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Silvia Vegetti Finzi

Questi nostri amati, temuti adolescenti

EDUCAZIONE SENTIMENTALE

Fascicolo: 30 / 2018

L’adolescenza è età di passaggio, da un mondo di accudimento ad una vita autonoma, libera e responsabile, motivo inevitabile di scoperte ed errori. Purtroppo i genitori di oggi, nei confronti di figli il più delle volte unici, ai quali anche in tempi di crisi non si fanno mancare possibilità che vanno oltre le richieste e i desideri stessi degli adolescenti, non aiutano il faticoso e necessariamente lento processo di maturazione ed anzi proiettano sui propri figli i propri desideri e ambizioni. Di qui i fenomeni di regressione ad un’infanzia troppo precocemente abbandonata e la tendenza a far propri anzi tempo comportamenti e decisioni che richiedono la capacità di desiderare, di attendere, di immaginare.

Silvia Vegetti Finzi

La memoria del silenzio

EDUCAZIONE SENTIMENTALE

Fascicolo: 28 / 2017

Gli eventi del secolo scorso ci lasciano ancora incapaci di delineare un futuro possibile e desiderabile. Nel frattempo spariscono gli ultimi protagonisti, testimoni dei fatti oggettivi, delle emozioni con cui sono stati vissuti, delle omissioni con cui sono stati scritti nella memoria individuale e collettiva. Questa è anche l’esperienza dell’Autrice che aveva sette anni quando la guerra finì. La sua è una memoria fatta di un silenzio dettato dalla paura, dalla stanchezza e forse dalla speranza cioè dei genitori che, tagliando il filo della memoria, per i figli sarebbe stato più facile divenire adulti normali al riparo dai colpi della storia. Solo che i traumi senza parole s’incistano nel corpo come un alimento non metabolizzato o, come afferma Bion, come un elemento beta che non è stato alfabetizzato. In fondo l’angoscia è la memoria del silenzio, la sua verità. Indelebile scia, trascorre di padre in figlio lungo una segreta genealogia delle passioni. Per cui, come nel peccato originale, l’umanità soffre anche di quel che non sa, di una colpa dimenticata che non prevede redenzione. Secondo la mistica ebraica del ’600 quando il Verbo divino si ritira per lasciar posto al mondo, nello spazio che si è prodotto vagano lettere e numeri caoticamente sparsi, brandelli del nome di Dio. Il compito dell’uomo sarà allora quello, inesauribile, di raccoglierli, numerarli, riordinarli, ricombinarli in parole e connetterli in racconti perché la creazione possa essere portata a termine, non da Dio, ma dagli uomini che sanno dialogare con altri uomini capaci di interrogare, ascoltare, comprendere, conservare e tramandare

Silvia Vegetti Finzi

Memoria e rimozione: il buon uso del ricordo

EDUCAZIONE SENTIMENTALE

Fascicolo: 27 / 2017

Vale per i popoli quello che vale per gli individui: non vi è identità senza memoria. Per questo ricordare è una necessità. La nostra biogra?a tuttavia incontra continuamente cancellazioni, interruzioni, deviazioni che la psicoanalisi s’incarica di colmare e organizzare in una narrazione coerente. Ma la rimozione resta, entro certi limiti, un’attività necessaria in quanto non costituisce l’antitesi della memoria ma una sua componente, un dispositivo necessario al suo funzionamento. Dagli anni ’50 in Italia è prevalsa una voglia di dimenticare che ha prematuramente cancellato le vicende della dittatura, delle persecuzioni politiche e razziali, della guerra, della resistenza, del con?itto civile che ha caratterizzato il primo dopoguerra. Probabilmente non era possibile ricordare tutto, mantenendo vivo il con?itto. Nella maggior parte delle famiglie i genitori non hanno trasmesso ai ?gli la memoria delle loro vicissitudini, non hanno narrato le loro esperienze, dato parola alla paura, alla colpa, al rimorso, all’orgoglio o alla vergogna che accompagnano i grandi eventi storici. Come se fosse disdicevole e inopportuno ricordare il passato tanto per i persecutori quanto per i perseguitati. Si è così prodotta una società che è rimasta in parte priva d’identità nazionale, di sentimenti di cittadinanza, dotata di un debole senso dello stato e della responsabilità collettiva, incapace di accettare le regole del vivere civile. Di fronte a un eccesso di rimozione, suggerisce Freud, occorre recuperare ciò che è stato, non solo per conoscerlo ma per riviverlo, per collegare in modo pertinente i fatti e gli affetti, le azioni e le emozioni. Solo al termine del processo di storicizzazione degli eventi alla tentazione della vendetta e alla logica della pena si può sostituire l’amnistia che, perdonando i colpevoli, non gli errori, ricostituisce il tessuto sociale dilacerato. Se questo "lavoro" non accade il rimosso ritorna come un rigurgito a perturbare la convivenza civile.

