RISULTATI RICERCA

La ricerca ha estratto dal catalogo 104701 titoli

Michael J. Greenwood

Some Potential New Directions in Empirical Migration Research

SCIENZE REGIONALI

Fascicolo: 1 / 2010

This paper provides my thinking on several possible new directions in empirical migration research, as well as refinements of old directions. The focus is mainly on developed countries, but given the availability of appropriate data for less-developed countries, many of the studies could fruitfully be applied to such countries. The essay is organized around the six major questions addressed in studies of migration: (1) How many migrate? (2) Who migrates? (3) Why do they migrate? (4) Where do the migrants come from and where do they go? (5) When do they migrate? (6) What are the consequences of the migration?

Riviste

PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE

Fascicolo: 1 / 2010

Recensioni

PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE

Fascicolo: 1 / 2010

Manuela Trinci, Milvia Franzolini Morra, Thomas von Salis, Adriana Grotta, Ferruccio Bianchi

Interventi sul caso Laurent

PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE

Fascicolo: 1 / 2010

Paolo Caruso

Intervista con Jacques lacan (1966)

PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE

Fascicolo: 1 / 2010

Jacques Lacan, in questa intervista concessa a Paolo Caruso nel novembre 1966 subito dopo la pubblicazione degli Écrits, presenta gli aspetti principali del suo pensiero. Tra le altre cose, Lacan discute i seguenti temi: il senso del "ritorno a Freud", la questione del principio di realtà, le ragioni della complessità del suo stile linguistico, l’intersoggettività, la fenomenologia di Sartre, le sue opinioni su altre scuole psicoanalitiche (Melanie Klein, i neofreudiani, la Psicologia dell’Io nordamericana di Hartmann, Kris e Loewenstein) e su autori come Herbert Marcuse e Norman Brown, il problema del "tempo logico", i rapporti con l’International Psychoanalytic Association (IPA), la linguistica di de Saussure, la concezione di Trieb (pulsione), la filosofia di Husserl, l’etica, ecc. Questa intervista è uscita originariamente a pp. 1-10 del n. 6/1968 di Psicoterapia e Scienze Umane, ed è la prima esposizione relativamente completa delle idee di Lacan pubblicata in Italia.

Thomas von Salis

Il contributo di Armando Bauleo al concetto di gruppo

PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE

Fascicolo: 1 / 2010

Il "gruppo operativo" (descritto dallo psicoanalista argentino Enrique Pichon- Rivière) è visto come lo strumento metodologico e pratico della psicologia sociale psicoanalitica. È caratterizzato dal compito che i membri del gruppo si sono dati ed è un’istanza a ponte tra individuo e società. Questo modello consente di superare la dicotomia tra emozione e cognizione (comprensibile nella moderna società industriale come la distanza tra il lavoratore ed il suo prodotto). La dicotomia è prodotta dall’ideologia, e questa tecnica consente all’operatore di liberarsi dalla sua passività. L’ipotesi di Armando Bauleo (1932-2008) è che la struttura gruppale sia la costruzione ideologica par excellence e attraverso di essa sia possibile evidenziare i meccanismi costitutivi dell’ideologia. Per fare ciò occorre mettere a fuoco la relazione gruppocompito ed il legame che unisce il conduttore a questa relazione.

Berthold Rothschild

Il "familiarismo". Notizie dall'interno dell'idillio

PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE

Fascicolo: 1 / 2010

Il concetto di "familiarismo" riunisce le correnti sotterranee attive, presenti nelle costellazioni parentali del passato e attuali e nelle manifestazioni psichiche e sociali. Più precisamente, è l’espressione di forme relazionali che sono guidate da una spinta (Reiz) che attraversa l’intera esistenza, volta al ripristino di una rete relazionale in cui "appartenenza", "reimpossessamento" e "accettazione" giocano un ruolo fondamentale. Il familiarismo si collega ai modelli delle relazioni precoci conosciute nella prima infanzia come "fantasma" e "strato interiorizzato". Contiene relazioni di cura e di ambivalenza. Non si riferisce ai rapporti reali, ma piuttosto a un terreno dell’immaginario, con effetti sul presente e sulle configurazioni psichiche.

