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Molti interrogativi sull’esistenza di strutture cerebrali implicate nella percezione e organizzazione dello schema corporeo nascono già nel diciannovesimo secolo dall’osservazione clinica di pazienti affetti da "turbe" dell’immagine corporea. Dalle prime descrizioni di Gerstmann, Pick, Babisnski e altri, molti studi successivi hanno aggiunto informazioni e hanno chiarito aspetti fondamentali di sindromi quali l’autotopoagnosia, la sindrome del giro angolare, l’anosognosia o la somatoparafrenia. Questo studio mira a verificare se gli strumenti neuropsicologici utilizzati in queste sindromi possono essere efficacemente applicati ai pazienti dopo un periodo di coma.
Ogni cultura possiede un suo lessico emotivo che rende possibile la condivisione sociale dei feelings che sono pur sempre un’esperienza profondamente privata e soggettiva. Seguendo gli studi di Damasio (2003), le emozioni, che darebbero forma alla maggior parte delle nostre esperienze quotidiane, possono essere considerate percezioni dello stato del nostro corpo modificato dalle interazioni con stimoli esterni. Lo studio si focalizza sulla selezione, all’interno del più ampio e generico lessico emotivo, di un set di termini specifici per descrivere affettivamente il prodotto vino. Partendo da una lista di 453 termini tratti dalla letteratura, attraverso 3 studi, sono stati selezionati 16 aggettivi emozionali che permettono alle persone di descrivere in modo "emotivamente particolareggiato" le personali esperienze di assaggio e consumo del vino.
Scopo di questo articolo è analizzare la situazione socio-demografica di un gruppo di 208 alunni stranieri residenti nel Comune di Verona, che frequentano le scuole dell’infanzia statali, comunali e private della città. Il flusso in ingresso costantemente in aumento, la percentuale sempre maggiore di donne e bambini stranieri, le nuove nascite di minori con passaporto estero avvenute nel nostro Paese ed infine, l’entrata nell’Unione Europea della Romania, che ha determinato una rapida crescita della presenza di cittadini romeni nel territorio italiano, rendono urgente la necessità di effettuare studi che forniscano dati sull’integrazione degli alunni stranieri figli di immigrati, partendo appunto dalla distribuzione dei cittadini stranieri sul territorio, dalla composizione delle loro famiglie, dalla loro capacità reddituale, dal titolo di studio che possiedono, le loro aspettative ed i loro programmi per il futuro.
L’articolo si colloca all’interno del dibattito sulla definizione della conoscenza: "che cos’è la conoscenza", "come viene acquisita, rappresentata, utilizzata". L’ipotesi principale del presente lavoro coincide con la verifica sperimentale di un modello cognitivo di organizzazione delle conoscenze, secondo un processo di elaborazione di materiale conoscitivo (sul tema della psicologia generale) nella forma di mappa concettuale che si assume generalizzabile ai saperi (in genere).
Prendendo spunto dal lavoro auto-etnografico di Francesca Cappelletto sulla relazione fra medico e paziente, questo contributo intende riflettere sull’impatto dell’organizzazione sociale dei servizi biomedici nel limitare la possibilità di partecipazione dei pazienti all’elaborazione del significato dell’esperienza di malattia. Adottando una prospettiva antropologica si vuole parimenti mettere in evidenza quanto tale partecipazione potrebbe ridefinire l’incontro terapeutico come locus di trasformazione dell’esperienza.
Nel lavoro antropologico di Francesca Cappelletto, un ruolo centrale ha svolto la ricerca sulla memoria delle stragi di civili compiute dalle truppe nazifasciste nella Toscana del 1944. In particolare, Francesca ha condotto una ricerca etnografica su due paesi colpiti da gravissimi eccidi, Civitella Val di Chiana e Sant’Anna di Stazzema. Questo articolo discute brevemente quattro aspetti fra i più significativi ed originali degli studi di Francesca: a) il rilievo dato al ruolo della "comunità mnemonica" come soggetto delle pratiche pubbliche del ricordo; b) la critica alla nozione di "memoria collettiva" e l’accento posto sul conflitto come elemento strutturante della memoria; c) il ruolo complementare delle narrazioni e delle immagini nella trasmissione generazionale della memoria; d) i problemi cognitivi ed etici che caratterizzano il rapporto tra ricercatore e narratori nello studio della memoria traumatica.
Questo articolo si propone di mettere in luce il contributo portato da Francesca Cappelletto al rinnovamento dell'antropologia alpina. Dopo avere delineato le varie fasi che hanno scandito la storia delle ricerche antropologiche sulle Alpi nel corso del XX secolo, l'articolo ripercorre la formazione e gli inizi della carriera di questa studiosa, concentrandosi poi sulle indagini da lei condotte tra il 1984 e il 1992 a Bagolino, una comunità delle Alpi bresciane, e in particolare sul suo famoso carnevale. Si sottolinea come l'accurato studio di Francesca Cappelletto abbia saputo coniugare due diversi stili di ricerca sul campo, offrendo in tal modo un raro esempio di equilibrio metodologico che può aiutare l'antropologia alpina, e l'antropologia più in generale, a non cedere alle tentazioni della superficialità e dell'improvvisazione e a raccogliere gli stimoli offerti da orientamenti teorici diversi e apparentemente in conflitto tra loro.
