RISULTATI RICERCA

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Manuela Zambianchi

Benessere eudaimonico ed autoefficacia percepita nel problem solving creativo in età giovanile

RICERCHE DI PSICOLOGIA

Fascicolo: 4 / 2018

Facendo riferimento ai modelli di sviluppo positivo nei giovani, lo studio ha approfondito la relazione tra autoefficacia percepita per il problem solving creativo ed il benessere eudaimonico, definito come l’attualizzazione dei talenti e delle potenzialità dell’individuo entro la società (Ryff e Singer, 2008). 125 studenti universitari del Campus di Rimini (età m. = 20.80; DS = 2.24) hanno compilato i seguenti questionari: Questionario PWB sul benessere eudaimonico (Ryff, 1989); questionario sull’autoefficacia percepita nel problem solving creativo (Pastorelli et al., 2001). I risultati indicano che il possesso di una buona autoefficacia per il problem solving creativo costituisce un predittore significativo del benessere eudaimonico, sia come misura globale, sia per la maggior parte delle sue sotto-componenti. L’età invece rappresenta un predittore negativo del benessere eudaimonico.

A cura della Redazione

Recensioni

QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA

Fascicolo: 43 / 2018

Cristiana Patrizi, Valeria Semeraro, Maria Pontillo, Rosaria Monfregola, Lorenza Isola

Riflessione sulla diagnosi del perfezionismo in età evolutiva

QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA

Fascicolo: 43 / 2018

C’è un crescente interesse nella ricerca sul perfezionismo in età evolutiva, anche perché sempre più si evidenzia la sua relazione con varie forme di disagio nei bambini e negli adolescenti. Nelle fasi iniziali della terapia può essere utile indagare la presenza di perfezionismo e discriminare se si tratti di una forma di perfezionismo che mantiene le sue caratteristiche adattive o, al contrario, presenti aspetti maladattivi o clinici. In tale ottica è stato preso in esame l’uso su un campione italiano del questionario CAPS The Child-Adolescent Perfectionism Scale (Flett e Hewitt, 1990). È uno degli strumenti più utilizzati nella ricerca per valutare il perfezionismo nei bambini e negli adolescenti ed è stato testato in varie culture con campioni clinici e non. Verranno qui analizzati i dati preliminari di una ricerca su un ampio campione non clinico composto da bambini e ragazzi fra i 9 e i 18 anni individuati presso scuole di Roma e provincia. È stata verificata l’affidabilità del questionario CAPS e l’associazione fra i dati rilevati e la presenza di sintomi di ansia e depressione.

Federica Russo, Anna Torre, Diana La Rocca, Valeria Semeraro, Rosaria Monfregola, Lorenza Isola

Fattori di rischio e fattori di protezione nella genitorialità adottiva

QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA

Fascicolo: 43 / 2018

Sempre più frequentemente si viene a contatto con situazioni cliniche riconducibili a problematiche psicologiche conseguenti al processo adottivo, sia per quanto riguarda la coppia genitoriale sia i soggetti adottati. Per questo motivo ci si è posti l’obiettivo di analizzare l’intero iter adottivo. L’applicazione, ad oggi, di un intervento sulla situazione antecedente presenta una serie di difficoltà. Si è cercato di capire dunque se fosse possibile rintracciare i fattori di rischio e di vulnerabilità insiti in questo percorso al fine di stilare un protocollo utile alla risoluzione dei problemi che si slatentizzano nel momento immediatamente postumo all’adozione. Il focus del presente lavoro è sul CUIDA, un questionario ampiamente utilizzato nella pratica clinica in Spagna, in materia di adozioni, affido e accoglienza dei minori, per la valutazione della coppia genitoriale richiedente. L’idea è di affiancare al questionario precedentemente citato, un’intervista semi-strutturata, creata ad hoc. Il fine è quello di definire, nelle fasi di assessment, i fattori di vulnerabilità della coppia richiedente e del soggetto adottato, in modo da avere un obiettivo terapeutico immediato e condiviso che sia supportato da uno strumento validato e affiancato da un’indagine specifica effettuata tramite l’intervista.

