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Ivo Colozzi

Presentazione

SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI

Fascicolo: 2 / 2015

Giuseppe Scaratti, Silvia Ivaldi

(In) sostenibilità della vita organizzativa

STUDI ORGANIZZATIVI

Fascicolo: 1 / 2015

Il presente contributo intende portare l’attenzione sulle nuove ed emergenti forme di rischio che connotano la vita organizzativa delle persone e riconfigurano la loro traiettoria professionale e di esperienza lavorativa. I nuovi scenari lavorativi e organizzativi introducono fattori di incertezza e instabilita che sollecitano inedite modalita di fronteggiare e gestire la complessita organizzativa. Lavorare in condizioni in cui processi, compiti operativi e condizioni di impiego mutano velocemente e sono spesso contingenti e precari, implica l’attraversamento di alcuni paradossi, inerenti la necessita di considerare nuovi segnali di disagio e di difficolta del vivere lavorativo odierno. Cio amplia il tema della sicurezza a quello della qualita della vita organizzativa e della sostenibilita dei processi lavorativi connessi. Il paper presenta inizialmente un posizionamento del concetto di sostenibilita come costrutto teorico in grado di comprendere l’allargamento del concetto di sicurezza del lavoro alla molteplice presenza di aspetti fisici, psichici e sociali. Vengono successivamente presentate e discusse tre vignettes che offrono spaccati di ordinaria sfida alla sostenibilita organizzativa, in cui una nuova accezione e riconfigurazione del rischio si manifesta e si propone come lente per rileggere le pratiche lavorative attraverso le quali prendono forma e si stabilizzano innovative modalita di rapporto tra soggetti e vita organizzativa. Il paper propone infine una prospettiva di ricerca capace di confrontarsi con i processi organizzativi esistenti e di promuovere in essi autentici e realistici processi migliorativi.

Giorgio Gosetti

Lavoro, qualità e sicurezza: la prospettiva degli operatori della prevenzione

STUDI ORGANIZZATIVI

Fascicolo: 1 / 2015

Il saggio prende spunto da un percorso di ricerca realizzato con il coinvolgimento degli operatori dell’Area Prevenzione e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (Apsal) dell’Azienda Sanitaria di Bologna. Il quadro teorico della ricerca è stato strutturato sostanzialmente su tre elementi di fondo: le traiettorie di cambiamento nel lavoro (modularizzazione dei processi organizzativi, flessibilità del lavoro ecc.), il profilo analitico della qualità della vita lavorativa (nelle sue differenti dimensioni) e la chiave interpretativa del rapporto fra habitus e campo (così come proposta da Bourdieu). La ricerca ha teso a rispondere ad un duplice ordine di obiettivi: da un lato conoscitivi, mirando a mettere a fuoco i cambiamenti nella qualità del lavoro, nella sicurezza e nell’attività dei servizi di prevenzione; dall’altro operativi, mirando ad individuare informazioni utili per riorientare l’azione del servizio e temi di approfondimento. La ricerca è stata anche un’occasione di confronto fra gli operatori al di fuori del contesto dell’attività istituzionale. Le ipotesi di lavoro sono ruotate attorno all’idea che in una fase di forte frammentazione del lavoro produrre salute/sicurezza implichi sia leggere l’organizzazione in termini di processo organizzativo e inter-organizzativo, sia spiegare i rischi diffusi ricorrendo alla prospettiva della qualità della vita lavorativa. Presupposti che portano gli operatori della prevenzione a riconsiderare prassi e metodologie di intervento, alla ricerca di un compromesso fra nuova logica prestazionale, che si va imponendo nei servizi, e tradizionale modello di azione globale, operando entro un forte cambiamento del lavoro anche di ordine simbolico e in un sistema di alleanze divenuto problematico. Dal punto di vista metodologico, gli operatori sono stati coinvolti in un serie di focus group che, in due tornate di incontri, hanno sviluppato due grandi temi, articolati a loro volta in sotto-temi, quello del lavoro che cambia (i principali cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, la qualità del lavoro dei lavoratori, i rischi, vecchi e nuovi, per la sicurezza dei lavoratori) e quello dell’attività dell’Apsal (la relazione fra servizio e aziende, il ruolo e le prospettive dell’attività di prevenzione, la qualità del lavoro degli operatori del servizio). Nella seconda parte del saggio sono presentate alcune delle risultanze significative emerse, aggregate in tre grandi aree tematiche: il lavoro, la qualità della vita lavorativa e la sicurezza, tre assi dello scenario che abbiamo voluto ricostruire con la ricerca.

