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Understanding Reform of the Common Agricultural Policy - This note reviews a recent volume edited by Swinnen on the "political economy" of the 2003 reform of the Common agricultural policy in discussing the prospects for further reform in the post-2013 period. The 2003 reform was a product of elite decision- making, and its success was due in part to the deliberate attempt to limit its redistributive effects across member states. It is already clear that the post-2013 Cap will be accompanied by a redistribution towards the new member states, and this will increase the willingness of the older member states to countenance reform.
La pubblicazione in Italia di una serie di monografie offre lo spunto per una riflessione sulla qualità della politica di sviluppo rurale in corso. Si osserva, salvo alcune eccezioni, una gestione attratta da obiettivi di breve periodo, poco propensa ad impegnarsi nella selezione e finalizzazione degli interventi, nell’integrazione tra obiettivi settoriali e territoriali e nella cura dell’efficienza e dell’efficacia. La ricerca ha la responsabilità di analizzare e denunciare questo distacco tra analisi e prassi, per migliorare la qualità della programmazione dello sviluppo rurale in corso.
Il paper propone una lettura comparata dei saggi raccolti in un recente volume curato da Pecchi e e relativi alla riflessione keynesiana di lungo periodo contenuta in Economic possibilities for our grandchildren. Il commento si concentra su due delle principali previsioni di Keynes, cioè, il miglioramento del tenore di vita e il superamento del problema economico, fornendo una lettura alternativa, incentrata sul loro carattere utopico piuttosto che analitico. Sotto quest’ultimo aspetto, viene proposto un confronto con le tesi esposte da Keynes nella General Theory e quelle sviluppate dagli economisti della scuola postkeynesiana.
Un recente volume di McLure ha rivisitato il pensiero degli economisti italiani dei primi decenni del Novecento che costituirono quello che in Italia è definito l’indirizzo sociologico della Scienza delle finanze e che facevano riferimento alla metodologia sviluppata da Pareto. Tale indirizzo criticava l’approccio basato sull’individualismo metodologico e tentava di trovare spiegazioni delle scelte di finanza pubblica che tenessero conto della peculiarità delle decisioni prese da gruppi. Il tentativo dell’indirizzo sociologico purtroppo si esaurì negli anni Trenta, ma si può sostenere che contribuì a porre le fondamenta delle ulteriori ricerche economiche sulla finanza pubblica, avviate nei decenni più recenti.
Il rapido incremento dei prezzi agricoli ed energetici, che ha scosso i mercati internazionali durante il biennio 2006-2008, ha sollevato un acceso dibattito sulle cause all’origine di tale shock e sulle politiche più adeguate di risposta. Il ruolo dell’agricoltura nella produzione di fonti energetiche alternative ha rappresentato un aspetto importante di tale discussione. Spesso però, l’attenzione si è rivolta maggiormente sulla verifica della presunta corresponsabilità dei biocarburanti nella crescita dei prezzi di alcuni prodotti agricoli, piuttosto che su aspetti attinenti le potenzialità di sviluppo del settore delle bioenergie e i Paesi in via di sviluppo (Pvs), in particolare nell’ambito dello sviluppo rurale. Il lavoro si propone come una rassegna della letteratura che analizza lo scenario internazionale dei mercati agricoli nel periodo 2006-2008 e gli impatti sui Pvs derivanti dallo sviluppo del mercato dei biocarburanti, dedicando, infine, particolare attenzione, alle possibilità di un ruolo più attivo dei Pvs nell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, quali le bioenergie
I problemi economico-sociali del mondo rurale del secondo dopoguerra hanno avuto molto peso nella definizione della Carta costituzionale e nella elaborazione delle successive politiche agrarie. L’articolo, ricorda il ruolo della Commissione economica a sostegno del lavoro dei Costituenti, mettendo in evidenza due delle principali caratteristiche della Costituzione in tema di rapporti economici: a) la preminenza dei fini sociali verso cui devono essere indirizzate e coordinate le attività economiche e l’esercizio della proprietà privata; b) l’imposizione di obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata. Vengono inoltre descritte le iniziative di politica agraria successive all’entrata in vigore della Costituzione quali gli incentivi per la formazione della proprietà contadine, la proroga dei contratti agrari e i programmi di esproprio, bonifica e irrigazione
Fino agli anni Sessanta la Banca mondiale si è specializzata in prestiti per investimenti direttamente produttivi. Eppure, durante i primi anni Cinquanta, diversi suoi economisti erano favorevoli a concedere prestiti per investimenti di natura sociale o per il sostegno della bilancia dei pagamenti. Gli investimenti per l’edilizia rappresentano un buon esempio, dato che la Banca non concesse prestiti a tal fine perché erano considerati troppo sbilanciati verso esigenze di natura sociale e non direttamente produttivi come i prestiti per dighe o centrali elettriche. Questa scelta avrebbe pesato a lungo sulla storia della Banca, caratterizzandola come un’istituzione conservatrice.
