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Nella nota viene preso in esame il volume Civiltà della crisi che raccoglie i saggi di storia della cultura italiana tra Otto e Novecento di Luisa Mangoni, tra i nostri maggiori studiosi di questo ambito, da poco scomparsa. Attraverso l’analisi dei saggi viene ripercorsa la ricerca condotta da Mangoni nell’arco di più di un quarantennio, che ha avuto al suo centro i rapporti tra la politica e la cultura. La metodologia che ha caratterizzato l’opera della studiosa è stata quella di scavare in profondità e non fermarsi a ciò che è pubblico e edito, nella convinzione che la "complessità dei fenomeni culturali non consente schematizzazioni" e che la storia degli intellettuali è stata spesso caratterizzata da percorsi non lineari e intrecci articolati.
Il poeta e scrittore Sergio Solmi, antifascista e militante del Partito d’azione durante la Resistenza, lavorò dal 1926 al 1967 presso il Servizio legale della Banca commerciale italiana (Comit), prima come capo dell’Ufficio consulenza, poi dell’intero Servizio. Avvalendosi delle carte della Consulenza legale della Comit recentemente riordinate e conservate nell’Archivio storico di Intesa Sanpaolo, gli autori ricostruiscono l’attività di Solmi durante la seconda guerra mondiale e il dopoguerra e presentano nel saggio una sintesi delle questioni legali di cui egli si occupò (fornendo la sua consulenza scritta o supervisionando il lavoro svolto dai suoi collaboratori), soprattutto relative ai provvedimenti contro gli ebrei, di cui Solmi cercò di limitare gli effetti più dannosi, e alle filiali della Comit situate nei territori ceduti alla Jugoslavia, in cui egli tentò di difendere gli interessi sia della Comit sia dei profughi giuliani. Il saggio infine dà spazio alle tematiche dell’epurazione, anche perché Solmi, eletto membro della Commissione consultiva sull’epurazione costituita nel maggio 1945 presso la Comit, contribuì a impedire abusi e ritorsioni nei giorni successivi alla liberazione e poi fu delegato dalla Comit a risolvere, all’interno degli enti governativi, i problemi connessi con la farraginosa legislazione in materia.
Il 150° anniversario dell’unità d’Italia si rivela un buon punto di osservazione per indagare la crisi che dagli anni novanta investe il sistema di valori su cui si basa la memoria collettiva nazionale italiana e che raggiunge l’apice nel 2011. La posizione della Lega nord, all’epoca forza governativa, profondamente avversa alle commemorazioni dell’evento fondante lo Stato italiano, rappresenta un sintomo di tale crisi e costituisce il principale fattore di discontinuità del centocinquantenario rispetto ai precedenti giubilei. Prendendo in analisi "La Padania" e la produzione letteraria da essa divulgata, l’autrice si propone di interpretare la molteplicità di significati che l’opposizione leghista sottende; mira inoltre a cogliere le controproposte identitarie e simboliche elaborate dalla Lega in opposizione all’identità italiana e, da ultimo, si prefigge di studiare i nodi del revisionismo leghista relativi al Risorgimento e alla storia dell’Italia unita, col fine di esaminare l’uso politico della storia attuato dal Carroccio.
In coincidenza con l’era atomica, ma soprattutto durante gli anni della Guerra fredda, la complessa evoluzione delle scienze naturali invade prepotentemente il discorso pubblico nel momento in cui, in misura inedita e globale, si assiste alla ridefinizione del potere simbolico di tipo scientifico e della relazione tra scienza, capitale culturale collettivo e formalizzazione/ narrazione dei saperi specialistici. Mentre l’Italia affronta la fase di più intensa modernizzazione e si affermano, seppure in modo frammentato, forme di circolazione culturale mai sperimentate nell’assenza di delineati percorsi educativi e divulgativi , il discorso pubblico mobilita l’attenzione attorno ai temi della scienza e si moltiplicano le rappresentazioni dedicate a quello, controverso, del progresso scientifico. L’articolo analizza le diffuse elaborazioni discorsive sorte attorno a un corpus limitato di rappresentazioni, nel tentativo di aggiungere informazioni su come, nel periodo considerato, siano stati tematizzati tanto il fine ultimo della scienza quanto la presenza, le competenze, il ruolo sociale degli scienziati.