Elisa Bellè, Anna Carreri, Francesco Miele

Lavoro temporaneo e in/sicurezza lavorativa: un approccio discorsivo

STUDI ORGANIZZATIVI

Fascicolo: 1 / 2015

Background teorico Il presente lavoro si inserisce nell’insieme ancora esiguo di contributi che negli ultimi tempi si è occupato di indagare in Italia le problematicità del lavoro a termine rispetto alla sicurezza e alla salute sul luogo di lavoro, rilevando come - nonostante gli sforzi normativi compiuti nel corso degli anni - la forza lavoro a termine rimanga ancora fortemente a rischio. In questo caso, si guarderà alla problematica considerata attraverso le lenti della sociologia dell’organizzazione e, nella fattispecie, degli organization discourse studies.
Obiettivi
Gli obiettivi del nostro lavoro sono principalmente due. Da una parte si ricostruiscono diversi modi di dare significato al lavoro temporaneo e alle condizioni di in/sicurezza che caratterizzano il tessuto interorganizzativo della sicurezza osservato; dall’altra, si mostra come le diverse rappresentazioni possano influire su quest’ultimo, contribuendo alla sua stabilità o, al contrario, innescando processi di mutamento.
Metodo
Il lavoro prende le mosse da una ricerca più ampia, indirizzata a comprendere i legami tra temporaneità contrattuale e in/sicurezza sul lavoro in provincia di Trento. In questa sede ci si focalizza sui dati raccolti nel corso delle:
- interviste semi-strutturate ad attori coinvolti nella pianificazione e nell’attuazione di politiche nel campo della sicurezza (periodo 2007-2011);
- interviste semi-strutturate a lavoratori/trici temporanei/ee, appartenenti ai settori della cura-assistenza e dell’alberghiero-ristorazione, che si sono infortunati/ e (periodo 2007-2011).
Risultati
All’interno del tessuto della sicurezza esaminatosi sono individuati tre tipi di discorsi:
a) il discorso normativo-della colpa individuale, per cui l’in/sicurezza è strettamente relazionata con il rispetto delle norme e con l’adempienza, o l’inadempienza, individuale;
b) il discorso del sistema-organizzazione, per cui l’in/sicurezza dei singoli è l’effetto emergente dei processi organizzativi, intesi nel loro complesso;
c) il discorso della qualità della vita, per cui l’in/sicurezza è legata a doppio filo alle condizioni esistenziali complessive dei singoli (mansioni svolte, posizione all’interno della propria comunità professionale, integrazione sociale, possibilità di accedere ad ammortizzatori sociali adeguati e così via).
In ciascuno dei discorsi considerati ci si è soffermati sia sulle rappresentazioni generali della sicurezza di chi lavora con contratti temporanei, sia sui modi in cui questi/e lavoratori/trici si percepiscono e vengono percepiti/e, sia sugli effetti che il discorso stesso ha sulle loro carriere e condizioni di salute. Infine, si sono considerati gli effetti di questi discorsi sul tessuto interorganizzativo oggetto di analisi: se il discorso normativo-della colpa individuale produce un effetto di difesa dell’esistente, gli altri due mettono in discussione le routine e gli obiettivi organizzativi. Nel tessuto preso in esame, inoltre, va rilevato come il discorso normativo-della colpa occupi una posizione egemonica, da una parte infatti riproduce notevoli asimmetrie di potere, dall’altra viene riconosciuto e legittimato anche da coloro che subiscono queste ultime.

