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Il saggio intende prendere in esame le istanze autonomiste emerse nel corso della storia moderna irachena nelle regioni meridionali del paese, delineando una linea di continuità che - pur con importanti pause e cesure - dai primi anni del secolo scorso si è dipanata sino ai giorni nostri. L’elaborato muove, quindi, da una descrizione del contesto storico all’interno del quale operò Sayyid Talib al-Naqib, primo esponente di spicco del movimento autonomista dell’Iraq meridionale attivo negli anni antecedenti lo scoppio del primo conflitto mondiale; prosegue delineando le istanze autonomiste emerse nella metropoli basrita negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, per poi esaminare il dibattito relativo alla conformazione istituzionale ed amministrativa dell’Iraq post 2003. La parte finale dell’analisi è dedicata alla descrizione dei disegni autonomisti meridionali che, nonostante l’opposizione del governo centrale, continuano ad esercitare una significativa attrattiva su Bassora e sul sud del paese
La città di Delhi ha da sempre attratto regnanti e dinastie diventando il luogo d’incontro di culture anche molto lontane tra di loro. La città è stata perfino, per oltre un secolo, oggetto di attenzione e di dominazione da parte dei colonialisti britannici. Il saggio guarda a un momento cruciale di questa realtà urbana: il passaggio dal periodo coloniale a quello dell’indipendenza (1947); cruciale per le ricadute che ha avuto sul presente, ma spesso trascurato dagli storici dell’architettura. Il testo si concentra in particolare sull’analisi di due idee di città: quella proposta dai colonialisti e quella proposta dal governo democratico indipendente; e più precisamente vengono messi a confronto il progetto del 1911 per la nuova capitale imperiale di Nuova Delhi e il piano regolatore del 1962 voluto dal primo ministro Jawaharlal Nehru. Il saggio si focalizza a livello tematico sull’analisi dei rapporti complessi e contraddittori che si sono instaurati in queste due occasioni tra la capitale, il potere e l’identità della nazione indiana. Non sempre l’idea di città immaginata dall’alto e dai vertici ha coinciso con quello che è accaduto nella realtà, e l’ambizione è di approfondire sia le relazioni spesso ambigue tra l’architettura e l’immagine nazionale sia quelle forze in gioco, non necessariamente politiche o economiche, che sono state altrettanto capaci di agire e condizionare in maniera decisiva le forme urbane.
Attraverso un’analisi di documenti d’archivio francesi, l’articolo analizza le prime iniziative portate avanti soprattutto dagli imprenditori francesi per lo sviluppo del turismo coloniale attorno ai templi cambogiani di Angkor agli inizi del Novecento. Risulta evidente, dallo studio della documentazione, lo scarso interesse dell’amministrazione coloniale allo sviluppo di questo settore, mentre appare palese il proposito dei funzionari di sfruttare il patrimonio archeologico di Angkor essenzialmente per la propaganda politica in Francia. Il governo metropolitano, infatti, non si adoperò per uno sviluppo turistico della regione, come del resto aveva fatto nelle altre colonie africane, ma si limitò ad un timido finanziamento di opere infrastrutturali per accogliere gli archeologi che si occupavano del restauro dei templi e i pochi viaggiatori interessati a visitare Angkor. L’obiettivo prioritario del governo francese, infatti, era quello di accrescere il consenso sull’idea dell’espansionismo coloniale, viepiù eroso dall’opposizione interna e dalla resistenza delle popolazioni locali, mostrando l’opera di pacificazione dei territori e celebrando i meriti della civilisation.
L’Esposizione Coloniale Internazionale di Parigi, organizzata nel parco di Vincennes tra maggio e ottobre 1931, è considerata l’apoteosi del pensiero coloniale francese. I visitatori avevano la possibilità di ammirare e passeggiare tra i diversi padiglioni, che riproducevano luoghi simbolo delle colonie francesi e delle potenze straniere invitate. Pubblicizzata con lo slogan «le tour du monde en un jour» (il giro del mondo in un giorno), secondo le intenzioni degli organizzatori l’Esposizione doveva contribuire a creare un interesse e un senso di appartenenza dei cittadini francesi alla Plus grande France, convincendoli della bontà dell’azione francese oltremare. La prima parte dell’articolo delinea il contesto e il processo di organizzazione dell’Esposizione, descrivendone le caratteristiche principali. In seguito, il saggio si concentra su un particolare aspetto dell’evento, ovvero la dualità tra l’elemento educativo e la volontà di suscitare "meraviglia" che emergeva dalla visita dell’Esposizione. Attraverso la ricostruzione e l’analisi di alcuni monumenti chiave, l’articolo tenterà di mostrare in che modo gli organizzatori avessero a cuore la trasmissione della conoscenza dell’impero, tentando di coniugare tale esigenza con la necessità di rendere memorabile e duratura l’esperienza.
Questo numero di «Storia urbana» si inserisce nel filone di ricerca che riguarda i rapporti tra territorio e potere e le loro influenze reciproche. Se da una parte l’analisi del territorio, della sua scoperta e gestione, permette di illuminare il sistema di potere che lo plasma, dall’altra il territorio stesso è elemento attivo e, con le sue caratteristiche, capace di influenzare le scelte del decisore politico diventando tra l’altro espressione dei rapporti di potere esistenti. In questo rapporto di mutua influenza, si inserisce come elemento essenziale quello dell’identità: il territorio è infatti la scena in cui si muovono i gruppi sociali e di conseguenza l’intervento politico si traduce in azioni aventi dei riflessi sui rapporti tra le diverse comunità. Questi temi sono ancora più interessanti quando si applica la riflessione al caso imperiale, in cui il territorio, la sua acquisizione e gestione, è fattore centrale. Diventa in tale modo possibile comprendere in che modo il potere politico gestiva le differenze proprie del contesto imperiale e quali segni il colonialismo ha lasciato sul territorio. In tal senso, la sfida del potere politico in tale ambito riguardava sia la gestione dei collegamenti, fisici e non, tra le colonie e la madrepatria, sia la gestione in loco dei territori coloniali. A questi temi (la scoperta del territorio, la gestione del collegamento, le relazioni con le diverse comunità presenti in loco,..) fanno riferimento i saggi contenuti nel fascicolo, che possono essere raggruppati attorno a due punti di vista distinti ma complementari, quello del "territorio da scoprire" e dello "spazio da gestire".