Non vi fu assertore più alto delle ragioni dell’unità d’Italia e insieme delle ragioni del Mezzogiorno, di Giustino Fortunato. Il suo pensiero e la battaglia politica costituiscono una componente decisiva della memoria e riflessione storica che di qui al 2011 vogliamo e dobbiamo suscitare. Partendo dalla lezione fondamentale di stampo fortunatiano, la politica generale dello Stato deve cambiare guardando alla valorizzazione del Mezzogiorno nell’interesse di tutto il Paese. Le celebrazioni del 150° dell’Unità debbono assumere come impegno centrale quello di promuovere una rinnovata consapevolezza delle nuove opportunità che il Mezzogiorno - guardando anche alla sua proiezione nel Mediterraneo - può oggi offrire.
Lo scopo del presente lavoro è indagare i fattori che determinano la mobilità degli immatricolati alle università statali italiane. L’espansione del sistema di offerta e la decentralizzazione delle sedi didattiche hanno favorito una migliore accessibilità all’istruzione universitaria, accentuando l’attenzione sui fattori che condizionano la scelta della sede universitaria da parte degli studenti. Il paper esplora l’effetto "attrattività" delle sedi universitarie, definita a partire dalle caratteristiche dell’offerta formativa e da quelle del contesto urbano (qualità della vita, densità abitativa) in cui sono ubicate. Per analizzare la relazione tra caratteristiche delle sedi universitarie e mobilità degli studenti viene utilizzato un modello gravitazionale. Le elaborazioni mostrano che l’offerta formativa, la qualità della vita, la disponibilità di sussidi e la densità abitativa influenzano positivamente la mobilità degli studenti, mentre la distanza agisce da fattore inerziale.
Obiettivo di tale lavoro è quello di studiare il disagio minorile tra gli studenti nell’età cosiddetta evolutiva (9-14 anni) nel Comune di Cosenza, allo scopo di fornire alle strutture preposte della Pubblica Amministrazione un supporto al monitoraggio e alla realizzazione di adeguate politiche d’intervento. Per tale motivo è stata approntata una strategia statistica integrata per l’analisi strutturale del disagio, tenendo conto delle caratteristiche socio-demografiche e psico-linguistiche degli studenti coinvolti nella ricerca.
La struttura produttiva italiana, caratterizzata prevalentemente da piccole e medie imprese (PMI), è considerata come un fattore limitante della capacità di crescita economica, in considerazione delle limitate possibilità di effettuare investimenti, e quindi di fare progressi nel campo della ricerca e dell’innovazione. Le piccole e medie imprese vantano però un loro punto di forza ove esse siano organizzate in distretti industriali, molti dei quali sono noti come distretti del "made in Italy". Riprendendo le definizioni teoriche di distretto industriale, introdotte da Marshall e da Becattini e gli studi che hanno affrontato il problema dell’identificazione statistica dei distretti industriali1, in questo lavoro, dopo un’analisi critica delle metodologie attualmente applicate, si propone una metodologia alternativa. Essa intende ricercare un legame più stringente tra i concetti teorici utilizzati dagli economisti - come per esempio quelli di comunità di persone, di concentrazione e di specializzazione - e i concetti statistici che li possono meglio rappresentare.