Silvia Doria

Il Pos: artefatti che (dis)organizzano la sicurezza

STUDI ORGANIZZATIVI

Fascicolo: 1 / 2015

Il presente contributo si propone di riflettere sul tema della sicurezza sul lavoro attraverso uno degli artefatti testuali previsti dal legislatore come strumento di raccolta delle diverse misure di prevenzione e sicurezza da adottare nei cantieri: il Piano operativo di sicurezza (Pos). Attraverso l’osservazione etnografica di alcuni cantieri metropolitani, e grazie allo shadowing dei responsabili di un cantiere, e emersa la natura complessa, controversa e problematica di tale documento che deve essere redatto partendo dal Psc (Piano di sicurezza e coordinamento), esser poi tradotto in Pos e viaggiare verso i cantieri. Dalla ricerca, infatti, e emersa una particolare criticita del Pos: il suo essere spesso scritto attraverso la pratica del "copia e incolla". I piani operativi gia approvati e predisposti per ciascuna situazione specifica - che comprende ogni volta cantieri, attori, materiali, attrezzi, conoscenze e relazioni differenti - vengono talvolta "copiati" senza alcun adattamento alla realta di cantiere alla quale sono destinati, generando confusione e delegittimando in pratica lo stesso artefatto che finisce cosi per esser tradito. Tale pratica puo per esempio avere risvolti negativi sugli operai, inasprendo le complesse condizioni di lavoro e le loro relazioni con i "controllori". Spesso, infatti, la non corretta compilazione di tale artefatto porta a differire nel tempo l’avvio delle singole attivita, con l’accumularsi dei ritardi sull’intera realizzazione dell’opera, che richiedera poi, con buona probabilita, un’intensificazione dei ritmi e dei carichi di lavoro, contribuendo cosi ad aumentare l’esposizione degli operai a eventi infortunistici. Adottando la prospettiva della sociologia della traslazione o Actor Network Theory (Callon, 1986; Latour, 1987; Czarniawska e Hernes, 2005) e stato possibile cogliere quel processo di traduzione al quale sono sottoposte le norme, e con esse (e per mezzo di essi) i loro artefatti, nel passaggio che le fa viaggiare (Czarniawska e Jorges, 1995) dal livello delle policy al contesto delle pratiche di lavoro quotidiane, passando per quello organizzativo che svolge l’importante ruolo di snodo e mediazione (Doria, 2013). Studiando, in una prospettiva Practices-based Studies (Gherardi, 2000; Nicolini, 2012), le pratiche della sicurezza in costruzione, come processo attraverso il quale quotidianamente la sicurezza e messa in pratica e ricostruita nelle relazioni e interazioni che coinvolgono diversi attori appartenenti a mondi professionali differenti tra loro (Nicolini, 2001), le pratiche di costruzione del Pos hanno lasciato emergere un ulteriore paradosso. Le diverse e specifiche visioni (Goodwin, 1994) che gli attori hanno su cio che e o non e sicuro all’interno del contesto locale in cui operano si manifestano e concretizzano anche attraverso le "documentazioni" (Psc, Pos) che hanno lo scopo di veicolare le misure di sicurezza previste per i processi produttivi di una data organizzazione. La mancata conoscenza delle pratiche quotidiane e del contesto locale in cui il Pos viene calato rischia pero di generare un conflitto tale da indurre a modalita di lavoro meno sicure. L’osservazione delle criticita legate all’artefatto-Pos offre dunque interessanti spunti di riflessione sulla complessita del processo di messa in pratica della sicurezza, dove la stessa non puo piu essere considerata soltanto come una situazione in cui "le carte sono a posto".

Con l’entrata in vigore del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) la differenza di genere diventa una dimensione rilevante per garantire «l’uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» (art. 1, co. 1). Tuttavia, questa importante affermazione non è sostenuta, nel prosieguo della norma, da una definizione esplicita di questo concetto che non può essere dato per scontato, soprattutto in un contesto quale quello della prevenzione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. La prima parte dell’articolo è dedicata a fornire un quadro concettuale unitario, che possa consentire una declinazione dei concetti di riferimento all’interno di un framework unitario e coerente. L’approccio scelto è di livello macro, istituzionale/ contestuale, che consente di considerare il portato culturale, le obbligazioni di genere e di generazione, le risorse economiche, normative e istituzionali, quale imprescindibile chiave interpretativa attraverso la quale leggere le traiettorie di vita e di salute di lavoratori e lavoratrici. In questo senso, declinare il genere come variabile interpretativa significa considerare come la costruzione sociale dei ruoli sessuati rappresenti un elemento rilevante tanto nella definizione dei vincoli e delle risorse del contesto, quanto nella costruzione delle risposte individuali. Dimensioni che vanno a delineare i contenuti delle più recenti definizioni del concetto di salute, identificato nella «capacità di adattamento e auto gestione di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive» (Huber et al., 2011). A partire dalle acquisizioni maturate nel corso della prima parte del paper, il paragrafo conclusivo è dedicato ad illustrare i primi risultati della ricerca svolta in Toscana, che è stata sviluppata incrociando i dati secondari relativi tanto al mercato del lavoro che gli infortuni in ambito lavorativi. L’analisi, nonostante alcune criticità - imputabili all’utilizzo in termini conoscitivi di un database, quale quello di Inail, nato a fini assicurativi - evidenzia la necessità di procedere in questa direzione, attraverso analisi sempre più approfondite che considerino in modo integrato questi due aspetti. Tra le evidenze emerse merita di essere sottolineata la progressiva convergenza dei tassi di infortunio che mantengono, comunque nei settori a maggiore presenza maschile, differenze alquanto significative. Il genere risulta, inoltre, una variabile determinante in relazione all’orario di accadimento dell’evento infortunistico. In questo caso, le differenze sono, probabilmente, riconducibili alla segregazione contrattuale delle donne e, nello specifico, alla femminilizzazione del part-time e alla segregazione orizzontale. Infatti, i due picchi registrati si posizionano a metà mattina e a metà pomeriggio, per gli uomini, mentre si concentrano nelle prime ore della mattina per le donne.

