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Il ritorno degli antenati in psicoanalisi
Negli ultimi decenni il tema dell’eternità e della resurrezione dei morti sono entrati di prepotenza sulla scena della psicoanalisi e della terapia familiare. Il materiale della ricerca si basa sulla presentazione e discussione di conversazioni con i pazienti, ma anche su richiami alla tradizione poetica e teatrale classica, da Omero a Eschilo a Seneca.
cod. 1245.44
cod. 1305.48
Un quadro di riferimento pratico per l’organizzazione operativa delle tecniche del counselling (intendendo, con tale termine, ogni rapporto instaurato con lo scopo di chiedere un supporto professionale per la soluzione di un problema). Un testo di particolare interesse per psicologi, psicoterapeuti e per studenti in formazione.
cod. 216.3
Un’ampia selezione di articoli apparsi sulla rivista Il ruolo terapeutico. In essi il lettore troverà la testimonianza personale, diretta, viva, autentica di chi pratica la terapia.
cod. 1329.9
Guida pratica per i professionisti
Un esaustivo manuale di tecniche per quanti praticano la professione di counsellor. Un testo facile da consultare per richiamare alla mente una tecnica, per verificare la successione dei passi di un intervento, ma anche per cogliere semplicemente lo spunto per un nuovo, personale intervento creativo.
cod. 1305.107
Riflessioni per una società trasparente
Tre sono le parole chiave intorno alle quali si è costruito il volume: trasparenza, immateriale, misurare. Nella pratica, le misure degli oggetti immateriali possono svolgere un ruolo cruciale, ad esempio, per la verifica dei risultati in psicoterapia, o per la valutazione dell’efficienza di una struttura ospedaliera o giudiziaria, o in molte altre situazioni simili di rischio in condizioni di incertezza.
cod. 1240.324
Lo psicodramma psicoanalitico in adolescenza
cod. 1250.100
Nel 1962 per la prima volta Pier Francesco Galli enunciò il concetto di attività interpretativa continua in una conferenza a Milano al Gruppo Milanese per lo Sviluppo della Psicoterapia, poi chiamato Psicoterapia e Scienze Umane (questa conferenza è stata ripubblicata in Psicoterapia e Scienze Umane, 2006, XL, 2: 203-220). Nello stesso tempo avanzò l’ipotesi che dopo un congruo numero di anni si sarebbe potuto costruire una teoria generale della psicoterapia proprio a partire dal concetto di attività interpretativa continua. Dopo circa 45 anni, l’autore con questo articolo riapre il discorso interrotto ed espone alcune considerazioni su due scritti di Galli, quello del 1962 prima citato e un lavoro del 2006 (pubblicato su Psicoterapia e Scienze Umane, 2006, XL, 2: 153-164), come contributo preliminare alla costruzione di una teoria generale della psicoterapia scientificamente basata sul concetto di attività interpretativa continua.
L’Autore in questa presentazione, seguendo le teorie del Conversazionalismo, ha demarcato, concettualmente e empiricamente, la conversazione dalla comunicazione, le quali, dagli anni Settanta in poi, erano state confuse dalle teorie della Pragmatica e della Psicologia cognitiva per via dell’assimilazione del concetto di conversazione all’interno del modello della comunicazione. Concettualmente, la conversazione è qui trattata come un oggetto esclusivamente linguistico, cioè come una sequenza di elementi discreti, - le parole di una persona in presenza di un’altra persona, - costituita da regole grammaticali. D’altra parte, la comunicazione è considerata come uno scambio di informazioni secondo codici diversi - condivisi tra due o più individui, - cioè secondo sistemi di segnali e simboli di vario tipo, acustico, visivo, corporeo, gestuale, mimico, eventualmente linguistico, retti dalle regole della logica e della pragmatica. Dal punto di vista dell’osservazione empirica, le funzioni della comunicazione possono mostrarsi selettivamente compromesse mentre le funzioni della conversazione continuano a restare relativamente intatte, in una sorta di dissociazione modulare che è stata chiamata il fenomeno della «conversazione senza comunicazione». Il fenomeno della conversazione senza comunicazione, più frequente di quanto non si creda anche nella vita di ogni giorno, e presente in particolare in alcune forme di patologia psicotica, è tuttavia specifico dei pazienti Alzheimer. Come spesso accade, anche nel salto dalle teorie della comunicazione pragmatiche e cognitive alle teorie conversazionali della conversazione nell’approccio all’Alzheimer, un cambiamento delle teorie rispetto a un oggetto di studio comporta un cambiamento del modo di vedere il medesimo oggetto e di trattarlo. Dalla prospettiva pragmatica e cognitiva, che focalizza i suoi programmi sul deficit e sulla dissoluzione della comunicazione (con risultati peraltro molto interessanti e ormai patrimonio comune di tutti i ricercatori), discende logicamente, sul piano della cura, l’attivazione di progetti di rieducazione o di riabilitazione in particolare delle funzioni semantiche e lessicali della comunicazione compromesse dalla malattia. Dalla prospettiva invece del Conversazionalismo, che orienta il suo interesse primario sulla buona conversazione, consegue razionalmente l’indicazione di centrare l’approccio della cura sulla risorsa a disposizione, cioè sulla conversazione relativamente conservata rispetto alla comunicazione danneggiata o dissolta. Questo orientamento si specifica in una serie di procedure conversazionali, semplici e lineari, nelle quali il conversante tenterà, in termini tecnici, di restituire al paziente i motivi narrativi possibili delle sue parole, senza chiedere più di quanto nelle sue parole ci sia o sembri esserci.
In questo articolo l’Autore presenta il conversazionalismo come una teoria della conversazione formale, quantitativa e grammaticale. Attraverso numerosi esempi di conversazioni registrate, l’Autore mostra che le teorie semantico-pragmatiche di conversazione non sono adatte a esplicare la conversazione con i malati di Alzheimer. Queste particolari conversazioni sono tipicamente caratterizzate dal fatto che il malato di Alzheimer può rispondere in modo gentile a una domanda di cui non ha afferrato il significato, senza neanche capire cosa stia dicendo. La teoria formale quantitativa grammaticale, invece, si pone al di fuori dell’orizzonte del significato e punta agli indicatori del testo, spiega perfettamente non solo l’attuale profilo formale di una singola conversazione, ma anche le differenze con le successive conversazioni del paziente. Queste differenze formali, quantitative e grammaticali permettono di individuare i cambiamenti (legati per es. all’evoluzione della malattia o agli interventi terapeutici) delle conversazioni nel tempo.
cod. 1422.5
L'esperienza della fondazione
cod. 2000.758