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Nei primi anni Cinquanta del Novecento iniziano a farsi strada nel dibattito interno all’istituzione militare italiana argomentazioni che tendono a ridefinire la natura della minaccia posta dall’Unione Sovietica. Ripensamenti suscitati da stimoli e spinte provenienti dal contesto internazionale — le crisi nel Mediterraneo, in Algeria e a Suez, e soprattutto quella in Ungheria nel 1956 — trovano una sintesi nella teoria della guerra rivoluzionaria di provenienza francese. Leggendo la Guerra fredda come un permanente conflitto di aggressione all’Occidente da parte del comunismo globale, i teorici della guerra rivoluzionaria identificano nella politica della distensione una delle armi più efficaci a disposizione dell’avversario. Di conseguenza il pacifismo, sia nella sua versione socialcomunista, sia nella declinazione cristiano-sociale, appare come una vera e propria arma nelle mani del nemico. Potrebbe sembrare un discorso tutto interno all’istituzione militare italiana, se non fosse che va a innestarsi in un più ampio discorso politico già presente nel Paese almeno dal 1947, rafforzandolo e legittimandolo da un punto di vista tecnico.

Nell’ambito della più generale offensiva condotta dai governi centristi alle autonomie locali guidate dalle sinistre, centinaia di amministratori comunali furono implicati in procedimenti giudiziari o amministrativi per il loro attivo coinvolgimento in manifestazioni e iniziative per la pace. Il saggio ripercorre le vicende del decennio che si aprì con l’estromissione delle sinistre dal governo nazionale (1947), dal punto di vista dell’attacco alle autonomie locali, attuato in chiave anticomunista con il fondamentale apporto dei prefetti. Si propongono dati qualitativi e una prima messa a punto quantitativa di un fenomeno poco approfondito a livello storiografico, analizzando alcuni fondi del ministero dell’Interno relativi a tutte le province d’Italia e compiendo un significativo affondo su nove di esse.

Marco Labbate

Obiezione di coscienza e rappresentazioni di genere nell’Italia repubblicana

ITALIA CONTEMPORANEA

Fascicolo: 308 / 2025

Se non mancano gli studi sul rapporto tra guerra, servizio militare e virilità, meno affrontato è invece il nesso che il rifiuto del servizio militare instaura con le rappresentazioni del maschile e del femminile. Il saggio cerca di indagare questa relazione in tre tempi: il primo si concentra sull’interpretazione dell’obiezione di coscienza da parte del pacifismo maternista; il secondo guarda da un lato all’autorappresentazione dell’obiettore e al modo in cui questa interagisce con il tradizionale modello di virilità, dall’altro all’immagine veicolata dall’estrema destra che vede nell’obiettore un antagonista del modello di mascolinità. La terza parte si concentra, infine, sulla peculiare interpretazione della leva che viene elaborata dal femminismo disarmista, soprattutto in vista dell’allargamento del servizio militare al volontariato femminile.