Dario Fontana, Francesco Tuccino

Effetti sulla salute nella Lean Production: il settore auto in Europa

STUDI ORGANIZZATIVI

Fascicolo: 1 / 2015

Gli ultimi studi sulla qualità del lavoro descrivono una situazione preoccupante. Fra le varie dimensioni oggetto degli studi sulla qualità del lavoro anche la dimensione ergonomica - che analizza categorie come il tempo, l’intensità, l’impegno psicofisico, la saturazione ecc. - assume caratteristiche allarmanti. Questo articolo si concentra sulla dimensione ergonomica dell’organizzazione del lavoro, discutendone le implicazioni pratiche e mettendola in relazione con le patologie derivate dai disturbi muscolo-scheletrici. L’andamento delle malattie professionali, come descritto nel paragrafo introduttivo, registra l’affermarsi di nuove patologie come quelle muscolo-scheletriche e quelle da stress. Patologie che trovano nelle dinamiche organizzative i principali fattori di rischio. Questo cambiamento coincide con affermarsi del modello Lean Production come paradigma delle nuove organizzazioni del lavoro. Una logica di riferimento che si è estesa a tutti i settori produttivi. In questo articolo analizziamo uno dei settori in cui l’innovazione di questo modello ha ancora oggi un suo sviluppo sperimentale: il settore auto. Sono molteplici le novità del modello Lean, ma nel paragrafo 1 ci concentriamo sulla gestione della tempistica di produzione, perché assurge ad elemento catalizzante per quanto riguarda l’esposizione ai rischi da disturbi muscolo-scheletrici. Nel paragrafo 2 discuteremo anche del rapporto di integrazione fra le metodologie ergonomiche e quelle di misurazione dei tempi e dei metodi di lavoro (metrica del lavoro). Nel paragrafo 3 affrontiamo invece il ruolo partecipativo dei lavoratori, strettamente connesso all’evoluzione della metrica del lavoro discussa nei paragrafi precedenti. Molte delle considerazioni di questo articolo poggiano sui dati della ricerca condotta da Francesco Tuccino realizzata per conto della Industriall (finanziata attraverso i fondi dell’Unione Europea - Progress 2007-2013) in dieci dei maggiori stabilimenti di produzione auto in Europa (Tuccino, 2013). I fattori principali a cui ricondurre una maggiore saturazione e intensità della prestazione lavorativa sono ricondotte a: l’eliminazione tout court delle Not Value Added Activity e la loro sostituzione con le Value Added Activity; la sottostima delle metodologie ergonomiche di valutazione del rischio integrate nella metrica; i problemi di mix produttivo. Queste condizioni non favoriscono la completa prevenzione del rischio da patologie muscolo-scheletriche. A nostro parere una nuova partecipazione dei lavoratori può divenire uno dei primi antidoti e deve basarsi sulla conoscenza delle nuove metriche di lavoro. Tuttavia il problema trova radici a livello strutturale, relativamente alle scelte strategiche finance-oriented delle imprese.

