L’esperienza cui ci si riferisce in questo scritto può essere annoverata tra quelle numerose che gli psicoterapeuti gruppoanalisti conducono e praticano da qualche decennio, nelle più diverse istituzioni, dalle sanitarie e parasanitarie alle scolastiche, alle organizzazioni produttive, alle carceri. Nell’articolo si dà conto riflessivamente di un lavoro psicoterapeutico condotto con un modulo insolito con gruppi di detenuti diagnosticati come alcolisti. L’insolito è dovuto alla co-conduzione degli stessi da parte di uno psicoterapeuta e di un ex alcolista, sobrio da undici anni, che aveva seguito un percorso di formazione alla conduzione di gruppi di auto-mutuo-aiuto, secondo un modello teorico elaborato da uno psichiatra della ex Iugoslavia, V. Hudolin. La loro contemporanea presenza nei gruppi, nel corso di cinque anni, ha prodotto una collaborazione sinergica tra chi, portatore di una formazione teorica gruppoanalitica, aveva la possibilità di leggere gli eventi individuali e gruppali in termini relazionali, e chi, con vissuti esperienziali di dipendenza dalla sostanza, era in grado di testimoniare il percorso faticoso di emancipazione compiuto e non mai definitivamente raggiunto.