L’imponente migrazione straniera, una migrazione inamovibile e crescente di famiglie, è vissuta dagli autoctoni massimamente in sostanziali termini di paura, seguendo il tradizionale percorso del pregiudizio. Studi ormai classici di sociologia, uniti ad altri studi, in particolare di psicologia, già evidenziavano queste e altre caratteristiche nella migrazione interna in Italia. Analisi e proposte non sembrano aver perduto validità se applicate alla migrazione attuale. Per i migranti la perdita della salute fisica e psichica è la perdita di tutto, e questo fornisce un primo possibile fondamento per il loro disagio psichico, ed anche per l’eccesso di ricoveri di urgenza e di trattamenti sanitari obbligatori. Per il migrante che cerca le cure solo quando è allo stremo sono necessari interventi forti di tipo psicosociale territoriale. Le ricerche sempre più accurate rivelano, quali cause determinanti o favorenti i disturbi psichici del migrante, le medesime cause relative ai disturbi psichici dell’autoctono. Risulta comunque evidente che, come per la tossicodipendenza, anche per la malattia mentale gli interventi fondati sul sociale sono inscindibili dagli interventi di ordine sanitario.