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In Cina, negli ultimi anni, le politiche di pianificazione familiare e l’aumento delle aspettative di vita hanno causato la diminuzione della fertilità e l’invecchiamento della popolazione. Si è imposta una netta differenza tra aree rurali e urbane: nelle prime l’invecchiamento e il problema degli anziani sono di gran lunga superiori a quanto si verifica nelle seconde. La popolazione rurale è quindi debole come il ‘cavo di un albero’, tanto che il fenomeno è denominato ‘Villaggio Cavo’ (Hollow Village). I ‘Villaggi Cavi’ sono caratterizzati da una rapida trasformazione demografica e da un’intensa riorganizzazione socio-economica. Data la difficile situazione dell’assistenza medica nella Cina rurale, le politiche di supporto agli anziani dovrebbero creare più welfare, mantenendo il sostegno familiare e perseguendo il più generale obiettivo della coesione urbano-rurale

Qualità del paesaggio e strategie per un turismo sostenibile e ‘consapevole’ delle risorse culturali del territorio, in un’ottica di cultural planning: questo scritto affronta il complesso binomio ‘sviluppo turistico-tutela del paesaggio’. Il nodo è rappresentato dall’applicazione di strumenti di valutazione, di supporto ai processi di decisione per il governo del territorio, per selezionare le più opportune strategie di pianificazione riguardanti la salvaguardia del paesaggio e lo sviluppo del turismo. Gli strumenti di valutazione di ordine economico-estimativo, che si snocciolano lungo le fasi del processo di pianificazione dello sviluppo del turismo sostenibile, ricoprono di fatto un ruolo centrale. A partire da tali premesse, vengono illustrati ragionamenti metodologici ed operativi applicati al caso del Bacino Metallifero dell’Iglesiente in Sardegna

Nella cultura islamica le facciate non esprimono il prestigio sociale ed economico di chi vi abita. La parte più importante degli edifici sono i cortili, l’architettura è introversa e non dialoga minimamente con la trama delle strade che restano oscure, non sono usate e vengono percepite come poco sicure. L’articolo affronta il tema osservando i casi di Yazd, Kashan, Isfahan, Kerman, Shiraz in Persia. Mette in luce i problemi relativi all’uso notturno dei contesti urbani introversi, costruiti intorno alle corti interne e riflette sulle potenzialità e gli effetti di un adeguato piano di illuminazione urbana. Adottando un metodo analitico, il testo propone soluzioni che potrebbero supportare piani di rigenerazione urbana volti a migliorare anche la fruibilità nel centro storico nelle ore serali e notturne con particolare attenzione a opportune differenziazioni delle strategie di illuminazione a seconda dei contesti

Lorenzo Consalez

Scenari d’agricoltura urbana: un’indagine operativa

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

L’agricoltura urbana è il campo privilegiato delle trasformazioni della città/territorio contemporanea. Le recenti formulazioni del landscape urbanism interpretano Le dinamiche di sviluppo e di crescita attraverso un approccio ecosistemico inevitabilmente aperto alla interdisciplinarietà. Campo specifico della progettazione architettonica è la costruzione di scenari che illustrino ipotesi future spesso indefinite, che interroghino le possibilità più che offrire risposte univoche. Lo scenario è uno strumento che permette di muoversi in questa indeterminatezza mantenendo contemporaneamente il nuclei resistenti di senso del progetto, e la flessibilità figurativa capace di rappresentare ‘un futuro auspicabile ma non necessariamente prevedibile’

Paolo Bozzuto, Lorenzo Fabian

Per una possibile "urbanistica della bicicletta"

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Nel corso degli ultimi anni si sta manifestando una forma di ‘rinascimento’ internazionale dell’uso della bicicletta: un oggetto a basso contenuto tecnologico capace di configurarsi come mezzo di trasporto efficiente e sostenibile in un momento storico in cui i modelli della mobilità e i sistemi infrastrutturali, disegnati in funzione del trasporto individuale a motore, appaiono sempre più inadeguati a rispondere alle crescenti sfide ambientali, energetiche ed economiche del futuro. Ma la bicicletta, oggi, può diventare anche uno strumento d’avanguardia per la trasformazione urbana, per il ‘riciclo’ degli spazi della città e dei territori contemporanei: un medium, materiale e simbolico, in grado di costruire un legame fertile tra le pratiche disciplinari dell’urbanistica e l’esperienza quotidiana dell’abitare condivisa da una moltitudine di individui non detentori di un sapere esperto