Silvia Vegetti Finzi

Corpo macchina e soggettività femminile

COSTRUZIONI PSICOANALITICHE

Fascicolo: 2 / 2001

A partire dal Saggio sull’intelletto umano di Locke, del 1691, l’identità si pone come un problema, una volta che il concetto di anima unica, individuale e universale sia stato distrutto. Il quesito assume, come nota Remo Bodei, la forma del trauma e del lutto: "che cosa resta di me dopo che il mio corpo si consuma nel tempo e le mie idee si dissolvono?" Su questo interrogativo Silvia Vegetti Finzi sviluppa il concetto di identità corporea femminile, in una prospettiva psicoanalitica nella quale essa viene letta non già nell’evidenza dei suoi segni, ma sull’Altra scena, quella dell’inconscio. Nel percorso viene presa in considerazione la crisi dell’Io-pelle, i concetti di Io narrante e Io mitopoietico, per giungere a considerazioni relative alla società attuale e all’identità in relazione al cyberspazio.

Silvia Vegetti Finzi

Un'introduzione a La notte dell'anima

COSTRUZIONI PSICOANALITICHE

Fascicolo: 1 / 2001

Un libro complesso, difficile, che però ripaga il lettore di aver attraversato un terreno tra i più impervi ma anche tra i più ricchi della psicoanalisi, cioè quello del simbolo.Tema del libro in realtà non è tanto il simbolo quanto la simbolizzazione, con tutte le sue complesse peripezie che vanno dalle lusinghe della totalità ("voglio tutto subito" secondo il principio di piacere) alle dilazioni del possibile (principio di realtà). Dall’onnipotenza dell’immaginario alla subordinazione del simbolico alla legge che lo governa. Il titolo del libro non è immediatamente trasparente al lettore. In senso retorico significa fare esperienza del grado zero della comunicazione, cioè affrontare il mutamento catastrofico. "La trasformazione in zero" dice l’autore "corrisponde alla visione cui erano ammessi gli iniziati nei misteri eleusini", quindi c’è qualcosa che compare alla visione. Qui siamo giunti al simbolo come limite, come "non oltre" della conoscenza, come un aldilà che si lascia intuire, come durante i misteri, ma che non si lascia conoscere nel senso razionale del termine. Il riconoscimento del soggetto che si ha alla fine dell’analisi per Lacan non consiste nel gioco dell’intersoggettività. Conclude così Lacan: "Quando vogliamo raggiungere nel soggetto ciò che stava prima dei giochi seriali della parola" "quindi questo punto zero cui tende Bion" "e ciò che è primordiale alla nascita dei simboli, lo troviamo nella morte, donde la sua esistenza trae tutto ciò che di senso essa ha".