Vi sono due modi per concepire il rapporto tra filosofie orientali e psicoterapia occidentale. Un modo è rispettare la diversità delle filosofie occidentali (ad esempio nelle visioni del mondo) e introdurne aspetti a scopo terapeutico: in questo senso alcuni parlano di "integrazione" o "eclettismo", con tutte le controversie legate a questi termini. Un secondo modo è partire da una sola prospettiva, quella di una psicoterapia occidentale, e studiare le pratiche orientali per comprenderne il meccanismo di azione. Questo articolo segue questo secondo modo, e utilizza la teoria psicoanalitica per discutere tecniche quali il rilassamento, il training autogeno (una versione occidentale dello yoga), la meditazione, la mindfulness e altri "esercizi". Vengono discusse anche tecniche occidentali, come la epochè fenomenologica, le "associazioni libere" e l’"attenzione liberamente fluttuante" di Freud, il "momento presente" di D.N. Stern, la terza ondata (third wave) del movimento cognitivo-comportamentale, e così via.

Jonathan Shedler

L'efficacia della terapia psicodinamica

PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE

Fascicolo: 1 / 2010

Le evidenze empiriche disponibili dimostrano che la terapia psicodinamica (PDT) o psicoanalitica è efficace. La "dimensione del risultato" (effect size) della terapia psicodinamica è grande almeno quanto quella di altre psicoterapie che sono state attivamente propagandate come "supportate empiricamente" o evidence based. Non solo, i pazienti che trattati con una terapia psicodinamica mantengono i risultati e continuano a migliorare nel tempo dopo la fine della terapia. È stato anche dimostrato empiricamente che le terapie non psicodinamiche possono essere efficaci in parte perché i clinici più esperti utilizzano tecniche che da sempre sono al centro della teoria e della pratica psicodinamiche. La diffusa opinione secondo cui gli approcci psicodinamici non sono efficaci non è in accordo con le ricerche scientifiche disponibili, e può dipendere da una diffusione selettiva dei risultati delle ricerche.

Paolo Migone

Editoriale

PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE

Fascicolo: 1 / 2010

Recensioni

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 1 / 2010

Mariagnese Cheli, Raffaella De Paoli, Sara Giacopuzzi, Maria Elena Montenegro, Cosimo Ricciutello, Rebecca Rubbini

La consulenza agli operatori nei casi di violenza all’infanzia

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 1 / 2010

Il contributo intende analizzare le principali criticità professionali riscontrate nelle richieste di consulenza sui casi di violenza all’infanzia e gli aspetti che le rendono efficaci. A tal fine, sono state esaminate 289 consulenze svolte dal Centro Specialistico "Il Faro" nel triennio 2005-2007 ai servizi sociali, sanitari e alle scuole di Bologna e Provincia. Le aree di indagine riguardano la fase in cui si colloca la richiesta ed i motivi che la veicolano, le caratteristiche della casistica, le differenze tra i vari richiedenti. Le maggiori criticità rilevate riguardano il bisogno di confronto metodologico per leggere i segnali di disagio del bambino e verificare la correttezza del proprio agire professionale, valutare l’entità del danno evolutivo, segnalare all’Autorità Giudiziaria.

Ignazio Grattagliano, Nunzia Daniela Liantonio, Maria Giovanna Tomasino, Isabella Berlingerio

La violenza morale e psicologica sul minore nelle coppie separate: la Sindrome di Alienazione Genitoriale (PAS), due casi emblematici

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 1 / 2010

La Sindrome di Alienazione Genitoriale viene descritta da Gardner, a partire dagli anni ottanta, come un disturbo psicopatologico che colpisce soggetti in età evolutiva al momento della separazione dei genitori. Una patologia relazionale osservata nelle situazioni di separazione e divorzio conflittuali e che insorge principalmente nel contesto delle controversie per l’affidamento e la custodia dei figli. La sua manifestazione principale è una forte ed ingiustificata campagna di denigrazione rivolta contro un genitore. Gardner (1985) ha individuato 12 aspetti che caratterizzano la PAS, proponendo tre livelli della sindrome: lieve, medio, grave. Verranno presentati due casi di PAS, uno di livello grave in cui il genitore alienante è il padre e il secondo di livello medio-lieve in cui il genitore programmatore è la madre.

Migena Lahi, Miretta Prezza

Le conseguenze della violenza domestica sul benessere fisico delle donne

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 1 / 2010

La violenza domestica è considerata uno dei maggiori problemi di sanità pubblica in tutto il mondo. L’obiettivo di questo lavoro è quello di identificare le conseguenze della violenza domestica perpetrata dagli uomini sul benessere fisico delle donne che la subiscono. A tale scopo è stata effettuata un’attenta recensione della letteratura internazionale, la quale ha portato all’identificazione di una molteplicità di conseguenze sul benessere fisico e riproduttivo, e di alcuni dei meccanismi che collegano i maltrattamenti a queste conseguenze. I maltrattamenti perpetrati all’interno delle mura domestiche hanno degli effetti plurimi e devastanti, sia di lungo che di breve termine, sulla salute delle donne che li subiscono.