Rachele Mariani, Attà Negri

Note del terapeuta e misure del processo referenziale. Un possibile "terzo analitico"

RICERCA PSICOANALITICA

Fascicolo: 3 / 2015

Viene proposta un’analisi delle note riportate dal terapeuta sul lavoro clinico con un paziente, condotta attraverso l’applicazione delle misure linguistiche computerizzate elaborate all’interno della teoria del codice multiplo. I risultati, in accordo con la letteratura, hanno evidenziato una forte relazione tra le qualità linguistiche degli appunti del terapeuta e l’efficacia del lavoro clinico. L’analisi linguistica delle note del terapeuta può quindi, oltre ad ampliare le possibilità della ricerca clinica, essere un utile supporto per comprendere e prevedere in una certa misura l’andamento del caso e il tipo di relazione che si instaura nella coppia durante il lavoro terapeutico. Il clinico che adotta questa metodologia nella propria prassi professionale può disporre di uno strumento di analisi che facilita la supervisione e la riflessione sul caso, divenendo così un "terzo analitico" che contribuisce a monitorare e potenziare il processo referenziale che lo connette con l’esperienza emozionale che sta vivendo e con il paziente.

Michela Di Trani, Alessia Renzi, Luigi Solano

Mente e corpo nella teoria del codice multiplo. Riflessioni sul concetto di alessitimia

RICERCA PSICOANALITICA

Fascicolo: 3 / 2015

L’alessitimia è definita come una difficoltà ad identificare e descrivere le proprie emozioni, caratteristiche accompagnate da un pensiero orientato ad aspetti pratici dell’esperienza e da scarse capacità immaginative. Attualmente si è proposto di utilizzare la Teoria del Codice Multiplo sviluppata da Wilma Bucci nella concettualizzazione dell’alessitimia. La situazione alessitimica corrisponderebbe ad una dissociazione tra il sistema subsimbolico e i due sistemi simbolici, che comporterebbe il non avere parole per le emozioni. Tale definizione implica, rispetto al concetto di alessitimia e del rapporto mente/corpo, un completo superamento del dualismo mente/corpo nelle dinamiche di costruzione della salute/malattia che coinvolgono la regolazione degli affetti, e una conferma teorica che l’alessitimia si pone nell’area del deficit piuttosto che delle difese, rappresentando un fattore di rischio per lo sviluppo di tutta la patologia, sia fisica che mentale.

Daniela De Robertis

Autoriflessione in primo piano: il posto della parola e dell’"Attività Referenziale"

RICERCA PSICOANALITICA

Fascicolo: 3 / 2015

La prima parte del lavoro mette in luce alcuni elementi di confluenza tra Freud e Bucci individuabili nel costrutto di Attività Referenziale e nella presenza dei codici multipli. L’analisi si sposta poi sul ruolo del linguaggio, sia in Freud che in Bucci, e il rapporto che esso contrae con l’autoriflessione. Infine viene proposta una lettura che, avvicinando scienza cognitiva e psicoanalisi, valorizzi l’Attività Referenziale considerandola il "braccio operativo" dell’autoriflessione.

Alberto Lorenzini

Il processo referenziale: cognizione o coscienza incarnata?

RICERCA PSICOANALITICA

Fascicolo: 3 / 2015

L’autore esprime tutto il suo apprezzamento per il lavoro della Bucci e concentra le sue riflessioni su di un punto chiave del processo referenziale: il passaggio dal subsimbolico al simbolico non verbale. Nell’ottica dell’autore questo passaggio coincide con la perenne nascita della coscienza, a partire dal substrato della danza relazionale. La particolarità di questo articolo consiste proprio nel tentativo di dare una base concreta, o meglio "incarnata" al fenomeno della coscienza e a quello del suo emergere, differenziandolo da quella più generica attività mentale che chiamiamo cognizione. È proprio nell’emergere della coscienza dal gioco che si collocherebbe il significato più profondo dell’interazione non verbale nel corso della psicoterapia, la co-costruzione dell’organismo psicologico. Alla fine di un articolato percorso che coinvolge il concetto di coscienza primaria di Edelman e lo studio delle metafore primarie di Lakoff e Johnson, l’autore ritorna alla Bucci e riconosce una fondamentale sintonia di significato.

Questo contributo prende in esame il caso di Ann di Corbell mettendo a fuoco che l’analisi dell’interazione apre a una riflessione non più spiegativa o monadica o lineare, ma certamente diadica, tuttavia di per sé carenziale rispetto a un processo al singolare del soggetto e tra soggetti. A questo proposito vengono approfondite le vicissitudini della relazione e della relazione terapeutica in particolare, suggerendo che la relazione terapeutica per poter essere tale si debba giocare a livello intimo, in modo che essa si dischiuda a un incontro che non appartenga al regime dell’emotivo, o della riproposizione di ruoli, ma piuttosto del "tra" tra due soggetti.

