
La ricerca ha estratto dal catalogo 103268 titoli
Attraverso un’analisi selettiva dei mezzi d’informazione, nazionali e locali, cartacei e on-line, sono state ricostruite le fasi salienti della comunicazione della ricostruzione post-sisma della città di L’Aquila, in particolare dal 2012 al 2016, per comprendere le relazioni tra istituzioni, media e opinione pubblica, individuando stereotipi positivi e negativi sul tema. Sono stati esaminati approfonditamente 237 articoli che hanno trattato la ricostruzione e le azioni dell’Ufficio Speciale della Ricostruzione della città dell’Aquila. Assieme all’analisi qualitativa degli articoli, il ricercatore ha raccolto interviste dei giornalisti che hanno seguito le vicende dal 2009 ad oggi.
Questo contributo offre uno sguardo sull’importanza che la costruzione del reticolo personale del richiedente asilo e del rifugiato ha nel suo percorso di adattamento al contesto di ricezione. Il punto di vista è quello degli operatori della seconda accoglienza: quale funzione svolgono gli operatori del servizio nella costruzione della rete del beneficiario? A cosa servono le regole adottate dalle équipe interprofessionali? Che tipo di relazione di aiuto si genera? Queste alcune delle domande da cui nasce questo lavoro di ricerca sul campo realizzato in Sicilia e Calabria attraverso focus group e interviste in profondità realizzati con coordinatori dei progetti Sprar e con i professionisti impiegati nella seconda accoglienza dei migranti forzati in Italia.
The purpose of this paper is to investigate fake news through the tools of cultural sociology. The paper deals with the topic of fake news focusing on their narratives and hermeneutically possibilities which arise from the meanings of alternative facts. This perspective is investigated in relation to digital practices, shared belief and the polarizations of cultural meanings, amplified and offered by the Web in an increasingly accelerated way. In order to describe it I will take as a case study the wider narrative of Pizzagate.
Fake news entered quite impetuously in our daily lives, causing much concern. However, scientific research on this social issue is still rather lacking. This article offers a contribution to research starting from a strictly sociological approach. First of all, it is shown that the phenomenon of fake news is an old and new phenomenon at the same time, even if to understand this phenomenon we do not need a new concept of fake news but a new media theory. The issue of fake news is then detached from two very commonly held misunderstandings: that in order to defend oneself from this type of news it is necessary to distinguish the true from the false, and that the news can be manipulated. The core distinction should be, however, that between information and non-information rather than that between information and misinformation. Even misinformation is informative – not so much on what is reported, as on recipients’ reactions to misinformation. The main hypothesis is that fake news exploit this information to “stage dissent” in the mass media system. Fake news are therefore interpreted as events which trigger a second-order observation starting from a second reality, that produced by the mass media, which does not oblige consensus.
To cast a light on the phenomenon of misinformation, in this report we will present and discuss scientific evidence coming from a data-driven approach to understand the interplay between users, social media and news consumption. Internet and social media changed the interaction between users and information. Our results showed that online users tend to select information confirming their worldview in spite of dissenting information and that such a trend fosters the emergence of polarized groups around shared narratives.
The spread of disinformation has unleashed considerable alarm in the mass media, triggering reactions also from the scientific disciplines that deal with communication. While there seems to be agreement about the definition of the problem, positions about the measures to be adopted vary and are sometimes confused and even unrealistic (based on such foundations as "truth" or "honesty"). The aim of this essay is not to suggest solutions, but to clarify certain premises of theory. The first priority is to distinguish between communication technologies (mass media and social media) and the other subsystems operating in society (such as science, medicine, politics and the economy), leading to different manifestations of the public sphere. The public sphere of the mass media and nowadays also of the social media produces both transparency (of contents) and "intransparency" (of consequences and of intentions). On the one hand, this form of uncertainty guarantees a constant orientation towards the future, yet on the other it sets no limits to the contradiction of any given quantity: even science no longer speaks with authority when it indicates what is "true" or "false". The public sphere swings ceaselessly back and forth between information and insinuation, between knowledge and suspicion about intentions. The phenomenon of disinformation is generated in this short-circuit, which attempts at clarification only serve to strengthen.
By (potentially) providing free access to information for all, the Internet has been viewed by some to allow the development of knowledge societies. However, we argue in this paper that the Internet actually facilitates the dissemination and acceptance of spurious belief. In particular, operating as a deregulated cognitive market, the Internet amplifies web users’ confirmation bias, which in turn could induce them to endorse pseudoscientific and conspiracy beliefs. We also show that this kind of belief is overrepresented and especially visible on the web. Moreover, the Internet facilitates a rapid accumulation of conspiracy arguments against "official" explanations of historical events. Such accumulations of heterogeneous arguments often do not support coherent "alternative theories", but instil doubt about the "official" ones. The supply structure on the cognitive market is important to understand the spread of spurious beliefs, yet this point is often overlooked in the literature.
