisce ad alimentare e si interroga su quali pratiche di ricerca e azione possano offrire un contributo al superamento di questo approccio consolidato.

Elena Ostanel

Immigrazione e giustizia spaziale. Pratiche, politiche e immaginari

MONDI MIGRANTI

Fascicolo: 1 / 2014

L’articolo introduce il monografico ricostruendo il percorso che ha portato gli autori a concentrarsi sul concetto di giustizia spaziale per l’analisi della città della differenza. In questo articolo la lente teorico-concettuale della giustizia spaziale viene descritta come possibile sguardo per osservare l’esperienza urbana della migrazione e gli sforzi prodotti per ridefinire le geografie di appartenenza nelle città di arrivo. L’articolo ragiona su come usi inattesi dello spazio e nuovi sensi del luogo permettano di affermare una giustizia situata, capace di mettere in crisi politiche e interventi diretti ad anestetizzare lo spazio urbano, togliendo i corpi della differenza.

Adriano Cancellieri, Elena Ostanel

Introduzione

MONDI MIGRANTI

Fascicolo: 1 / 2014

Andreas Philippopoulos-Mihalopoulos

The Movement of Spatial Justice

MONDI MIGRANTI

Fascicolo: 1 / 2014

Spatial justice is a much-commented but little-analysed concept and practice. After a brief critical analysis of the origins and current positions of spatial justice, this text attempts a definition of spatial justice as corporeal movement across spatiality and temporality, and in relation to other bodies moving in the same way. This stripped-down and deceptively simple definition allows spatial justice to be understood not as some solution to regional politics of representation or resource allocation, but as the major geopolitical issue of our time, with relevance stretching to forced population movements, environmental issues, territorial disputes, minor urban incidents, even seats in a concert hall.

A cura della Redazione

Abstract

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Maddalena d'Alfonso

Un confronto sulla visibilità

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

L’occasione di un confronto sulla ‘visibilità’ tra Basilico e Siza avvenne nel 1996, nel Progetto Espositivo Uma cidade assim voluto dall’amministrazione di Matosinhos, un comune di circa 200.000 abitanti affacciato sull’oceano: una conurbazione ‘tipicamente portoghese’ di palazzine adiacenti alle industrie e ai magazzini, a ridosso di un ampio Porto commerciale. Sullo sfondo di questo paesaggio, i due artisti confrontarono le loro visioni e instaurarono un’amicizia. Pare che solo attraverso l’affettività o l’intima amicizia, infatti, sia possibile il riconoscimento che rende giustizia ai luoghi e alle persone che li hanno costruiti e abitati, in una parola all’esistenza complessa degli esseri umani sul territorio. Per questo l’indagine visiva risulta così impegnativa sul piano del tempo personale, della memoria e dello studio, impiegati per produrre il nuovo senso di una realtà oggi sovrarappresentata

A cura della Redazione

Recensioni

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Lucia Tenconi

Alle origini della Tecnologia dell’architettura

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Il saggio riscopre le origini della Tecnologia dell’architettura, uno dei pilastri conoscitivi su cui si basa, ancora attualmente, la formazione degli architetti. Esaminando le principali tappe di maturazione dell’insegnamento in un ambito culturale caratteristico - quello del Politecnico di Milano durante le contestazioni studentesche degli anni ’60 - emergono le implicazioni ideologiche attinenti il rapporto tra cultura tecnica e architettura