Mauro Adenzato, Simone Pellegrino, Rita B. Ardito

La specificità della memoria autobiografica e il fenomeno dell’ipergeneralizzazione della memoria: note cliniche e di ricerca

QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA

Fascicolo: 43 / 2018

La memoria autobiografica è la memoria riferita al Sé e si fonda sui sistemi di memoria episodica e semantica. Gli studi che si concentrano sulla specificità con cui i ricordi autobiografici vengono recuperati rappresentano una particolare linea di ricerca all’interno degli studi sulla memoria autobiografica. Molte ricerche hanno confermato l’esistenza di una tendenza a richiamare ricordi categoriali (ovvero ricordi riferiti a una "classe" di eventi) e non ricordi specifici - tendenza definita ipergeneralizzazione della memoria (overgeneral memo-ry) - come condizione stabile associata in particolare a depressione e disturbo da stress post traumatico. Il presente lavoro discute le principali teorie relative al fenomeno della ipergene-ralizzazione della memoria e ipotizza un’influenza dell’attaccamento sullo stile di rievocazione autobiografica, e in particolare sulla specificità della memoria autobiografica, ovvero sulla flessibilità nella regolazione del livello di specificità su cui un individuo si sofferma durante una ricostruzione autobiografica e sulla sua capacità di rievocare episodi specifici per tempo e luogo, accompagnati dall’esperienza soggettiva del "ricordare".

Florindo Sacchi, Eugenio Mercuri, Marika Pane, Daniela Chieffo, Benedetto Farina

Il profilo dei deficit neuropsicologici cognitivi della malattia di Duchenne: uno studio empirico controllato e le sue ricadute psicoter apiche

QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA

Fascicolo: 43 / 2018

Il nostro studio ha avuto l’obiettivo di descrivere il profilo neuropsicologico cognitivo in bambini con malattia di Duchenne (DMD), in particolare con deficit cognitivi a carico di attenzione, memoria, funzioni esecutive, abilità visuo-spaziali e linguaggio. È opinione condivisa che tali deficit fossero dovuti a un generico ritardo mentale; per confutare tale credenza sono stati selezionati pazienti con un IQ medio di 93.9 e un gruppo di controllo. In entrambi i gruppi sono stati utilizzati specifici test dello sviluppo: BVL_4-12, VMI, VAUMeLF, PV, Test delle Campanelle, WPPSI III e Scala Griffiths. Paragonando i gruppi, è emerso che i bambini con DMD presentavano deficit nella ripetizione di frasi, parole e non parole, nell’articolazione e nei task attentivi. Lo studio ha esaminato bambini in età prescolare (4-5 anni), in quanto poche ricerche scientifiche trattano della malattia di Duchenne in bambini in età evolutiva, preferendo lo studio su soggetti di età puberale o adolescenziale. Il fine a cui aspiriamo, è di giungere ad una diagnosi rapida e corretta. Oggigiorno, risulta ottimale esclusivamente la terapia steroidea, che sebbene rallenti il decorso della malattia, non consente di ristabilire le funzioni perse e compromesse. Importante e quindi da non sottovalutare è comunque l’aspetto psicologico e psicoterapeutico, che non solo lavorerà sul singolo individuo, ma anche sulle dinamiche familiari, favorendo in tal modo l’accettazione, il più possibilmente serena della malattia e delle sue conseguenze, coadiuvando così con il trattamento sanitario.

Emilio Vercillo, Giancarlo Santone, Rossella Carnevali

Strategie farmaco terapeutiche nei disturbi post-traumatici. L’esperienza su una popolazione di rifugiati

QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA

Fascicolo: 43 / 2018

La psicofarmacoterapia delle patologie post-traumatiche non è una terapia mirata al quadro diagnostico, e neanche può essere una terapia sintomatica punto a punto su tutti i sintomi della patologia. Gli autori propongono una visione strategica della farmacoterapia del paziente post-traumatico, all’interno della struttura complessiva del trattamento. In questo lavoro viene rivista e commentata la letteratura sull’uso, l’efficacia e l’utilizzo delle varie categorie di farmaci, e vengono presentate infine alcune proposte di uso dei farmaci, basate sulla loro esperienza in un servizio per i rifugiati.