Andrea Costa

I velodromi storici in Italia tra tutela e valorizzazione

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Sono circa cinquanta i velodromi italiani, per la maggior parte costruiti tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. Quasi tutti sono tutelati per legge dal Ministero Beni Culturali, in quanto immobili di proprietà pubblica la cui realizzazione risale ad oltre settant’anni, alcuni anche per Decreto: Torino, Crema e il Vigorelli di Milano, il più famoso, conosciuto nel mondo come ‘Scala del ciclismo’ per i record dell’ora e le grandi sfide che ha ospitato. Cosa fare oggi di queste importanti opere di architettura e ingegneria, che hanno un forte legame con la storia delle città a cui appartengono? L’esempio del vecchio velodromo Herne Hill di Londra ci insegna che il recupero di questi impianti può partire dalla stessa funzione per cui sono stati disegnati, dal ciclismo, intrecciandosi alle nuove politiche della mobilità urbana. In questi luoghi si può provare a coniugare la tutela della memoria e la costruzione di un nuovo modello di spazio pubblico

Stefano Barbò

Un’imponente costruzione in legno: la pista del Vigorelli

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

La "pista magica" del velodromo Vigorelli, costituisce una rara e preziosa testimonianza materiale delle grandi opere di carpenteria lignea del XX secolo. Realizzata su progetto di Clemens Schürmann per i campionati mondiali di Roma del 1932, trasportata ed adattata alla geometria del velodromo milanese, viene gravemente danneggiata dall’ultima guerra e ricostruita poco dopo. Momenti di cura e momenti d’abbandono si alternano, manutenzioni e restauri consentono al bene di giungere fino ai nostri giorni. Il rinnovato interesse per il Vigorelli, dimostrato dall’elevato numero di partecipanti al concorso internazionale di progettazione, insieme al recente decreto di tutela, aprono finalmente nuove prospettive per la conservazione e l’utilizzo della pista storica

Luigi Spinelli

Le cinque vite della "pista magica"

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Progettata per lo Stadio Nazionale di Roma nel 1932 e rimontata due anni dopo a Milano nel moderno impianto sportivo realizzato dal comune, la pista in listelli di Pino Siberiano di Clemens Schuermann, incassata nel terreno e protetta dalle gradinate, deve la sua scorrevolezza a una magica armonia di pendenze e raccordi, e gode di una particolare visibilità percettiva dell’insieme. Danneggiata da una bomba nel 1943, rinata tre anni dopo per essere famosa nel mondo, arena di concerti negli anni ’60 e di veglie e contestazioni nei ’70, crollata per la neve nel 1985, riaperta nel 1986 e chiusa nel 1988, restaurata scientificamente nel 1996, stadio di pugilato e di football americano, cinodromo e moschea, custodisce nel racconto tormentato e fantastico delle sue numerose vite una testimonianza significativa della città di Milano

Recentemente il Velodromo Maspes- Vigorelli di Milano è tornato protagonista di un serrato dibattito intorno alle sue sorti. Da un lato l’amministrazione comunale, decisa a trovare una strada per sfruttare l’impianto, si dota di un progetto tramite concorso che lo trasforma pesantemente, prevedendo la rimozione della storica pista di legno. Dall’altra i cittadini e i ciclisti che vorrebbero ricondurre il Vigorelli al suo uso ‘naturale’ ristrutturando e sfruttando il pregevole anello e mantenendo intatta la struttura storica. Lo sport che da decenni usa e mantiene l’impianto è il Football Americano, anch’esso motivato a preservare la memoria di questo luogo simbolo. Infine la Soprintendenza blocca l’esito del concorso decretando il vincolo sull’intero fabbricato, pur ammettendo le trasformazioni necessarie ad un suo utilizzo nel presente. Che prospettive si aprono dunque per il Velodromo milanese?