Attraverso un caso di studio territoriale - la provincia di Latina, a sud di Roma - il saggio esamina le strategie e i mezzi impiegati in Italia fra il 1948 e il 1956 come risposta alla percezione di un pericolo, rappresentato dal Partito comunista italiano (Pci). Dall’analisi emerge un nesso funzionale molto stretto negli anni del centrismo tra continuità e discontinuità rispetto al fascismo e all’età liberale: in un contesto politico e istituzionale che presentava infatti forti elementi di rottura con il passato, la continuità di apparati e funzionari preposti al controllo dell’ordine pubblico fu giudicata necessaria dalle forze di governo per difendere e consolidare le istituzioni democratiche. Strumenti ben collaudati come il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps) del 1931 e il Casellario politico centrale (Cpc) vissero così una sorta di seconda giovinezza, contribuendo a caratterizzare in senso autoritario la cosiddetta democrazia protetta: il primo operò in superficie per limitare e circoscrivere gli spazi pubblici a disposizione del Pci; il secondò funzionò nell’ombra come strumento di vigilanza sui singoli, dirigenti e attivisti, appartenenti al partito e al sindacato di classe.
Il ministero del Lavoro e della previdenza sociale assume una particolare rilevanza nella ricostruzione postbellica perché le questioni del lavoro e della disoccupazione sono un terreno di conflitto e di dibattito molto acceso e sentito sia per le forze politiche e sociali sia per l’opinione pubblica. Dal punto di vista della transizione tra fascismo e Italia repubblicana, il ministero si presenta come un interessante laboratorio per analizzare i fattori di continuità e di rottura con il vecchio regime. Abolito dal fascismo nel 1923, esso rinasce con il governo Parri, costituendo un elemento di novità importante nel delicato passaggio in cui le forze della Resistenza assumono la responsabilità di governo. Fino alla rottura dell’unità delle forze antifasciste, nel maggio 1947, il ministero è guidato da socialisti, poi, fino al 1950, dal democristiano Amintore Fanfani; nell’amministrazione mantengono però un ruolo di primo piano i dirigenti del ministero delle Corporazioni. Nel saggio è tratteggiata la storia politica del ministero tra il 1945 e il 1950, la sua organizzazione interna, le competenze che esso via via assume e la significativa azione delle sue articolazioni territoriali: gli uffici del lavoro e gli ispettorati del lavoro, riorganizzati in ogni provincia.
Il saggio mostra come il colonialismo italiano nasca nel quadro della cultura giuridica internazionale. L’esperienza italiana è particolarmente segnata dal passaggio da un senso di "impossibilità morale" per una nazione erede del pensiero risorgimentale alla partecipazione alla "generosa gara" coloniale - per usare le parole del ministro degli Esteri Pasquale Stanislao Mancini - delle grandi nazioni europee. L’autore mostra come l’avvio del colonialismo italiano non sia stato un rinnegamento delle teoriche risorgimentali sulla nazione, ma avesse elementi di continuità con queste, proprio a partire dal pensiero di Mancini, riconosciuto uno dei più illustri teorici di diritto internazionale del tempo. Fonti parlamentari, saggi giuridici e fonti d’archivio conducono a individuare la relazione tra progresso e colonialismo in quella corrente che a livello internazionale è definita "imperialismo liberale". La cultura giuridica italiana vivrà poi, alla svolta del secolo, il suo vero turn to empire, una svolta imperialistica nel senso del prevalere delle teoriche della dominazione.
L’obiettivo del saggio è quello di ricostruire il quadro normativo che disciplina la prevenzione dei volontari. In particolare, il volontario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile è equiparato al lavoratore in senso infortunistico e ad esso si applica la disciplina del D.Lgs. n. 81/2008, tenendo conto delle particolari modalità di svolgimento delle rispettive attività individuate con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 13 aprile 2011, mentre ai volontari di cui alla legge n. 266/1991, ai volontari che effettuano il servizio civile, si applicano le sole disposizioni relative ai lavoratori autonomi. Sul punto, la legge n. 98/2013 è intervenuta definendo in modo più dettagliato le caratteristiche dei volontari soggetti ai soli obblighi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 81/2008.