Il lavoro qui presentato si inserisce nel filone di studi volto a definire e applicare appropriate metodologie statistiche per la sintesi di indicatori elementari. Il problema è qui declinato con riferimento ad alcuni indicatori elementari di dotazione infrastrutturale (categoria dei trasporti terrestri) disponibili per le province italiane. L’obiettivo del lavoro è di condurre un riscontro empirico su diversi approcci di sintesi, verificando in particolare la robustezza e l’affidabilità statistica dei risultati da essi ottenuti. Sono stati considerati tre distinti approcci di sintesi ponderata da porre a confronto, tutti e tre caratterizzati dall’intento di fondare la determinazione del sistema di pesi sulla variabilità dei dati elementari, sia pure variamente intesa e quantificata: il metodo tassonomico di Wroclaw; il metodo denominato delle penalità per coefficiente di variazione; il metodo denominato Benefit of the Doubt. Tale confronto, effettuato attraverso analisi di "sensitività" e di robustezza delle graduatorie ottenute con i diversi approcci, conduce al riscontro di una forte convergenza dei risultati ottenuti. In conclusione, dal lavoro svolto si può desumere che la geografia infrastrutturale risultante per il territorio italiano dai diversi approcci applicati appare statisticamente robusta, evidenziando ancora una volta una configurazione della dotazione infrastrutturale (qui dei soli trasporti terrestri) mediamente alquanto sbilanciata a sfavore di gran parte del territorio meridionale, nonché di alcune province prevalentemente appartenenti ai confini della ripartizione nord-orientale.
Il testo si interroga sul fenomeno dell’associazionismo comunitario a carattere residenziale negli Stati Uniti, di quelle aree residenziali (nel saggio indicate con Residential Private Enclaves) che, nel linguaggio comune, vengono prevalentemente definite con il termine di Gated Communities. E sono i ‘falsi miti’, le generalizzazioni errate che, nella percezione comune, proprio attorno alle Gated Communities si sono nel tempo stratificate (riducendo ai caratteri di queste un fenomeno invece ampiamente diversificato), che la prima parte del testo vuole cercare di mettere in discussione, dimostrando invece l’estrema varietà e complessità del fenomeno. Solo in questo modo, infatti, pare possibile cogliere appieno le sfide che questo modello insediativo pone alle tradizionali concezioni di città e di governo del territorio fondate sull’iniziativa pubblica, sfide sulle quali la seconda parte del saggio comincia tentativamente ad interrogarsi.
L’articolo presenta una lettura dei processi di trasformazione e di costruzione di "capitale territoriale" nelle città coinvolte da un grande evento. L’obiettivo è quello di sperimentare una metodologia di analisi utile a sviluppare riflessioni ed interpretazioni circa il ruolo dei grandi eventi come strumenti di sviluppo urbano. Distinguendo fra tre differenti accezioni di capitale (fisso, reticolare e relazionale), viene proposto uno specifico impianto metodologico che prevede la valutazione (attraverso interviste, letteratura scientifica, documenti di piano e dati empirici) di ciascuna componente. Tale metodologia è applicata per un confronto, attraverso la costruzione di diagrammi polari, tra i casi di Barcellona, Genova e Torino, città protagoniste negli ultimi anni di importanti trasformazioni connesse all’organizzazione di eventi di grande portata (Olimpiadi, Capitale Europea della Cultura, ecc.).
This paper reports an attempt to investigate the extent of club-convergence amongst the prefectures of Greece during the time period 1980-2005. A model is developed in an attempt to assess the impact of agglomerations and regional capacities on the innovation and adoption of technology. Empirical application of this model suggests that adoption of technology and diversity in a region’s economic structure are of critical importance in determining a club-convergence pattern. In addition, it is established that there is a significant spatial dimension to regional growth and that club-members are in close spatial proximity. One straightforward policy implication is that regional policies should provide the appropriate infrastructure in lagging regions so that they adopt advanced technology. . Convergenza-club regionale ed esternalità dinamiche (Articolo ricevuto, giugno 2008; in forma definitiva, gennaio 2009)
In this article, we test to what extent the Modifiable Areal Unit Problem (MAUP) moderates the effect of agglomeration externalities on areal sectoral employment growth by varying the initial geographical scale of analysis. Using spatial cross-regressive modelling, we find different effects of agglomeration forces across geographical scales. As the MAUP is a theoretical as well as a methodological problem, research should not only work with proper statistical specifications, but also relate this more explicitly to hypotheses concerning the geographical scale at which agglomeration externalities operate. .