Andrea Di Franco

Il Velodromo Maspes-Vigorelli a Milano

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Il velodromo Maspes-Vigorelli potrebbe rappresentare un tassello nel percorso verso la progettazione della città pubblica, elemento da cui orientarsi verso un problema ben più ampio. La sua tanto particolare destinazione legata ad una configurazione e ad storia altrettanto speciale sostanzia un progetto basato sulla conoscenza profonda e l’uso misurato delle risorse disponibili; sull’idea di rigenerazione degli spazi fondata sia sulla riconoscibilità del valore, sia sull’aggiornamento dell’uso; sulla considerazione della economicità dell’intervento come tramite per la valorizzazione del carattere simbolico insito nel luogo e nell’uso specifico. Negli articoli del servizio concorrono gli sguardi della storia della città e della pista, dei cittadini, dell’amministrazione comunale e della Soprintendenza; insieme ai contributi rivolti alla riqualificazione della straordinaria struttura di legno e a quelli che mettano a fuoco le sfuggenti specificità delle attuali pratiche ciclistiche urbane

Paola Di Biagi

Abitare lo spazio comune: quotidianità, cura, progetto

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

L’abitare delle donne e il loro ruolo di costruttrici e progettiste di spazio può arricchire un vocabolario progettuale capace di ri-configurare ambiti comuni. Le sequenze spaziali e temporali che raccontano la quotidianità delle donne e i loro percorsi di vita, intessono reti che attraversano soglie e allargano la percezione della ‘domesticità’ verso l’esterno, mettendo in luce spazi che favoriscono lo scambio tra pubblico e privato e che divengono risorsa per progetti di riqualificazione. A partire da una riflessione sui soggetti che abitano, curano e trasformano lo spazio del quotidiano, il testo sostiene che simili prospettive di ricerca possano suggerire ai progettisti temi di lavoro per una nuova abitabilità realmente inclusiva, perchè capace di accogliere la pluralità di persone e pratiche che, ogni giorno, ridisegnano confini e soglie nei ‘territori domestici’

L’area metropolitana di Dunkerque è stata a lungo considerata un ‘laboratorio urbanistico’ esemplare, in cui sperimentare i molteplici processi decisionali promossi dal governo centrale, in particolare in materia di edilizia pubblica. Le militanti delle associazioni femminili e familiari di matrice cristiana (Ufcs, Apf/Cscv), per lo più relegate in una condizione di invisibilità in quanto prive di un lavoro salariato, assumono in questo contesto un ruolo attivo nei processi di apprendimento, comprensione e produzione urbana. Il contributo mette in luce i profili sociali delle militanti, le loro rivendicazioni, i repertori di azioni, nonché le alleanze che vengono tessute con le culture tecniche e con i rappresentanti politici, per evidenziarne i successi, i limiti e misurarne le eredità

Nell’Italia del secondo dopoguerra l’associazionismo femminile svolge un ruolo rilevante nel muovere delle critiche a democrazia e partecipazione, ponendo nuove domande di equità e di welfare veicolate dalla città e dall’abitare. Viene osservato in particolare il caso dell’Udi (Unione donne italiane) e la costruzione di un discorso su servizi e attrezzature pubbliche negli anni del miracolo economico. Il quartiere e la città vengono interpretati come un terreno fertile su cui esercitare una domanda competente, articolata in un ampio catalogo di servizi sociali: lavanderie condominiali e di quartiere, scuole e parchi urbani sono gli elementi costitutivi di un discorso sul welfare fortemente mediato da vissuti, militanza politica e saperi tecnici, in un momento in cui l’emergere della questione urbana e del dibattito sulla politica di piano rappresenta la cornice di riferimento imprescindibile con cui confrontarsi

La Torino degli anni ’60 e ’70 è il teatro in cui crescono e diventano adulti i figli degli immigrati meridionali arrivati durante il miracolo economico. Tra questi figli, maschi e femmine vivono lo spazio urbano in modo diverso. Gli uni fin da piccoli trascorrono il tempo libero per strada, luogo principale della loro socializzazione; le altre, soggette a un maggiore controllo da parte delle famiglie e investite molto presto da responsabilità di cura, trascorrono più tempo tra le mura domestiche e godono di una più limitata libertà di movimento. Tale differenza sorprendentemente si traduce in un vantaggio per le femmine: le traiettorie scolastiche e lavorative vedono proprio loro ottenere una maggiore mobilità sociale rispetto alle famiglie di provenienza, attraverso un più ampio utilizzo delle risorse offerte dalla città in termini di istruzione e accesso alle professioni impiegatizie

Nel 1934, con l’istituzione della New York City Housing Authority nell’ambito delle politiche economiche inaugurate dal New Deal rooseveltiano, la riforma abitativa invocata da associazioni femminili e organizzazioni filantropiche all’inizio del Novecento, trova una prima formalizzazione attraverso l’intervento federale sul terreno dell’edilizia pubblica. L’articolo osserva il contributo di un numero di amministratrici, tecniche e riformatrici nella definizione dei lineamenti del public housing federale, nella codificazione di una disciplina e nella costruzione di un dibattito pubblico sulla casa economica a New York durante gli anni ’30. Il coinvolgimento istituzionale nell’elaborazione di standard e programmi, nella definizione di modelli e nella disseminazione di esperienze e politiche avviate in Europa durante gli anni ’20, mettono in luce un aspetto inedito del New Deal, rimasto sullo sfondo del racconto istituzionale