Molti studi rintracciano la causa dei due terzi degli incidenti nei luoghi di lavoro nel “fattore umano” senza considerare il contesto organizzativo. I comportamenti insicuri, invece, hanno tre meccanismi causali: la percezione del rischio, la propensione al rischio e il clima della sicurezza. Questo contributo presenta una disanima della letteratura psicosociale relativa a questi costrutti, per poi illustrare tre esperienze sul campo in materia di promozione dei comportamenti sicuri; essi dimostrano l’interdipendenza di questi fattori e come, agendo sull’uno, si possano creare le precondizioni favorevoli alla modifica degli altri.
L’articolo mostra come per costruire un’autentica cultura della sicurezza di impresa sia indispensabile armonizzare le azioni attraverso le quali, nel rispetto della normativa e delle esigenze di produzione, viene gestita la sicurezza in azienda. In particolare, si fa riferimento agli interventi relativi a quattro aree cruciali, dal punto di vista della cultura d’impresa, per il funzionamento organizzativo: elaborazione e condivisione delle strategie di pensiero, comunicazioni interne ed esterne, comportamenti organizzativi e pratiche professionali, relazioni interpersonali ed intergruppo. Obiettivo specifico del lavoro è mostrare come tale sinergia conduca alla produzione di valore/i in grado di sostenere le organizzazioni produttive nel loro funzionamento.
La normativa posta a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, soprattutto la più recente e moderna, risulta saldamente imperniata sul binomio: azienda-organizzazione, con evidenti e rilevanti implicazioni sull’attività d’impresa. Diffusi sono, nel d.lgs. n. 81/2008, i riferimenti normativi che sanciscono la centralità dell’organizzazione aziendale nella gestione sistemica degli obblighi prevenzionali, su tutti l’art. 15, in particolare la lett. b) del comma 1, le definizioni di cui all’art. 2, lett. b), c), d) ed e), gli artt. 28 e 29 sulla valutazione dei rischi, l’art. 299 sull’esercizio di fatto dei poteri direttivi e sulle relative posizioni di garanzia. Il saggio si propone di dimostrare che la matrice dell’organizzazione prevista dalle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, non comporta alcuna modifica, alcuna variazione rispetto al normale assetto organizzativo aziendale, generando, anzi, in ragione dell’aderenza della prima nei confronti del secondo, un rilevante vantaggio funzionale e ciò in quanto le misure tecnico-gestionali di sicurezza e salute migliorano il processo produttivo ed il lavoro ad esso necessario, così da rendere l’attività aziendale più efficace ed efficiente, capace, in quanto sicura e salubre, di garantire, insieme al rispetto delle persone e delle regole, business e performances
Partendo dal concetto che la sicurezza è competitività, il saggio concentra l’attenzione sugli aspetti riconducibili alla gestione della sicurezza strettamente connessi alle opzioni strategiche e competitive dell'impresa. L’assunto su cui si sviluppa il lavoro è che gestire bene la sicurezza è conveniente dal punto di vista economico in quanto permette di ottenere benefici in termini di posizionamento competitivo, di miglioramenti del fatturato, della redditività e del clima interno. Il lavoro intervalla le riflessioni teoriche con esempi di realtà aziendali mostrando concretamente i benefici derivanti dagli investimenti in salute e sicurezza ed alcune delle condizioni essenziale affinché tali benefici si possano concretamente realizzare
Il lavoro analizza la sicurezza sul lavoro compiendo una disamina di alcuni dei principali aspetti collegati alla gestione e alla valutazione del tema. La prima parte del saggio pone l’attenzione sugli effetti della gestione della sicurezza in termini di efficacia e di ricadute sugli aspetti competitivi ed economico-finanziari. Nella seconda parte si focalizza l’attenzione sul tema della misurazione e in particolare sulla questione dei costi associati agli infortuni fornendo una analisi introduttiva di alcune delle principali metodologie disponibili in letteratura