Omer Bartov

La guerra di Israele a Gaza e la questione del genocidio

ITALIA CONTEMPORANEA

Fascicolo: 308 / 2025

Il nostro presente è dominato dal riproporsi della guerra quale strumento principe per la risoluzione di controversie e crisi nello scenario globale. Proprio di fronte a questo stato di cose, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia decidemmo di mettere in cantiere la sezione monografica del presente numero della rivista, dedicata a “Culture e pratiche della pace in Italia. Dal 1945 a oggi”. Da allora, il quadro è diventato ancora più fosco. Il coinvolgimento della popolazione civile, in primis a Gaza, ha assunto forme sempre più drammatiche.Tutto questo sollecita con urgenza la riflessione di studiose/i di discipline quali il diritto (penale) internazionale e la storia delle relazioni internazionali, ma naturalmente anche la storia contemporanea, che si è dimostrata capace di dare un contributo essenziale alla comprensione delle dinamiche belliche e in particolare del vissuto di chi la guerra la subisce.Gli scenari delineatisi negli ultimi anni hanno infatti riportato in primo piano una violenza generalizzata contro i civili, che ha richiamato nel dibattito pubblico categorie come crimini contro l’umanità, pulizia etnica e genocidio.Per questo motivo abbiamo scelto di includere in questo fascicolo anche un contributo che non ha la forma del saggio di ricerca né della nota di discussione storiografica. Si tratta della relazione di Omer Bartov alla “Conference on the Jewish Left”, tenutasi il 28 febbraio 2025 presso l’Università di Boston.Bartov è uno dei massimi esperti nel campo dei Genocide Studies e il suo libro “Anatomy of a Genocide” (2018) è stato insignito dello Yad Vashem International Book Prize for Holocaust Research nel 2019. La sua riflessione sulle tragiche vicende di Gaza e la categoria di genocidio nasce come intervento pubblico di uno studioso di alto profilo specializzato sul tema, finalizzato a sollecitare il dibattito e l’analisi storica a fronte di un quadro di guerra eccezionale, impossibile oggi da ignorare.  Lo proponiamo dunque ai nostri lettori e lettrici, in considerazione della centralità che rivestono per “Italia contemporanea” i temi della guerra e della violenza. Siamo infatti intenzionate/i a tornare nei prossimi fascicoli a discutere della trasformazione dei conflitti armati, delle loro forme e delle loro conseguenze, nonché specificamente della categoria di genocidio, ospitando articoli sul mutamento di concetti e periodizzazioni che la cesura del 2022 e l’attualità hanno imposto nel confronto pubblico internazionale, come anche nella sensibilità e nelle prospettive d’analisi di storiche e storici dell’età contemporanea. La redazione

Massimo Baioni

Romanità e dintorni. Letture e usi pubblici dell’antico nell’Italia fascista

ITALIA CONTEMPORANEA

Fascicolo: 308 / 2025

L’articolo prende in esame alcuni volumi recenti dedicati all’uso pubblico dell’antico nell’Italia unita, con particolare riferimento ai miti della romanità in epoca fascista. L’autore evidenzia come la discussione storiografica abbia conosciuto importanti trasformazioni negli ultimi decenni: l’antico è diventato un osservatorio privilegiato per ricostruire più ampie dinamiche politiche, culturali e sociali che riguardano i processi di legittimazione del potere, il ruolo delle immagini e delle mostre, lo spazio urbano, l’importanza attribuita all’architettura, all’archeologia, all’arte. La discussione sugli usi pubblici dell’antico e della romanità consente di evidenziare le tante implicazioni della questione: i vari soggetti protagonisti, gli strumenti della trasmissione della storia, gli aspetti di continuità e rottura tra Italia liberale, Italia fascista, Italia repubblicana.

Annalisa Capristo

La mancata nomina del cardinale Giovanni Mercati all’Accademia d’Italia nel 1937

ITALIA CONTEMPORANEA

Fascicolo: 308 / 2025

Il saggio ricostruisce la bocciatura della candidatura del cardinale Giovanni Mercati all’Accademia d’Italia nell’aprile del 1937 ed è basato su un insieme documentario inedito ricavato da vari archivi, italiani e vaticani, oltre che su testimonianze diaristiche, articoli tratti dalla stampa dell’epoca e da quella postbellica. La vicenda è interessante anche in relazione a un altro tema storiograficamente rilevante: la progressiva definizione da parte di Mussolini e del fascismo di una politica antiebraica, che proprio nel 1937 giunse a un punto di maturazione molto avanzato, anche se ci volle ancora un anno perchè venisse annunciata pubblicamente.Resta comunque una vicenda complessa, con numerose implicazioni politiche anche internazionali, ambientata in un’Italia ormai avviata verso il razzismo e l’antisemitismo.

Autori Vari

Rassegna bibliografica

ITALIA CONTEMPORANEA

Fascicolo: 308 / 2025

Il Fascismo in Marcia; Identità, confini, territori; L’internamento militare nella Seconda guerra mondiale; Dopo l’8 settembre; Violenza politica e terrorismo negli anni Settanta; Anni di cambiamento: divorzio e femminismi; Percorsi biografici a cavallo di due secoli; Per una storia dell’ambiente; ItalianAmerican: storia culturale transnazionale

