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Andreas Philippopoulos-Mihalopoulos

The Movement of Spatial Justice

MONDI MIGRANTI

Fascicolo: 1 / 2014

Spatial justice is a much-commented but little-analysed concept and practice. After a brief critical analysis of the origins and current positions of spatial justice, this text attempts a definition of spatial justice as corporeal movement across spatiality and temporality, and in relation to other bodies moving in the same way. This stripped-down and deceptively simple definition allows spatial justice to be understood not as some solution to regional politics of representation or resource allocation, but as the major geopolitical issue of our time, with relevance stretching to forced population movements, environmental issues, territorial disputes, minor urban incidents, even seats in a concert hall.

A cura della Redazione

Abstract

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Maddalena d'Alfonso

Un confronto sulla visibilità

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

L’occasione di un confronto sulla ‘visibilità’ tra Basilico e Siza avvenne nel 1996, nel Progetto Espositivo Uma cidade assim voluto dall’amministrazione di Matosinhos, un comune di circa 200.000 abitanti affacciato sull’oceano: una conurbazione ‘tipicamente portoghese’ di palazzine adiacenti alle industrie e ai magazzini, a ridosso di un ampio Porto commerciale. Sullo sfondo di questo paesaggio, i due artisti confrontarono le loro visioni e instaurarono un’amicizia. Pare che solo attraverso l’affettività o l’intima amicizia, infatti, sia possibile il riconoscimento che rende giustizia ai luoghi e alle persone che li hanno costruiti e abitati, in una parola all’esistenza complessa degli esseri umani sul territorio. Per questo l’indagine visiva risulta così impegnativa sul piano del tempo personale, della memoria e dello studio, impiegati per produrre il nuovo senso di una realtà oggi sovrarappresentata

A cura della Redazione

Recensioni

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Lucia Tenconi

Alle origini della Tecnologia dell’architettura

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Il saggio riscopre le origini della Tecnologia dell’architettura, uno dei pilastri conoscitivi su cui si basa, ancora attualmente, la formazione degli architetti. Esaminando le principali tappe di maturazione dell’insegnamento in un ambito culturale caratteristico - quello del Politecnico di Milano durante le contestazioni studentesche degli anni ’60 - emergono le implicazioni ideologiche attinenti il rapporto tra cultura tecnica e architettura

In Cina, negli ultimi anni, le politiche di pianificazione familiare e l’aumento delle aspettative di vita hanno causato la diminuzione della fertilità e l’invecchiamento della popolazione. Si è imposta una netta differenza tra aree rurali e urbane: nelle prime l’invecchiamento e il problema degli anziani sono di gran lunga superiori a quanto si verifica nelle seconde. La popolazione rurale è quindi debole come il ‘cavo di un albero’, tanto che il fenomeno è denominato ‘Villaggio Cavo’ (Hollow Village). I ‘Villaggi Cavi’ sono caratterizzati da una rapida trasformazione demografica e da un’intensa riorganizzazione socio-economica. Data la difficile situazione dell’assistenza medica nella Cina rurale, le politiche di supporto agli anziani dovrebbero creare più welfare, mantenendo il sostegno familiare e perseguendo il più generale obiettivo della coesione urbano-rurale

Qualità del paesaggio e strategie per un turismo sostenibile e ‘consapevole’ delle risorse culturali del territorio, in un’ottica di cultural planning: questo scritto affronta il complesso binomio ‘sviluppo turistico-tutela del paesaggio’. Il nodo è rappresentato dall’applicazione di strumenti di valutazione, di supporto ai processi di decisione per il governo del territorio, per selezionare le più opportune strategie di pianificazione riguardanti la salvaguardia del paesaggio e lo sviluppo del turismo. Gli strumenti di valutazione di ordine economico-estimativo, che si snocciolano lungo le fasi del processo di pianificazione dello sviluppo del turismo sostenibile, ricoprono di fatto un ruolo centrale. A partire da tali premesse, vengono illustrati ragionamenti metodologici ed operativi applicati al caso del Bacino Metallifero dell’Iglesiente in Sardegna

Nella cultura islamica le facciate non esprimono il prestigio sociale ed economico di chi vi abita. La parte più importante degli edifici sono i cortili, l’architettura è introversa e non dialoga minimamente con la trama delle strade che restano oscure, non sono usate e vengono percepite come poco sicure. L’articolo affronta il tema osservando i casi di Yazd, Kashan, Isfahan, Kerman, Shiraz in Persia. Mette in luce i problemi relativi all’uso notturno dei contesti urbani introversi, costruiti intorno alle corti interne e riflette sulle potenzialità e gli effetti di un adeguato piano di illuminazione urbana. Adottando un metodo analitico, il testo propone soluzioni che potrebbero supportare piani di rigenerazione urbana volti a migliorare anche la fruibilità nel centro storico nelle ore serali e notturne con particolare attenzione a opportune differenziazioni delle strategie di illuminazione a seconda dei contesti