Per la borghesia italiana di primo Novecento lo spazio domestico è un codice che esprime valori e status, appartenenza di classe, virtù femminili e rispettabilità familiare. Per veicolare i messaggi che la società le affida, la casa si riempie di oggetti significanti e parla attraverso gli stili decorativi, l’articolazione delle stanze e i rituali che si sostanziano nella relazione tra gesti, arredi e spazi. Se l’allestimento di un interno confortevole è affidato alla donna ‘angelo del focolare’, la decorazione si afferma come uno dei cardini dell’istruzione femminile. Salute, comfort e morale, già rigorosamente intrecciati nel dibattito disciplinare sulla casa per le classi popolari, si impongono anche nella manualistica femminile destinata alla classe media. Le donne partecipano attivamente alla codifica e alla trasmissione dei linguaggi cui la casa dà forma: sono autrici riconosciute nella pubblicistica di settore e contribuiscono quotidianamente alla trasmissione di norme riguardanti ogni aspetto della vita familiare, dall’igiene alle buone maniere

Claudia Mattogno

Lo spazio urbano tra ricerca e progetto. Note per una lettura di genere

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

A seguito del Movimento Femminista si è sviluppata, dapprima in ambito anglosassone, un’articolata ricerca di genere in campo urbano che ha contributo in modi significativi a rinnovare lo sguardo all’interno delle tematiche dell’abitare. Per molte donne il passaggio da utente a progettista si è concretizzato non solo nella rivendicazione di un ruolo attivo, ma anche nell’assunzione di nuove consapevolezze che hanno generato riflessioni sui processi di segregazione urbana, sulle forme di partecipazione alla produzione e trasformazione dello spazio, sui modi in cui nel corso del tempo si sono declinati i ruoli femminili tra cura e progetto. Attraverso i percorsi di studiose, collettivi di ricerca e azione, atelier di progettazione e gruppi di indagine, vengono ricostruite alcune linee di un orizzonte assai variegato che coniuga studi di genere e studi urbani, evidenziandone la ricchezza delle elaborazioni e delle esperienze teoriche e operative

Paola Di Biagi, Cristina Renzoni

Domande di genere, domande di spazi. Donne e culture dell’abitare

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Il servizio intende indagare il ruolo delle donne nel corso del XX secolo nella costruzione di un vocabolario per parlare di città e il loro contributo nella messa a punto di linguaggi, progetti e strumenti tesi ad incidere sull’abitabilità dello spazio urbano. Una pluralità di apporti (individuali, di categorie professionali, associazioni) che fanno capo a numerosi soggetti e che hanno svolto un ruolo attivo, non sempre visibile ed esplicitamente riconosciuto, nella formulazione di domande e di diritti di cittadinanza, nella elaborazione di codici e manuali, nel consolidamento di narrazioni sulla dimensione spaziale dell’abitare. Sguardi di genere, oltre a partecipare a una ri-scrittura delle storie disciplinari capace di colmare omissioni e sottovalutazioni, possono oggi suggerire nuovi approcci e temi allo studio e al progetto della città contemporanea

Clara Irazàbal

Transbordering planning: esempi dalle Americhe Latine

TERRITORIO

Fascicolo: 69 / 2014

Le discipline spaziali sono chiamate ad interrogarsi con maggiore attenzione sul ruolo che le dinamiche transnazionali hanno nella configurazione del paesaggio contemporaneo, nelle sue forme urbane, sociali ed identitarie. Lo studio di processi transnazionali nel contesto latino-americano, all’interno e al di là delle sue frontiere politiche, sociali, culturali e simboliche, mostra come le popolazioni migranti trascendano, negozino e ridisegnino i confini dei regimi di potere esistenti, attraverso le proprie pratiche abitative e di mobilità a diverse scale. Transbordering Latin Americas, ultimo progetto del Latin Lab della Columbia University, presenta una serie di ricerche che ragionano sulla diffusione globale d’immaginari, modi d’abitare e luoghi latino-americani che riflettono e, al contempo, contestano le dinamiche transnazionali del capitalismo globale