La ricerca si è proposta di studiare la qualità delle interazioni triadiche in famiglie con bambini in età prescolare, considerando il possibile ruolo di due fattori contestuali, la relazione di coppia e il coinvolgimento del padre nella cura del figlio, nell’influenzare la co-costruzione delle dinamiche familiari. Allo studio hanno partecipato 19 famiglie appartenenti ad una popolazione non clinica reclutate ai corsi di psicoprofilassi al parto. Il disegno longitudinale della ricerca ha previ- sto 5 tappe di somministrazione: al 7° mese di gravidanza è stata somministrata la Dyadic Adjustment Scale ad entrambi i partner; al 4°, 9° e 12° mese del bambino sono stati somministrati alle madri e ai padri la Dyadic Adjustment Scale e il Questionario sul Coinvolgimento paterno; a 4 anni del bambino sono stati somministrati alle madri e ai padri la Dyadic Adjustment Scale e il Questionario sul Coinvolgimento paterno e, alla triade familiare, il Lausanne Trilogue Play. I risultati hanno evidenziato che la qualità delle interazioni triadiche familiari valutata a 4 anni dei bambini risulta significativamente associata al grado di coinvolgimento paterno nella stessa fase temporale. Viceversa la qualità della relazione di coppia, considerata longitudinalmente, non sembra un fattore connesso alle competenze interattive familiari.
Le ricerche sulla Teoria della Mente (capacità di riconoscere e attribuire stati mentali a sé e agli altri e di ritenerli causa dei comportamenti) si sono rivolte recentemente anche allo studio della comprensione di stati mentali complessi, sia 129 epistemici che emotivi, che compaiono in età successive alla comprensione della falsa credenza, acquisita intorno ai 4 anni. Gli strumenti di misura della Teoria della Mente adatti a valutare tale capacità, che diventa nello sviluppo sempre più raffinata e articolata, in bambini di età scolare sono relativamente scarsi, in particolare essi riguardano la comprensione di stati mentali a partire da racconti di situazioni o da stimoli percettivi, quali la visione dell’espressione di occhi o volti. Adottando una definizione di Teoria della Mente, che ne riconosce la multicomponenzialità, viene presentato un nuovo strumento, il "Test Vocale sugli Stati Mentali" (TVSM), per valutare la comprensione di un’ampia gamma di stati epistemici ed emotivi complessi nei bambini di 6-11 anni, a partire unicamente da stimoli vocali (indici non verbali della voce). Vengono presentate le fasi di costruzione, validazione (condotta su 220 bambini) e affidabilità (alfa di Cronbach su un campione di 170 bambini e test-retest su 141 bambini) del test, dimostrando le buone proprietà psicometriche del TVSM, che si rivela un valido strumento avanzato di misura della Teoria della Mente. Si è, inoltre, verificato che la prestazione al test è influenzata dall’abilità verbale (PPVT-R) e non dal quoziente intellettivo non verbale (matrici di Raven).
Nella presente ricerca, si è analizzata l’efficacia di alcuni modi di contatto nel migliorare le relazioni tra Italiani e immigrati. In particolare, si sono confrontate la teoria del contatto intergruppi (Brown e Hewstone, 2005), il modello dell’identità dell’ingroup comune (Gaertner e Dovidio, 2000), il modello dell’identità duplice (Gaertner et al., 2000). Lo strumento utilizzato era un questionario. I partecipanti, tutti Italiani, erano lavoratori di aziende in una regione del Nord. L’ipotesi era che la salienza dell’identità comune sarebbe stata la modalità di contatto più efficace per migliorare le relazioni tra Italiani e immigrati entro il contesto di lavoro. La generalizzazione degli effetti del contatto alla categoria generale degli immigrati avrebbe dovuto, invece, essere più forte quando, negli incontri tra lavoratori italiani e stranieri, era saliente l’identità duplice. I risultati hanno confermato l’ipotesi relativa all’efficacia dell’identità comune, anche se non si sono rilevati i previsti effetti di moderazione. Sono state, infine, discusse le implicazioni pratiche e teoriche dei risultati ottenuti.
L’obiettivo di questo lavoro è approfondire se e in che misura alcune caratteristiche individuali, come le strategie di coping, l’ego- resiliency e l’autoefficacia sociale, sono associate ad un diverso orientamento verso il futuro degli adolescenti. Intendiamo anche valutare il ruolo che le differenze di genere possono svolgere nel mediare tali ordini di variabili. Metodologia. La ricerca si è svolta su 243 adolescenti (115 maschi e 128 femmine; età media = 18,6 anni; d.s. 2) divisi in due gruppi: soggetti con atteggiamento positivo verso il futuro (145 soggetti di cui 67 maschi e 78 femmine) e soggetti con atteggiamento negativo verso il futuro (98 soggetti di cui 48 maschi e 50 femmine). Strumenti. Per la rilevazione dei dati abbiamo utilizzato una batteria composta da quattro scale: Scala di atteggiamento verso il futuro (Jessor, 1992); Coping Strartegy Indicator (Amirkhan, 1990), Scala di Ego- Resiliency (Block e Kremen, 1996), Scala di Autoefficacia Sociale (Bandura, 1993). Risultati. L’analisi dei dati (MANOVA) ha evidenziato che i soggetti con atteggiamento positivo verso il futuro, rispetto a quelli con atteggiamento negativo, dispongono di un maggiore senso di autoefficacia (p < .001), e ego- resiliency (p < .001) e usano strategie di coping più costruttive (p = .01). Non sono emerse invece differenze di genere.