Enrico Maria Valenti, Alessandro Zarfati, Maria Sole Nicoli, Margherita Onofri, Claudio Imperatori, Benedetto Farina, Cecilia La Rosa, Paola Castelli Gattinara, Antonio Onofri

Utilità del neurofeedback in associazione alla terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento dello spettro impulsivocompulsivo: dati preliminari di uno studio sperimentale naturalistico

QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA

Fascicolo: 43 / 2018

Nel presente lavoro è stata approfondita l’utilità terapeutica del neurofeedback in associazione alla terapia cognitivo-comportamentale, nel trattamento di pazienti con disturbi dello spettro impulsivo-compulsivo. Allo studio hanno preso parte 19 soggetti che hanno condotto 10 sedute di alpha/theta training, in associazione con sedute di terapia cognitivo-comportamentale. A seguito del protocollo di neurofeedback è stato riscontrato un incremento delle capacità di mentalizzazione, una riduzione della disregolazione emotiva e una riduzione della sintomatologia impulsiva legata alla pianificazione. È stata osservata, inoltre, un’associazione tra l’indice di apprendimento al neurofeedback e il miglioramento sintomatologico. Tali risultati suggeriscono l’utilità di questa tecnica di neuromodulazione in associazione con la terapia cognitivo-comportamentale tradizionale nel trattamento di pazienti con disturbi dello spettro impulsivo-compulsivo.

Sara Ricciardi

Recensioni libri

RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE

Fascicolo: 48 / 2018

Daniela Astone, Lidia Manganaro

Il bambino di latta: con-giunture dolorose

RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE

Fascicolo: 48 / 2018

Attraverso la metafora del viaggio e in un continuo gioco di rimandi al "Meraviglioso Mago di Oz" le autrici conducono il lettore sui sentieri di un percorso di terapia familiare. Protagonista della storia è Lando che, insieme alla sua famiglia, decide di mettersi alla ricerca delle proprie emozioni perdute, intraprendendo un percorso che porterà a fare i conti con le molteplici violenze, visibili e invisibili, trasmesse a livello intergenerazionale. La storia è, inoltre, il racconto di un viaggio nel mondo emotivo delle terapeute, per le quali la conclusione del viaggio di Lando diventerà punto di partenza per una nuova e intensa avventura personale.

Chiara Molinu

Hikikomori e anoressia: famiglie e identità fragili a confronto

RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE

Fascicolo: 48 / 2018

Questo articolo ha come obiettivo quello di esplorare il fenomeno giapponese degli hikikomori, una sindrome, individuata e descritta dallo psichiatra Tamaki Saito, che ha colpito l’Oriente fin dagli anni ’70: giovani ragazzi, generalmente di sesso maschile, che si autorecludono interrompendo le relazioni sociali, il lavoro e la scuola La sindrome degli hikikomori, definita "ulturale", negli ultimi anni si è diffusa in Europa e anche in Italia; questo ha portato l’autrice a esaminare i due contesti culturali e le strutture familiari, trovando molti parallelismi tra l’hikikomori e uno dei disturbi del comportamento alimentare più diffusi in Italia: l’anoressia. L’elaborato porta a una riflessione dal punto di vista sistemico relazionale dei due fenomeni e su come la famiglia stessa possa essere una risorsa efficace per il trattamento psicoterapeutico di questi disturbi.

Silvia Di Battista

Diverse e uguali: conoscere le famiglie omogenitoriali attraverso un approccio sistemico relazionale

RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE

Fascicolo: 48 / 2018

Questo lavoro intende esplorare alcuni aspetti psicosociali che riguardano la genitorialità nelle coppie dello stesso sesso, i pregiudizi associati e l’ingresso di queste nuove realtà familiari nella consulenza psicologica e nella pratica psicoterapeutica. L’approccio sistemico relazionale può rappresentare una risorsa importante per conoscere questo tipo di famiglie.