L’autrice affronta la questione dell’esecuzione delle sentenze di condanna Cedu attraverso l’esame della giurisprudenza della Corte Costituzionale, con particolare riferimento alla sentenza n. 93/2017 con cui si esclude che la condanna della Corte Europea dei diritti dell’uomo sia causa di revocazione straordinaria della dichiarazione dello stato di adottabilità. Nell’articolo trova spazio anche qualche riflessione, suscitata da un inciso contenuto nella sentenza, sulla possibilità che il minore mantenga rapporti con la famiglia di origine dopo l’adozione.
L’Autore esamina brevemente il contenuto della sentenza resa il 30 novembre 2018 dalla V Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sul caso "Strand Lobben e altri c. Norvegia", con particolare riferimento alla contrapposizione tra le prospettazioni della ricorrente e le deduzioni del governo norvegese; un accenno è fornito anche alla significativa dissenting opinion che correda la decisione. Successivamente, il contributo analizza le principali argomentazioni difensive fatte proprie dalle parti nel corso dell’udienza del 17 ottobre 2018, allorché si è svolta la discussione orale del caso avanti alla Grande Camera della Corte Edu. In particolare, viene dato conto di come la ricorrente da un lato e la Norvegia dall’altro forniscano interpretazioni contrapposte di come si debba individuare nel caso di specie il giusto bilanciamento tra gli interessi delle parti coinvolte. Viene soprattutto evidenziata la portata innovativa delle argomentazioni difensive del governo norvegese, che riprendendo il ragionamento della Corte Edu valorizza la centralità e la preminenza dell’interesse del minore quale criterio superiore e destinato a prevalere su ogni eventuale opposta considerazione.
La legge 184/83 indica come preferibile, a seguito di un allontanamento dalla famiglia d’origine, l’inserimento del minore in famiglia affidataria. La maggior parte dei minori adolescenti fuori dalla famiglia, però, risulta essere in comunità. La presente ricerca intende delineare con un approccio qualitativo gli strumenti mirati di promozione dell’affido che i servizi sociali piemontesi adottano per reperire famiglie di accoglienza per gli adolescenti.
Con questo contributo si è inteso indagare il fenomeno delle gravidanze nelle coppie che hanno intrapreso il percorso di genitorialità adottiva. Contrariamente al pensiero comune che immagina il realizzarsi di una gravidanza dopo l’arrivo del bambino adottato nel nucleo familiare, i dati della ricerca mostrano come la maggioranza delle gravidanze si avvii durante lo studio di coppia o alla sua conclusione e solamente il 10% dopo la realizzazione dell’adozione. Nonostante l’impianto retrospettivo della ricerca non consenta di definire quali elementi riattivino il percorso della fertilità nelle coppie, è possibile rilevare come lo studio psicosociale, pur non essendo un contesto terapeutico, mostri un effetto significativo soprattutto sulle coppie che provengono da percorsi di vita particolarmente sofferti, che associano allo stress e al dolore dell’infertilità altri importanti vissuti emotivi.
L’articolo descrive la metodologia dell’abbinamento utilizzata dal Gruppo Adozioni del Tribunale per i Minorenni di Palermo, centrandosi sulla specificità di un modello che utilizza il gruppo come dispositivo di selezione delle coppie e di conoscenza del loro percorso maturativo. Ad esso si affianca il colloquio di approfondimento con le coppie, svolto allo scopo di giungere all’abbinamento più funzionale, riducendo il rischio di restituzione del bambino con conseguente fallimento dell’adozione. Infine vengono descritte alcune specifiche criticità, come l’abbinamento di fratrie, le situazioni di abuso sessuale e i bambini migranti.
L’articolo illustra un’esperienza di home visiting nel periodo perinatale e nel primo anno di vita, come sostegno alla relazione madre-bambino in situazioni di difficoltà psicologica o sociale. Viene illustrato il metodo di lavoro che non segue schemi prestabiliti, ma è finalizzato, attraverso l’attenzione alla relazione, al potenziamento delle risorse personali e sociali del nucleo familiare, in un’ottica di attivazione di processi di identificazione positiva e di elaborazione di esperienze traumatiche vissute in precedenza. I risultati sono incoraggianti sia quando il progetto viene attivato come prevenzione, sia con casi segnalati e seguiti dai servizi.