Stefania Tambone, Rosalinda Cassibba, Lara Luchinovich, Silvia Godelli

Un’indagine sulle conseguenze psicologiche dell’abuso attraverso l’uso del test di Rorschach

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 1 / 2010

Il presente lavoro è finalizzato a comprendere se e quanto il test di Rorschach possa aiutare a valutare le conseguenze dell’abuso, nelle sue varie forme, su specifiche aree dello sviluppo psicologico dei bambini che ne sono vittime. La ricerca è stata condotta su un campione di 40 bambini di età compresa tra i 6 e i 10 anni, di cui 20 vittime di abuso e 20 non abusati. Dalla comparazione fra bambini vittime di abuso e gruppo di confronto è emerso che il gruppo di bambini abusati è caratterizzato da una produzione ideativa limitata, carente sul piano della qualità formale, da un elevato controllo della sfera emotiva attraverso il ricorso a massicci meccanismi di rimozione, da una scarsa capacità di introiezione e dall’assenza di oggetti interni identificatori.

Vittoria Ardino, Paola Di Blasio, Luca Milani

Disturbo post-traumatico e comportamento criminale: rischio di recidiva e costrutti personali

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 1 / 2010

Gli eventi traumatici causano esiti psicopatologici di natura diversa e con diverse configurazioni di sintomi. Il presente studio analizza le cognizioni post-traumatiche nei contesti forensi per verificare le connessioni tra esperienze di traumatizzazione precoce, sintomi del Disturbo Post-Traumatico da Stress e rischio di recidiva di reato in una popolazione carceraria. L’ipotesi principale sostiene che cognizioni disfunzionali (worry, percezione negativa del supporto degli altri) mediano la relazione tra i sintomi DPTS ed il rischio di recidiva. Lo studio, inoltre, esplora il modello della Psicologia dei Costrutti Personali basato sulla teoria di Kelly (1995) per comprendere in che modo un sistema di credenze post-traumatico possa frammentare la visione del mondo e del Sé del campione. I risultati hanno mostrato che la percezione negativa del supporto degli altri media tra sintomi DPTS e rischio di recidiva e che i partecipanti con i sintomi DPTS hanno maggiori difficoltà ad integrare eventi traumatici e il reato stesso all’interno del loro sistema di costrutti e credenze.

The abused to abuser theory of offending is not widely supported by the literature. Not only does this notion suffer from deficits common to all single explanation models, but also has the potential to further stigmatise victims of abuse. However, using a case study, this paper will argue that the impact of abuse should be more carefully considered at both the aetiological, assessment and intervention levels for various forms of family violence. It will be proposed that the impact of abuse could, for some individuals, be conceptualised as a core risk factor for different types of violent offending. However, in order to fully realise the potential benefits of this stance a more unified approach to forensic issues is needed with integration of information from multiple theoretical perspective, and practice dimensions.

Andrew Moskowitz

How can dissociation help us to understand violent behaviour?

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 1 / 2010

The connection between dissociative experiences and violent behaviour, while well established in literature, has been ignored in criminological and public policy debates. Throughout the Western world, homicides are regularly reported by the media in which friends or family members express astonishment, insisting the accused to be "incapable" of such behaviour because he was "a nice guy", "a good friend", etc. Many people continue to believe that a person’s public behaviour is consistent with what they are like in private, which ignores the reality of dissociation. This paper will attempt to correct this perception by discussing several ways in which dissociation and violence may be linked. Following a brief overview of dissociation and the Dissociative Experiences Scale, evidence will be presented to suggest that dissociation may mediate the so-called intergenerational "cycle of violence". I will then consider the prevalence and significance of ongoing dissociative experiences reported by prisoners and offenders, dissociative experiences occurring at the time of a violent offence, and reported levels of amnesia subsequent to homicides. Finally, I will discuss a proposed type of homicide offender, known as "over-controlled hostile" - a person with no history of aggression and significant difficulties with assertiveness - which could be considered to be dissociative in nature. Key words: dissociative experiences, violence, amnesia, peri-traumatic dissociation, homicide