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Negli ultimi anni assistiamo ad una crescente domanda di partecipazione nei processi decisionali pubblici, coerentemente con gli ideali democratici ma anche con la mancanza di legittimazione delle istituzioni e della classe politica. In questo articolo, dopo un’introduzione sulla vaghezza del concetto di partecipazione, si propongono alcune riflessioni sulle relazioni tra istituzioni, cittadini e partecipazione, tenendo in considerazione anche alcune delle sottostanti teorie del processo decisionale ed esplorando l’idea che la partecipazione sia un tipo di opportuna attività di "lusso" nella giusta situazione. Si suggerisce di considerare lo scopo, gli attori, il contesto dove la partecipazione sarà implementata e solamente dopo queste analisi scegliere le techiche e gli strumenti di indagine più adeguati. A questo fine, sono recensiti più di duecento mecanismi di coinvolgimento pubblico, la cui metà sono comparati con riferimento a due aspetti: lo scopo principale della partecipazione ed il tipo di coinvolgimento degli stakeholders e dei cittadini. Lo scopo generale è di sottolineare il bisogno della Pubblica Amministrazione e soprattutto dei metodologi di conoscere e di saper scegliere nell’ampia varietà di procedure di coinvolgimento pubblico, in modo che i processi partecipativi possano essere più efficienti ed efficaci ed aggiungere valore alle decisioni.
La ricerca valutativa considera la partecipazione degli stakeholders come un requisito sempre più importante, specialmente in considerazione delle pratiche di promozione dell’inclusione sociale e della cittadinanza che mettolo nal valutazione di fronte a nuove sfide sia sul piano teorico che metodologico. Discutendo del disegno della ricerca valutativa e commentando alcuni studi di caso, l’articolo riflette se e come l’approccio partecipativo modifichi la tradizionale logica valutativa.
Il riferimento alla partecipazione mostra una crescente importanza tanto nella ricerca sociale quanto nei processi valutativi. Nella ricerca sociale la distanza tra "osservatore" ed "osservato" è sempre più esile, e la partecipazione al processo di ricerca cresce così come l’uso dei metodi qualitativi. D’altra parte, i politici hanno bisogno di una ampia partecipazione per fronteggiare la riduzione di legittimazione delle istituzioni pubbliche così come il crescente ruolo svolto dalle politiche che per essere efficaci hanno bisogno di un consenso attivo da parte della popolazione coinvolta. L’articolo sottolinea i rischi implicati da una mera sovrapposizione tra processi valutativi e di ricerca e sottolinea le ragioni e le modalità attraverso le quali mantenere coordinate, e tuttavia differenziate, le due attività.
Questo articolo illustra alcuni risultati di una ricerca empirica sui segretariati sociali in 4 municipi della città di Roma dopo la promulgazione della legge 328/2000 che ha riformato il sistema dei servizi sociali in Italia. La prospettiva di ricerca selezionata pet l’analisi delle micro-organizzazioni del welfare locale è quella che fa riferimento all’etnografia sociale, frutto di una originale sintesi di alcuni concetti e pratiche tipiche del "fare etnografia" e del "fare etnometodologia" sul terreno. Il presente trattamento mostra, attraverso esempi e "immagini" assunte dal campo di analisi, l’utilità dell’approccio "integrato" e dell’osservazione "partecipata" nei contesti organizzativi come quelli dei servizi sociali.
1, Premessa e delimitazione del campo d’indagine / 2. Lo stretto legame fra diritto penale e Costituzioni / 3. Fini e funzioni della pena alla luce della giurisprudenza costituzionale: l’Italia / 4. ... segue: gli Stati Uniti / 5. ... segue: il Canada.
È ormai acquisita, anche in ambito politico, la consapevolezza che un efficace contrasto alla criminalità transnazionale richiede una strettissima cooperazione tra Stati, già al livello delle forze di polizia.