Attà Negri, Rachele Mariani

Livelli e codici multipli della mente, ovvero vincoli e possibilità della nostra relazione con il mondo

RICERCA PSICOANALITICA

Fascicolo: 3 / 2015

Gli autori propongono una lettura della teoria del codice multiplo di Wilma Bucci sia come teoria della mente, intesa come essere in relazione con il mondo, sia come teoria della tecnica, ovvero come ipotesi su come la comunicazione tra paziente e terapeuta può creare trasformazioni in questo essere in relazione con il mondo. In particolare viene approfondito - esemplificandolo anche attraverso l’analisi dei casi clinici commentati dall’Autrice - il processo ritenuto essenziale per il cambiamento terapeutico: l’emergenza nella multiforme esperienza soggettiva di simboli intesi come pattern di esperienze sensoriali multimodali che nella comunicazione intersoggettiva divengono definiti e riconoscibili; le parole nella talking cure divengono centrali solo in una fase successiva e sono primariamente l’esito di tale processo, non il motore. Secondo l’ipotesi degli autori è proprio la simbolizzazione non verbale congiunta dell’esperienza soggettiva che è di per sé trasformativa e creativa in quanto decostruisce i vincoli dell’elaborazione automatica che avviene a livello subsimbolico e amplia notevolmente i gradi di libertà del soggetto rispetto a se stesso. Tale simbolizzazione non verbale infatti pone analista e paziente nella condizione di poter prendere posizione rispetto alle esperienze divenute riconoscibili all’interno e grazie alla relazione in cui sono immersi. Ed è per questo che il cambiamento psicoterapeutico può essere definito come processo incarnato, contestuale e relazionale.

Attraverso la ripresa di alcuni passaggi salienti di quattro casi clinici l’Autrice fornisce una descrizione iconica e microanalitica del procedere delle tre fasi del processo referenziale - attivazione, simbolizzazione, riflessione - durante la seduta analitica. La fase finale dell’analisi di Katy, così come descritta da Bromberg, esemplifica la natura congiunta ed emotiva del processo di creazione di nuovi significati che avviene nelle tre fasi; le due psicoterapie senso-motorie, descritte da Ogden, mettono in risalto la natura eminentemente corporea, sensoriale e motoria degli schemi dell’emozione dissociati che è necessario ed utile attivare durante la terapia; infine il caso di Ann, descritto da Cornell, fornisce un esempio dell’imprescindibilità dell’attivazione nella relazione analitica dei vissuti corporei, sensoriali e motori che creano sofferenza nel paziente per poterli poi farli accedere al livello simbolico e con ciò favorire un cambiamento reale. A conclusione vengono evidenziati i molteplici ruoli che il linguaggio assume all’interno di ciascuna fase del processo referenziale.

A partire dal racconto dell’esperienza personale che l’ha portata a sviluppare il suo modello l’Autrice presenta i capisaldi della sua teoria del codice multiplo, integrata ed aggiornata con le più recenti acquisizioni provenienti dalle scienze cognitive e dal campo dei modelli psicoterapeutici. Vengono descritte le qualità che caratterizzano i tre principali livelli dell’elaborazione dell’informazione emotiva umana - sub-simbolico, simbolico non verbale, simbolico verbale - e la molteplicità dei codici modalità-specifici attraverso i quali viene esperita l’interazione con il mondo. All’interno di questa nuova teoria della mente vengono definiti concetti e processi clinici cruciali quali quello di schema dell’emozione, le sequenze interattive tipiche che portano alla loro formazione e alla loro riattivazione nella comunicazione terapeutica, i processi interattivi e soggettivi che portano alla persistenza degli schemi dell’emozione dolorosi o alla continua modificazione di quelli che creano benessere. Infine l’Autrice descrive il processo referenziale che connette i vari livelli dell’elaborazione dell’informazione emotiva sia nel contesto quotidiano sia durante la psicoterapia, dove si alternano circolarmente la fase dell’attivazione, della simbolizzazione e della riorganizzazione/ riflessione. L’Autrice conclude mettendo in luce la natura eminentemente incarnata e relazionale di tale processo, come anche i suoi rischi e paradossi.

Attà Negri

Editoriale

RICERCA PSICOANALITICA

Fascicolo: 3 / 2015

A cura della Redazione

Abstracts

PSICOLOGIA DI COMUNITA’

Fascicolo: 2 / 2015