Lorenzo Consalez

Scenari d’agricoltura urbana: un’indagine operativa

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

L’agricoltura urbana è il campo privilegiato delle trasformazioni della città/territorio contemporanea. Le recenti formulazioni del landscape urbanism interpretano Le dinamiche di sviluppo e di crescita attraverso un approccio ecosistemico inevitabilmente aperto alla interdisciplinarietà. Campo specifico della progettazione architettonica è la costruzione di scenari che illustrino ipotesi future spesso indefinite, che interroghino le possibilità più che offrire risposte univoche. Lo scenario è uno strumento che permette di muoversi in questa indeterminatezza mantenendo contemporaneamente il nuclei resistenti di senso del progetto, e la flessibilità figurativa capace di rappresentare ‘un futuro auspicabile ma non necessariamente prevedibile’

Paolo Bozzuto, Lorenzo Fabian

Per una possibile "urbanistica della bicicletta"

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Nel corso degli ultimi anni si sta manifestando una forma di ‘rinascimento’ internazionale dell’uso della bicicletta: un oggetto a basso contenuto tecnologico capace di configurarsi come mezzo di trasporto efficiente e sostenibile in un momento storico in cui i modelli della mobilità e i sistemi infrastrutturali, disegnati in funzione del trasporto individuale a motore, appaiono sempre più inadeguati a rispondere alle crescenti sfide ambientali, energetiche ed economiche del futuro. Ma la bicicletta, oggi, può diventare anche uno strumento d’avanguardia per la trasformazione urbana, per il ‘riciclo’ degli spazi della città e dei territori contemporanei: un medium, materiale e simbolico, in grado di costruire un legame fertile tra le pratiche disciplinari dell’urbanistica e l’esperienza quotidiana dell’abitare condivisa da una moltitudine di individui non detentori di un sapere esperto

Andrea Costa

I velodromi storici in Italia tra tutela e valorizzazione

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Sono circa cinquanta i velodromi italiani, per la maggior parte costruiti tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. Quasi tutti sono tutelati per legge dal Ministero Beni Culturali, in quanto immobili di proprietà pubblica la cui realizzazione risale ad oltre settant’anni, alcuni anche per Decreto: Torino, Crema e il Vigorelli di Milano, il più famoso, conosciuto nel mondo come ‘Scala del ciclismo’ per i record dell’ora e le grandi sfide che ha ospitato. Cosa fare oggi di queste importanti opere di architettura e ingegneria, che hanno un forte legame con la storia delle città a cui appartengono? L’esempio del vecchio velodromo Herne Hill di Londra ci insegna che il recupero di questi impianti può partire dalla stessa funzione per cui sono stati disegnati, dal ciclismo, intrecciandosi alle nuove politiche della mobilità urbana. In questi luoghi si può provare a coniugare la tutela della memoria e la costruzione di un nuovo modello di spazio pubblico

Stefano Barbò

Un’imponente costruzione in legno: la pista del Vigorelli

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

La "pista magica" del velodromo Vigorelli, costituisce una rara e preziosa testimonianza materiale delle grandi opere di carpenteria lignea del XX secolo. Realizzata su progetto di Clemens Schürmann per i campionati mondiali di Roma del 1932, trasportata ed adattata alla geometria del velodromo milanese, viene gravemente danneggiata dall’ultima guerra e ricostruita poco dopo. Momenti di cura e momenti d’abbandono si alternano, manutenzioni e restauri consentono al bene di giungere fino ai nostri giorni. Il rinnovato interesse per il Vigorelli, dimostrato dall’elevato numero di partecipanti al concorso internazionale di progettazione, insieme al recente decreto di tutela, aprono finalmente nuove prospettive per la conservazione e l’utilizzo della pista storica

Luigi Spinelli

Le cinque vite della "pista magica"

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Progettata per lo Stadio Nazionale di Roma nel 1932 e rimontata due anni dopo a Milano nel moderno impianto sportivo realizzato dal comune, la pista in listelli di Pino Siberiano di Clemens Schuermann, incassata nel terreno e protetta dalle gradinate, deve la sua scorrevolezza a una magica armonia di pendenze e raccordi, e gode di una particolare visibilità percettiva dell’insieme. Danneggiata da una bomba nel 1943, rinata tre anni dopo per essere famosa nel mondo, arena di concerti negli anni ’60 e di veglie e contestazioni nei ’70, crollata per la neve nel 1985, riaperta nel 1986 e chiusa nel 1988, restaurata scientificamente nel 1996, stadio di pugilato e di football americano, cinodromo e moschea, custodisce nel racconto tormentato e fantastico delle sue numerose vite una testimonianza significativa della città di Milano

Recentemente il Velodromo Maspes- Vigorelli di Milano è tornato protagonista di un serrato dibattito intorno alle sue sorti. Da un lato l’amministrazione comunale, decisa a trovare una strada per sfruttare l’impianto, si dota di un progetto tramite concorso che lo trasforma pesantemente, prevedendo la rimozione della storica pista di legno. Dall’altra i cittadini e i ciclisti che vorrebbero ricondurre il Vigorelli al suo uso ‘naturale’ ristrutturando e sfruttando il pregevole anello e mantenendo intatta la struttura storica. Lo sport che da decenni usa e mantiene l’impianto è il Football Americano, anch’esso motivato a preservare la memoria di questo luogo simbolo. Infine la Soprintendenza blocca l’esito del concorso decretando il vincolo sull’intero fabbricato, pur ammettendo le trasformazioni necessarie ad un suo utilizzo nel presente. Che prospettive si aprono dunque per il Velodromo milanese?

