Il filo unitario della ricerca di Giovanni Vailati viene ora più nitidamente alla luce: illuminando insieme la statura del pensatore cremasco che i firmatari del Manifesto del Circolo di Vienna non esitarono a collocare accanto a Russel, Wittgenstein e Peano.

La sua pratica filosofica culmina nell'acquisizione di un sistema di nozioni fondamentali presupposte implicitamente in tutte le scienze: sistema che si potrebbe denominare «ontologia ipofisica» per sottolineare la differenza dalla metafisica tradizionale o dalla «nomologia» di cui parlano Husserl e Naville.

Sulla scorta della distinzione brentaniana di conoscere e volere, Vailati vede il campo del comunicare come parte di quello del sapere che a sua volta è parte di quello, infinitamente più dilatabile, del desiderio e del volere.

Ma il nesso antropologia-logica-morale, da ricercarsi dentro il linguaggio come modo di organizzazione intersoggettiva dei dati dell'esperienza, rimane il tessuto inconsutile della sostanza perenne del filosofare.

Di tali e di altre coordinate storico-teoretiche si trovano utili riscontri in questo carteggio, che viene offerto al pubblico insieme con altre 72 lettere finora inedite di Vailati ad Amato Pojero.