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This article examines the history of the text published in 1636 as De gentilismo non retinendo and argues for referencing it by the title assigned to it in its second edition a year later. This choice not only honours Campanella’s ultimate preference but also more accurately captures the text’s role as a prolegomenon to his comprehensive encyclopaedic project aimed at a general reform of knowledge. Through a nuanced analysis of the Prologus, the article foregrounds key parts that have often been overshadowed in scholarship by its more explicitly anti-Aristotelian contents, and highlights Campanella’s fundamental rejection of dogmatism as a necessary prerequisite for philosophical inquiry. This strong stance, quintessential to Campanella’s intellectual legacy, represents both a distillation of his metaphilosophical approach and the foundational framework for the universal reform he envisaged as extending beyond philosophy into other realms such as religion and politics.
Obiettivo dell’articolo è contribuire alla comprensione dei meccanismi che permettono la persistenza del wrongdoing all'interno delle organizzazioni e nelle pratiche lavorative. La prospettiva offerta, complementare ai modelli incentrati sulle dinamiche di normalizzazione della devianza, mette in evidenza il ruolo dell’azione strategica del vertice organizzativo e dell’imprenditore nel sostenere il wrongdoing. L’articolo analizza la frode compiuta da Theranos, startup innovativa della Silicon Valley, che per anni ha ingannato medici, pazienti ed investitori affermando di aver inventato una tecnologia in grado di rivoluzionare le analisi cliniche. L’articolo mostra che il proseguimento della frode fu reso possibile dall’azione esercitata in modo continuativo dal vertice di Theranos, in particolare su quei dipendenti che non si conformavano automaticamente, acriticamente e passivamente alle pratiche lavorative non etiche e illegali adottate dalla startup. Utilizzando i concetti di uscita, voce e lealtà di Hirschman, l’articolo ricostruisce le strategie utilizzate per assicurare non solo il mantenimento del segreto circa le attività non etiche/illegali della startup, ma anche l’impegno dei dipendenti.
Elaborating on qualitative in-depth interviews with performing artists collected in Milan, the article expands on networking practices and emotional labour in entrepreneurial and precarious working environments. The study reflects on how networking narratives and emotional dispositions are adopted, reproduced and contested in a highly fragmented labour context. Looking at actors’ experiences, the study let emerge how instances of resistance to self-promotional logics are present together with the reproduction of dominant narratives of cheerful sociability that permeate the field of cultural and creative work. In this context, the notion of emotional labour on the one hand sheds light on the emotional aspects related to performing artists’ work that take shape off the stage and, on the other hand, is interconnected with experiences of precariousness and entrepreneurship.
A crucial aspect of the Chinese presence in Africa is the employment of transnational Chinese workers in the growing number of Chinese public and private enterprises. This paper stems from dissatisfaction with the rift between studies of Chinese workers in Africa, studies of Chinese state-sponsored globalization, and recent conceptualizations of transnational labor mobility. This rift has prevented the foregrounding of the simultaneous and co-produced movement of capital, firms, machinery and workers from China to Africa within Chinese government’s globalization strategies. I address this gap by bringing different literatures and approaches into dialogue. I engage in theoretical debates. I ruffle prevailing conceptualizations of transnational labor mobility in relation to capital mobility and methodological approaches that focus solely on receiving states. My central argument is that the mobility of workers from China to Africa should be discussed as a new mobility pattern.
L’autore incentra l’attenzione sulla fiducia richiesta nelle relazioni tra cittadini e la pubblica amministrazione in tutte le sue articolazioni (fiducia istituzionale), e, sulla base della concettualizzazione della fiducia istituzionale come un costrutto multi-livello, argomenta che due questioni meritano ulteriore attenzione: in che modo nel processo di sviluppo della fiducia i diversi livelli sono interrelati tra di loro, e sulla base di quali elementi si può sostenere che nella relazione al cittadino un pubblico ufficiale in quanto fiduciario ha interesse a essere affidabile. L’autore affronta queste due questioni e esplora in che modo un contributo alla loro risposta può essere fornito dalla considerazione della motivazione per il servizio/lavoro pubblico che può caratterizzare l’ethos e il comportamento lavorativo del pubblico ufficiale.