Saverio Colacicco

I beni degli stranieri. La spoliazione dei “beni nemici” in Lombardia

STORIA IN LOMBARDIA

Fascicolo: 1 / 2025

La spoliazione e la confisca dei beni privati, industriali e commerciali appartenenti a cittadini perseguitati per motivazioni razziali e considerati “nemici” ha rappresentato un tratto distintivo della politica interna del regime fascista tra il 1938 e il 1945. A differenza, però, delle vicende di persecuzione economica a danno dei cittadini considerati ebrei, quelle relative ai cosiddetti “nemici” non sono state oggetto di grande interesse storiografico. Pertanto, è stato fornito anzitutto un quadro generale della normativa di riferimento che colpì le proprietà cosiddette “nemiche”. Allo stesso tempo, attraverso lo studio dei documenti del Fondo Egeli, custoditi presso l’Archivio storico Intesa Sanpaolo di Milano, è stato possibile analizzare l’operato della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde (Cariplo) che, tra il 1939 e il 1945, si occupò della gestione sia dei beni ebraici sia di quelli “nemici” sottoposti a sequestro e confisca da parte delle autorità fasciste. Infine, è stato selezionato il percorso di spoliazione, confisca e restituzione dei beni della famiglia Molho-Bassano nell’ottica di una costruzione di un case-study.

Sono passati 103 anni dalla marcia su Roma. Sebbene il primo governo guidato da Benito Mussolini non fosse ancora propriamente dittatoriale, il 1922 sarebbe stato considerato dal futuro regime l’“anno zero” della nuova epoca fascista. La stampa del tempo costituisce oggi una fonte preziosa per gli storici: in primis, per ricostruire quanto accaduto e, in secondo luogo, per analizzare quale fosse l’interpretazione degli eventi data dai principali quotidiani milanesi. Leggendo l’«Avanti!», il «Corriere della Sera» e «Il Popolo d’Italia» si ha talvolta l’impressione di vivere su pianeti diversi. La guerra civile che si combatteva nel Paese si rifletteva anche nei giornali, diventando una guerra di informazioni: i fatti venivano interpretati in modo divergente, la colpa degli eventi attribuita ai fascisti o ai “sovversivi”, e veniva dato risalto ad avvenimenti meglio strumentalizzabili a sostegno della propria narrazione; ciascuna delle testate prese in esame di fatto raccontò la realtà secondo la propria linea politica. Nel presente saggio l’autore analizza tali dinamiche, arricchendo la lettura delle fonti giornalistiche con approfondimenti storiografici e archivistici, grazie alle carte degli Archivi di Stato di Milano, Cremona e Roma, per svelare utili retroscena non riportati dalla stampa coeva. La ricerca si focalizza in particolare su una selezione di eventi, alcuni dei quali ignorati o trascurati dalla storiografia, ma in grado di restituire un’immagine più viva e concreta del clima di violenza e propaganda che ha caratterizzato l’ascesa del fascismo.

Anna Paola Arisi Rota

Città e potere nel ciclo seicentesco dei dipinti di san Siro per il Duomo di Pavia

STORIA IN LOMBARDIA

Fascicolo: 1 / 2025

Il presente lavoro evidenzia il contributo del ciclo delle Storie di San Siro, realizzato tra gli anni Sessanta e Settanta del Seicento, all’affermazione del culto civico del santo patrono. Nelle immagini scenografiche di Carlo Sacchi, Filippo Abbiati e Andrea Pozzo, in cui attualità e passato si fondono, «tutto il popolo di Pavia» si può riconoscere accanto a san Siro: tra i devoti figurano infatti non solo gli uomini di potere, ma anche gli emarginati della comunità. D’altra parte la committenza dell’impresa decorativa coinvolge istituzioni religiose e civili, di cui, in questa sede, sono approfondite alcune figure, soprattutto quelle dei fratelli Menocchio e del senatore Giacomo Menocchio, che persegue la strategia culturale del Senato di Milano. Infine, riconsiderando alcune fonti, si individua la paternità della stampa di San Siro incisa da David Custos e si recupera la preziosa testimonianza tardo settecentesca di Giuseppe Bertolasio, che fornisce informazioni inedite sui restauri dei dipinti di Pozzo e di Abbiati, proponendo una diversa lettura dei soggetti dei dipinti più prestigiosi riaffermandone, comunque, il forte valore civile e politico.

