Al di là dei trionfalismi, il bilancio dei 40 anni della Legge 180 non può dirsi pienamente soddisfacente. Questo giudizio risente delle enormi disparità nell’offerta territoriale e delle caratteristiche quali-quantitative degli interventi che persistono dopo oltre mezzo secolo di pratiche anti-manicomiali. Tuttavia, in nessun altro Paese al mondo si sono ottenuti risultati così significativi a fronte di un investimento tanto contenuto. La Riforma del 1978 ha rivoluzionato il modo di assistere le persone con disturbi psichiatrici attraverso una rete capillare di servizi di Salute mentale di comunità. Tutto questo dedicando solo il 3,5% del Fondo Sanitario Nazionale alla salute mentale, a fronte del 10% e oltre di Francia, Germania e Regno Unito. I tagli alla sanità, le restrizioni al turn-over del personale, l’accorpamento delle ASL, creano condizioni opposte ai principi di una salute mentale di comunità. La risposta dei DSM rischia di assumere caratteristiche sempre più riduttive, quasi esclusivamente farmacologiche a dispetto di interventi psicoterapici e di inclusione sociale. I dati riportati in questo lavoro testimoniano che la Riforma del 1978 ha realmente determinato una rivoluzione dell’assistenza in salute mentale, ma che persistono profonde disuguaglianze regionali nella capacità di intercettare il disagio psichico e nei livelli essenziali di assistenza rispetto agli standard previsti dalle linee guida. Garantire il diritto alla cura attraverso pratiche uniformi sul territorio nazionale, rivolte all’inclusione sociale delle persone con disturbi psichiatrici, sarà l’obiettivo dei prossimi 40 anni.
Keywords: Legge 180, psichiatria di comunità, disuguaglianze, epidemiologia