Il lavoro da remoto è, senza dubbio, una delle principali trasformazioni attualmente in corso nel modo del lavoro. Tuttavia, affinché questa modalità sia effettivamente “agile”, la remotizzazione deve essere supportata da adeguate pratiche organizzative e strumenti tecnologici. A partire dai dati INAPP della V indagine sulla Qualità del Lavoro del 2021, questo articolo intende far emergere alcune caratteristiche del lavoro da remoto svolto dai dipendenti pubblici, in una ottica comparativa rispetto a quelli del settore privato e limitatamente alle professioni telelavorabili. I risultati confermano che l’esperienza concreta di lavoro da remoto sperimentata dai dipendenti nel settore pubblico ha presentato maggiori criticità, riconducibili principalmente alla dimensione organizzativa, meno flessibile e rapida nell’allinearsi a questa tipologia di lavoro. Tali criticità si traducono in una maggiore diffusione di valutazioni negative sul lavoro svolto da postazione remota e in una minore disposizione ad adottarla nel futuro.
Il saggio analizza i vissuti in movimento dei nuovi docenti della scuola pubblica italiana, in ruolo e precari, per rilevare l’emergere di prospettive differenziate di mobilità sociale e professionale nell’epoca post-pandemica. Si situa nella geografia differenziale del Paese, attraversando il campo delle aree interne, per interpretare i sistemi motivazionali, le propensioni e le traiettorie di mobilità che i giovani lavoratori agiscono e ridefiniscono sulla base di bisogni e domande emergenti di abitare. Delinea uno scenario in cui, l’esposizione duratura alla precarietà e al rischio di insuccesso, favorisce il prevalere delle prospettive di benessere esistenziale rispetto a quelle di carriera. In un vivace “gioco di ruolo”, esposto a cambi di regole e mutamenti repentini, decade progressivamente l’obiettivo univoco della stabilizzazione, per favorire la ricerca di condizioni di vita più sostenibili, confortevoli e appaganti.
Il saggio si basa su un progetto di ricerca che ha coinvolto assistenti sociali che lavorano nei servizi pubblici, sociali e sanitari in alcune province del Nord Italia. La ricerca, che ha analizzato i cambiamenti nella domanda e nel bisogno di aiuto, nonché i metodi operativi degli assistenti sociali, conferma alcune tendenze che si riscontrano in letteratura. In particolare, gli intervistati sottolineano con forza la complessità che caratterizza il proprio lavoro, che riguarda sia le situazioni multiproblemiche affrontate sia il profilo delle organizzazioni di appartenenza, all'interno delle quali si gioca lo spazio dell'autonomia professionale e della valorizzazione o meno delle competenze. Di fronte alla crescente complessità, le organizzazioni sembrano reagire generando spazi di autonomia operativa o, in alternativa, standardizzando il Lavoro: sono queste le due traiettorie che segnano il profilo professionale dell'assistente sociale.
Il paper rappresenta una tappa di un percorso di ricerca sul care work in Italia, sviluppato tra il 2020 e il 2024, adottando una visione estesa del care work (ILO, 2018). L’analisi mette in luce le caratteristiche della care crisis quale manifestazione della contraddizione socio-riproduttiva del capitalismo contemporaneo (Fraser, 2016; 2024; Dowling, 2021), con impatti rilevanti su lavoratori e cittadini. Particolare attenzione è data al disinvestimento nel lavoro pubblico in sanità, alla crisi del ruolo dell’attore pubblico e alla riduzione degli spazi di rappresentanza. in tale contesto sono illustrate le principali evidenze di una survey condotta nel 2024 su circa mille professionisti sanitari non medici di Roma e Lazio, promossa da FP-CGIL. L’interpretazione adotta un approccio relazionale (Tilly, 1998), evidenziando criticità e possibili strategie di ricomposizione per rafforzare l’azione collettiva e migliorare le condizioni di lavoro nel comparto. ?
Nel corso della storia della Pubblica Amministrazione (PA), i modelli burocratici e post-burocratici hanno spesso convissuto, alternandosi in relazioni instabili di predominanza. La presenza simultanea di elementi appartenenti a entrambi i modelli ha dato origine, nel tempo, a un paradosso tra burocrazia e post-burocrazia. Sebbene negli studi sulla PA vi sia un crescente interesse per la prospettiva paradossale, il suo sviluppo nel tempo e nel contesto italiano rimane ancora poco approfondito. Per colmare questa lacuna, il presente articolo analizza come la PA abbia gestito il paradosso tra burocrazia e post-burocrazia negli ultimi trent'anni, adottando una prospettiva storica incentrata sul corso-concorso della Scuola Nazionale dell’Amministrazione. Il contributo teorico di questo studio consiste nell’evidenziare le variazioni nel tempo della rilevanza dei due poli del paradosso. Inoltre, si osserva come tale rilevanza differisca tra diversi ambiti organizzativi, influenzando le strategie adottate per affrontare il paradosso stesso. Infine, l’articolo propone implicazioni pratiche per un ampio spettro di professionisti, tra cui manager, policymaker e formatori.