La prolungata recessione economica sembra aver scalzato la principale motivazione per l’accettazione degli immigrati in Italia, quella dei fabbisogni del mercato del lavoro. L’articolo mostra invece che, malgrado molte difficoltà, l’incidenza degli immigrati sull’occupazione complessiva è cresciuta da meno del 7% nel 2008 a oltre il 10% nel 2015. La persistente segmentazione del mercato del lavoro e l’espansione dei lavori di bassa qualità sono le spiegazioni principali. Inoltre, il rapporto tra versamenti fiscali degli immigrati e servizi che ricevono è in favore dello Stato italiano, giacché al momento attuale tra gli immigrati i pensionati sono pochi e le persone bisognose di cure mediche hanno un’incidenza minore alla popolazione italiana, a motivo della differente distribuzione per età. Nello stesso tempo gli immigrati sono però socialmente vulnerabili e rischiano di cadere in povertà più degli italiani, avendo reti familiari più fragili, e soprattutto mancando di parenti titolari di pensioni, e dovendo onorare l’obbligo morale di mandare rimesse in patria. In conclusione, l’articolo sostiene che la società italiana ha ancora bisogno del lavoro degli immigrati, e che la ripresa economica non potrà verificarsi senza un’accresciuta partecipazione degli immigrati al mercato occupazionale.