Il presente articolo si propone di esaminare, anche alla luce dei recenti interventi della Corte costituzionale in materia, i modelli dell’adozione mite e dell’adozione aperta sorti nella prassi giurisprudenziale al fine di adeguare il sistema legislativo della filiazione adottiva alle sollecitazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte EDU. I citati istituti consentono la conservazione delle relazioni socioaffettive con taluni componenti della famiglia d’origine, ove questi siano ritenuti dal giudice figure positive per l’equilibrato sviluppo del minore, anche nell’ottica di una progressiva valorizzazione e tutela dell’identità personale dell’adottato.

Ludovica Di Paola, Lisa De Luca, Enrico Imbimbo, Ersilia Menesini, Annalaura Nocentini

Childhood neglect and well-being in youth and adulthood: A meta-analysis

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 2 / 2025

English abstract. Given the negative long-term consequences of childhood neglect for well-being, this issue requires attention. This study examined whether the relationship between childhood neglect and well-being in youth and adults varies according to the type of neglect, the country, and the age of the participants. The meta-analysis revealed a negative association between neglect and well-being. Specifically, the effect of neglect on well-being was greater in youth than in adults, whereas the effect was smaller in studies from Asia. Regarding the type of neglect, emotional neglect appeared to have a greater impact on well-being than physical or general childhood neglect. When implementing interventions to mitigate the effects of childhood neglect, it is important to consider age and cultural differences.

Alfredo Verde, Gabriele Rocca, Giulia Gibelli

Vissuti traumatici nell’infanzia di minori autori di reato, carriera criminale e desistenza dal crimine

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 2 / 2025

Il presente contributo, basato su una ricerca in corso sulla desistenza dal crimine di 32 soggetti adulti condotta attraverso interviste non strutturate (FANI – Free Association Narrative Interview) secondo un approccio ispirato alla criminologia narrativa e alla criminologia psicosociale, valuta la qualità del processo di desistenza di dieci soggetti studiati, caratterizzati da un’infanzia traumatica e un esordio criminale in età minorile, con riferimento alla qualità della relazione con gli operatori del trattamento incontrati. Il lavoro offre una prima illustrazione dei rapporti fra traumi, carriera criminale e peculiarità dell’output, descrivendone dettagliatamente le caratteristiche e gli esiti con riferimento a tre soggetti esemplificativi. La storia dettagliata dei casi e il confronto fra loro permette di approfondire la complessità di ciascun percorso e può costituire uno stimolo per approfondimenti anche quantitativi.

Rossella Procaccia, Giulia Segre

Analisi delle dinamiche intrapsichiche e interpersonali nel minorenne reo e l’impatto sul rischio di recidiva

MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL’INFANZIA

Fascicolo: 2 / 2025

La recidiva rappresenta il fenomeno per cui un individuo che ha commesso un reato tende a reiterare comportamenti devianti, nonostante le esperienze punitive o riabilitative precedenti. Nel contesto minorile, la recidiva assume una dimensione particolarmente delicata, poiché i giovani sono in una fase cruciale di sviluppo psicologico e sociale. Fattori come il contesto familiare, le esperienze traumatiche, la capacità di elaborare conflitti interni e il supporto sociale possono influire significativamente sulla probabilità di recidiva. In Italia, il sistema giuridico minorile punta a coniugare giustizia e riabilitazione, cercando di intervenire sul rischio di recidiva con approcci personalizzati e programmi di reintegrazione, per favorire il reinserimento positivo del minore nella società. L’analisi psicologica e psicodinamica di questi fenomeni è fondamentale per comprendere le radici del comportamento criminale e per sviluppare interventi mirati ed efficaci. La presente ricerca si è posta l’obiettivo di analizzare quali dinamiche intrapsichiche (es: deficit nella regolazione emotiva, scarso controllo degli impulsi; deficit nelle funzioni esecutive; senso di autoefficacia; meccanismi di difesa; etc.) e interpersonali (es: esperienze pregresse di violenza; qualità delle relazioni famigliari; caratteristiche del contesto di crescita, etc.) predicano il rischio di recidiva in un campione di 30 giovani (età media = 18,20; DS = 2,06) confrontando il gruppo di reati violenti (56,7%) con il gruppo dei reati non violenti (43,3%).