LIBRI DI SILVIA AMATI SAS

All’inizio degli anni Settanta Silvia Amati Sas ha cominciato ad occuparsi in modo pionieristico della cura psicoanalitica di persone provenienti dai Paesi latino-americani vittime di violenza sociale, soprattutto di donne segnate dall’esperienza della tortura morale e materiale. Il libro raccoglie una serie di scritti che toccano i temi più cari all’autrice: il rapporto tra la violenza sociale e l’impegno etico della psicoanalisi, la funzione della preoccupazione per l’altro da proteggere, l’emergere della vergogna all’interno della relazione terapeutica.

cod. 1217.3.16

Silvia Amati Sas

Etica e vergogna nel controtransfert

EDUCAZIONE SENTIMENTALE

Fascicolo: 30 / 2018

L’autrice sviluppa la propria indagine sulla posizione controtranferale del terapeuta quando è coinvolto dall’esposizione del paziente nell’esperienza d’estrema violenza sociale, esperienza che può smantellare qualsiasi organizzazione psichica. L’usuale comprensione analitica sembra futile e persino riduttiva quando si affrontano con il paziente le condizioni che hanno reso possibile quello "smantellamento". Amati Sas si interroga sul rischio etico per il terapeuta di colludere inconsapevolmente con il sistema torturante, sistema che è stato incorporato dal paziente e può conferire uno speciale "imprinting" alla situazione terapeutica. È possibile, infatti, "banalizzare" ciò che si ascolta e si sente, poiché anche il terapeuta tende a difendersi dall’ambiguità e ad adattarsi a qualsiasi cosa. Ecco perché è necessaria la più viva attenzione nell’interpretazione delle emozioni del paziente, condividendo con lui l’incertezza verso il comune contenitore sociale. L’inconscia paura del terapeuta di non essere in grado di dare un adeguato contenimento alla vulnerabilità del paziente genera vergogna. L’autrice propone un’attenta indagine sul valore etico e il significato della vergogna come sentimento nel controtransfert, al fine di una possibile interazione trasformativa della traumatica esperienza del paziente.

Silvia Amati Sas

Straniero-Familare. L’ovvietà del pregiudizio

SETTING

Fascicolo: 41-42 / 2016

L’Autrice, con una vasta produzione sul tema del trans-soggettivo in psicoanalisi e una straordinaria esperienza clinica di psicoterapie con vittime di regimi violenti e persecuzioni e i loro famigliari, affronta qui il problema dello "straniero" ed i principi (ideologici, giuridici, politici) che lo definiscono. Queste tematiche sono "nuovi disagi della civiltà" (Kaës) e ci rimandano ad un nuovo paradigma della psicoanalisi (Puget), ossia ai problemi della vincolarità o dei legami, delle alleanze e dei patti inconsci, relativi all’inevitabile dipendenza e partecipazione soggettiva ai gruppi di appartenenza, e ai pregiudizi legati ad essi. Si può ipotizzare che l’origine del pregiudizio sia nella cosiddetta "angoscia dell’ottavo mese" o "angoscia dello straniero", primo abbozzo osservabile del sentimento di appartenenza al gruppo familiare in relazione a qualcuno "fuori" di esso. Lo "straniero dell’ottavo mese", seme psichico dello sconosciuto e del nuovo.