Andrea Di Franco

Il Velodromo Maspes-Vigorelli a Milano

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Il velodromo Maspes-Vigorelli potrebbe rappresentare un tassello nel percorso verso la progettazione della città pubblica, elemento da cui orientarsi verso un problema ben più ampio. La sua tanto particolare destinazione legata ad una configurazione e ad storia altrettanto speciale sostanzia un progetto basato sulla conoscenza profonda e l’uso misurato delle risorse disponibili; sull’idea di rigenerazione degli spazi fondata sia sulla riconoscibilità del valore, sia sull’aggiornamento dell’uso; sulla considerazione della economicità dell’intervento come tramite per la valorizzazione del carattere simbolico insito nel luogo e nell’uso specifico. Negli articoli del servizio concorrono gli sguardi della storia della città e della pista, dei cittadini, dell’amministrazione comunale e della Soprintendenza; insieme ai contributi rivolti alla riqualificazione della straordinaria struttura di legno e a quelli che mettano a fuoco le sfuggenti specificità delle attuali pratiche ciclistiche urbane

Paola Di Biagi

Abitare lo spazio comune: quotidianità, cura, progetto

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

L’abitare delle donne e il loro ruolo di costruttrici e progettiste di spazio può arricchire un vocabolario progettuale capace di ri-configurare ambiti comuni. Le sequenze spaziali e temporali che raccontano la quotidianità delle donne e i loro percorsi di vita, intessono reti che attraversano soglie e allargano la percezione della ‘domesticità’ verso l’esterno, mettendo in luce spazi che favoriscono lo scambio tra pubblico e privato e che divengono risorsa per progetti di riqualificazione. A partire da una riflessione sui soggetti che abitano, curano e trasformano lo spazio del quotidiano, il testo sostiene che simili prospettive di ricerca possano suggerire ai progettisti temi di lavoro per una nuova abitabilità realmente inclusiva, perchè capace di accogliere la pluralità di persone e pratiche che, ogni giorno, ridisegnano confini e soglie nei ‘territori domestici’

L’area metropolitana di Dunkerque è stata a lungo considerata un ‘laboratorio urbanistico’ esemplare, in cui sperimentare i molteplici processi decisionali promossi dal governo centrale, in particolare in materia di edilizia pubblica. Le militanti delle associazioni femminili e familiari di matrice cristiana (Ufcs, Apf/Cscv), per lo più relegate in una condizione di invisibilità in quanto prive di un lavoro salariato, assumono in questo contesto un ruolo attivo nei processi di apprendimento, comprensione e produzione urbana. Il contributo mette in luce i profili sociali delle militanti, le loro rivendicazioni, i repertori di azioni, nonché le alleanze che vengono tessute con le culture tecniche e con i rappresentanti politici, per evidenziarne i successi, i limiti e misurarne le eredità

Nell’Italia del secondo dopoguerra l’associazionismo femminile svolge un ruolo rilevante nel muovere delle critiche a democrazia e partecipazione, ponendo nuove domande di equità e di welfare veicolate dalla città e dall’abitare. Viene osservato in particolare il caso dell’Udi (Unione donne italiane) e la costruzione di un discorso su servizi e attrezzature pubbliche negli anni del miracolo economico. Il quartiere e la città vengono interpretati come un terreno fertile su cui esercitare una domanda competente, articolata in un ampio catalogo di servizi sociali: lavanderie condominiali e di quartiere, scuole e parchi urbani sono gli elementi costitutivi di un discorso sul welfare fortemente mediato da vissuti, militanza politica e saperi tecnici, in un momento in cui l’emergere della questione urbana e del dibattito sulla politica di piano rappresenta la cornice di riferimento imprescindibile con cui confrontarsi

La Torino degli anni ’60 e ’70 è il teatro in cui crescono e diventano adulti i figli degli immigrati meridionali arrivati durante il miracolo economico. Tra questi figli, maschi e femmine vivono lo spazio urbano in modo diverso. Gli uni fin da piccoli trascorrono il tempo libero per strada, luogo principale della loro socializzazione; le altre, soggette a un maggiore controllo da parte delle famiglie e investite molto presto da responsabilità di cura, trascorrono più tempo tra le mura domestiche e godono di una più limitata libertà di movimento. Tale differenza sorprendentemente si traduce in un vantaggio per le femmine: le traiettorie scolastiche e lavorative vedono proprio loro ottenere una maggiore mobilità sociale rispetto alle famiglie di provenienza, attraverso un più ampio utilizzo delle risorse offerte dalla città in termini di istruzione e accesso alle professioni impiegatizie