1. Conclusioni iniziali / 2. La legge e l’autogoverno / 3. Una metodologia trasparente, partecipata, efficace, equilibrata: le schede di valutazione / 4. Il settore penale, la pluralità di "mestieri", le schede di valutazione / 5. Il settore civile: il criterio di raggruppamento dei giudici confrontabili / 6. Le cose da fare
Negli ultimi cinque anni l’attuazione della legge n. 6/2004 in tema di amministrazione di sostegno ha visto in Friuli Venezia Giulia, su impulso del Tribunale di Pordenone, una esperienza virtuosa di interazione istituzionale e, soprattutto, di apertura dell’organizzazione giudiziaria alle esigenze dei soggetti variamente incapaci. Di questa esperienza si fornisce qui un sintetico "diario", a dimostrazione della possibilità, anche per la giustizia, di prendere sul serio i diritti dei soggetti deboli.
Dal 19 giugno del 2006 il sistema disciplinare introdotto dal d.lgs 109/ 2006, in attuazione dell’art. 1, comma 1, lett. f della legge 25 luglio 2005 n. 150 è entrato in vigore. Privo originariamente di qualunque disposizione transitoria, esso è stato modificato in alcuni punti essenziali dalla legge 24 ottobre 2006 n. 269, che ha smussato le maggiori asperità del testo originario (con riferimento soprattutto ad alcuni degli illeciti tipizzati e al potere di intervento del ministro in dibattimento) e ha introdotto, per la fase di transizione dal vecchio al nuovo regime, il principio dell’applicazione della norma di maggior favore limitatamente ai procedimenti disciplinari iniziati dopo la sua entrata in vigore ed esclusivamente per i fatti verificatisi in un momento precedente a essa (Cass., sez. unite, 26 ottobre 2006 n. 27172). Le cadenze temporali imposte al procedimento disciplinare dall’art. 15 (un anno dalla conoscenza del fatto per l’inizio nell’azione, due anni per le indagini e due anni per il dibattimento) e i tempi rilevabili dalla esperienza concreta, consentono di dire che i quattro anni della consigliatura appena conclusa rappresentano un campione significativo e che la fase di transizione, fatti salvi i procedimenti (non molti) per i quali la sospensione per pregiudiziale penale ha congelato il procedimento e quelli (pochi) che dovessero eventualmente nascere per fatti antecedenti venuti a conoscenza dei titolari dell’azione disciplinare con molto ritardo (fermo restando il limite decennale di decadenza dell’azione introdotto dal comma 1 bis dell’art. 15), è ormai sostanzialmente conclusa.
1. Giustizia domestica? / 2. Il gigantismo della giustizia disciplinare e i valori tutelati / 3. Le scelte organizzative della Procura generale / 4. Ricadute della tipizzazione collegata all’obbligatorietà dell’azione / 5. Le tipologie di illeciti perseguite / 6. Le scelte della Procura generale non sottoposte a controllo / 7. Trasparenza: scelta di fondo della Procura generale / 8. La "massimazione" dei provvedimenti di archiviazione. La tutela della riservatezza / 9. Rendere chiare le ragioni delle scelte sull’azione / 10. Misure cautelari: interferenza o coabitazione? / 11. Disciplinare e valutazioni di professionalità.
Se la letteratura di carattere giuridico sulle funzioni e i fondamenti costituzionali del Consiglio superiore della magistratura è assai ampia e articolata, molto meno sviluppata è l’analisi che dello stesso CSM hanno fatto le scienze sociali, in particolare la scienza politica e la teoria dell’organizzazione. Questa mancanza è ancor più significativa nel momento in cui le dinamiche organizzative del CSM hanno un impatto non solo sull’esito dei processi decisionali e deliberativi che hanno luogo all’interno, ma anche sulla legittimazione del CSM e, di conseguenza, della magistratura italiana dinnanzi la cittadinanza e la opinione pubblica. Questo breve saggio intende dare un contributo a una lettura dell’attività consigliare di tipo sociologico, politologico e organizzativo.