Silvia Vegetti Finzi

Contrappunto alle relazioni

COSTRUZIONI PSICOANALITICHE

Fascicolo: 1 / 2001

Penso, come Bauleo, che queste siano le occasioni più importanti perché si confronta la riflessione con la pratica, il passato con il futuro. Sono molto contenta di essere qui grazie a Voltolin. Sono più ottimista di lui su Sesto San Giovanni in quanto, confrontandola con il resto delle città e con le mie altre occasioni d’incontro, devo dire che è una realtà sociale straordinaria che ha conservato memoria del proprio passato, e non a caso questa iniziativa sorge proprio qui. Non sarà facile riprendere i temi che sono stati trattati questa mattina nelle tre relazioni che mi hanno preceduta. Ho notato però una cosa: qui si è fatta veramente psicoanalisi, nel senso che c’è stata storia, utopia e soprattutto interrogazioni. Nessuno ha portato delle conoscenze definitive, ma tutti hanno aperto continuamente a nuovi contesti di riflessione e di crescita. Questa esperienza mi fa pensare ai policlinici psicoanalitici, innanzitutto a quello di Berlino degli anni ’20; mi fa pensare all’impresa di Alexander Mitscherlich del ’56 ad Heidelberg, di una clinica psicoanalitica aperta al sociale, che ha poi portato anche all’apertura a Berlino dell’istituto "Sigmund Freud", dove si facevano studi simili ai nostri di oggi, ovvero psicologia aperta alla società. Come saprete, Mitscherlich è l’autore di Verso una società senza padre, un libro molto datato, ma profetico, perché più e più volte si è parlato dell’eclissi del padre, il che non vuol dire che non rimanga una funzione superegoica interna, ma ancora più forte ed incontrollabile in quanto priva di un referente esterno, e quindi di possibili modulazioni nel corso dell’esperienza reale. Voltolin ha fatto riferimento a due autori: Reich e Adler. Reich ha tentato per primo di articolare la psicoanalisi con il marxismo che agiva all’interno del movimento operaio, e ha trovato dei mediatori, per usare una parola di Napolitani, nell’autoritarismo.

Silvia Tosi, Mathilde Meriaux, Thea Rimini, Jennifer Denis

Come si pensa e si organizza la fine di una psicoterapia?

RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE

Fascicolo: 51 / 2020

La ricerca qualitativa svolta mira a indagare il vissuto e le azioni del terapeuta al momento della fine di una psicoterapia. Il campione è costituito da tre psicoterapeute belghe che sono state incontrate singolarmente nel contesto di un’intervista di esplicitazione. I risultati ottenuti hanno permesso di osservare che un fattore indispensabile per poter concludere bene una psicoterapia è la presenza di una buona alleanza terapeutica. Inoltre, è stato possibile osservare che le terapeute intervistate hanno co-costruito insieme ai rispettivi pazienti la chiusura della terapia e ciò ha favorito il processo di separazione. È stato possibile osservare che la chiusura di una psicoterapia è un momento importante del percorso clinico. Inoltre, se la conclusione della terapia è preparata ed elaborata per tempo insieme al paziente, egli può avere la possibilità di sfruttare al meglio tale processo e di viverlo come un’apertura verso nuove possibilità ed esperienze.

Silvia Tosi, Dan Bloom, Marialuisa Grech

Recensioni

QUADERNI DI GESTALT

Fascicolo: 1 / 2023

Pizzimenti M., Bellini B. (2022). Sessuologia della Gestalt. Manuale imperfetto per continuare la rivoluzione sessuale. Con i contributi di Sara Bouchard e Flavia Mahnic. Milano: FrancoAngeli Editore. ISBN: 978-88-351-3507-4, pp. 258, € 32,00

Bramucci A. (2022). Dipendo dunque esisto. L’addiction attraverso la Gestalt e non solo. Assisi: Cittadella Editrice. ISBN: 978-88-308-1824-8, pp. 200, € 15,90

Silvia Tosi, Dan Bloom, Joseph Melnick

Recensioni

QUADERNI DI GESTALT

Fascicolo: 2 / 2022

- Dreitzel P. (2018). The Art of Living and the Joy of Life. Development and Maturity in a Changing World. Siracusa: Istituto di Gestalt HCCItaly Publ. Co. (www.gestaltitaly.com). ISBN: 978-88-989-1207-0, pp. 339, € 39,00
- Kato J., Klaren G., Levi N. (Eds.) (2019). Supporting Human Dignity in a Collapsing Field: Gestalt Approach in the Social and Political Contexts. Siracusa: Istituto di Gestalt HCC Italy Publ. Co. (www.gestaltitaly.com). ISBN: 978-88-989-1223-0, pp. 243, € 40,00