Maurizio Gallinari, Anna Maria Paulis

La dimensione dissociativa: il peso delle esperienze traumatiche e della disorganizzazione nei legami famigliari

RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE

Fascicolo: 48 / 2018

La dimensione dissociativa emerge all’interno della matrice dei rapporti interpersonali ed è il risultato di uno sviluppo che origina nei contesti interpersonali traumatici. Il ritrovato interesse clinico per il trauma ha permesso, oltre ad una riscoperta dei pioneristici studi di Janet e altri autori, l’introduzione nel più recente manuale diagnostico, il DSM 5, della categoria dei disturbi dissociativi e dei disturbi post-traumatici. Fattori di rischio per la dissociazione potrebbero essere riscontrati in esperienze di mancata sintonizzazione emotiva-comunicativa fra il bambino e le figure che quotidianamente interagiscono con lui. Tali conseguenze sulla persona si riflettono sui rapporti interpersonali che la persona instaura una volta cresciuta e generare situazioni simili in altre generazioni. Gli autori approfondiscono il concetto di trauma in una cornice che pone al centro la comprensione dello scambio generazionale. Nelle famiglie con storie traumatiche prevalgono i vissuti psichici non dicibili e lealtà divise che si possono definire addirittura frammentate. Le lealtà frammentate creano legami familiari caratterizzati da dis-aggre¬gazione, ovvero un terreno incerto su cui crescono le nuove generazioni. Sono spesso le generazioni più giovani, come descritto nel caso clinico, a pagare il prezzo più alto soprattutto in termini di contesto relazionale dove si trovano a nascere.

A seguito della crisi economica che ha investito l’eurozona, le riforme introdotte a livello europeo e internazionale hanno inciso in maniera significativa non solo sulla legislazione dei paesi membri, ma anche, e soprattutto, sull’equilibrio tra organi costituzionali. Le variabili che hanno determinato tali mutamenti sono ascrivibili a fattori sia "endodeterminati" che "eterodeterminati"; in particolare per effetto di accordi intergovernativi e fonti dell’Unione, che hanno profondamente modificato la possibilità dei parlamenti nazionali di incidere ancora in materia di scelte di politica economica. A distanza di cinque anni dall’entrata in vigore del Fiscal Compact, a tale processo involutivo non sono corrisposte proposte efficaci volte a valorizzare e "rivalutare" il ruolo degli organi rappresentativi nazionali ed europei. Il presente lavoro intende evidenziare le principali carenze riconnesse al contesto descritto.

Loredana Teodorescu

Politica esterna di immigrazione dell’Unione europea e suoi legami con la dimensione interna

CITTADINANZA EUROPEA (LA)

Fascicolo: 2 / 2018

La crisi migratoria del 2015 ha rinnovato l’attenzione per la necessità di rafforzare la cooperazione con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori. Il legame tra l’ambito degli affari interni e quello della politica estera è emerso così in maniera più evidente, e la dimensione esterna della politica di immigrazione dell’Unione europea ha conosciuto una stagione di rinnovato dinamismo. Tale dinamismo sul versante esterno, che sembra incontrare il favore di tutti gli Stati membri, contrasta tuttavia con la difficoltà dell’Unione di gestire il fenomeno migratorio sul piano interno. Questo lavoro intende approfondire la politica esterna di immigrazione, evidenziando come, pur rappresentando una parte integrante e fondamentale dell’approccio europeo in materia, essa non possa essere considerata sostitutiva di una gestione efficace dei flussi sul versante interno. Difatti la dimensione esterna e quella interna della politica di immigrazione sono strettamente collegate: se è vero che la cooperazione con gli Stati terzi rappresenta un elemento cruciale per la gestione del fenomeno migratorio, è altrettanto vero che questa risulta a sua volta condizionata dall’efficacia della politica europea di immigrazione e da alcune dinamiche del suo sviluppo interno