Gli Autori sviluppano in questo lavoro alcune riflessioni critiche sull’importanza prioritaria, che è stata data in Psichiatria, negli ultimi anni, agli aspetti diagnosticonosografici. Una psichiatria, principalmente polarizzata sul rilievo esasperato del sintomo, con l’unico scopo di elaborare nuove forme di classificazioni diagnostiche, è una psichiatria che perde di vista l’essere umano nella sua globalità, si disinteressa dello stato di sofferenza vissuta dal paziente, perde di mira la patogenesi del disturbo, commette un grossolano errore, nel momento in cui isola il sintomo dalla struttura di personalità, producendo errori altrettanto gravi a livello terapeutico-assistenziale. Tale prospettiva influenza, inevitabilmente, anche alcune forme di psicoterapie, sollecitando paradigmi e strategie di intervento, mirati prevalentemente alla risoluzione del sintomo e snaturando, così, anche il significato stesso del concetto di psicoterapia. Con la pretesa di definire criteri più oggettivi di selezione e categorizzazione dei pazienti, ai fini della ricerca, non ci si accorge di incrementare la disomogeneità. Un paziente infatti, non può essere confrontato con un altro, trascurando le caratteristiche dell’intera struttura di personalità, l’influenza su di essa esercitata dal sistema sociale e relazionale di riferimento e le sue capacità reattive. Di questo complesso sistema il sintomo, che ne costituisce solo la parte più periferica, non può rappresentare un criterio di omologazione valido. Una psichiatria, prevalentemente orientata alla sistematizzazione nosografica, trascura, inoltre, la relazione terapeutica, il rapporto comunicativo con il paziente, il lavoro di formazione e di analisi introspettiva del terapeuta, lo studio della psicopatologia, minando alla base le radici stesse della psichiatria.