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Il presente commento si propone di mettere in discussione parte di quanto esposto nel caso clinico proposto, non con finalità sterilmente polemiche, ma che favoriscano un confronto. Se è vero che l’adeguatezza della presa in carico e l’impegno profusi nell’approccio descritto siano indiscutibili, abbiamo trovato dei punti su cui ci troviamo in disaccordo e che, se rivisitati in un’ottica cognitivista, avrebbero aperto a delle alternative terapeutiche che avrebbero potuto dare risultati differenti in termini di recovery. Se infatti è innegabile che l’esito del trattamento sia stato benefico, ci piace immaginare la possibilità di un decorso diverso in risposta a diversi input; questo, sperando che le riflessioni proposte vengano accolte come spunti costruttivi e non come una critica fine a se stessa.