La maggioranza progressista e le elezioni Usa 2000

Titolo Rivista COMUNICAZIONE POLITICA
Autori/Curatori Stanley Greenberg
Anno di pubblicazione 1 Fascicolo 2001/1 Lingua Italiano
Numero pagine 8 P. Dimensione file 37 KB
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La maggioranza progressista e le elezioni Usa 2000 (di Stanley Greenberg DOSSIER Presentiamo su questo numero della rivista un inedito particolarmente interessante: si tratta infatti del resoconto steso da Stanley Greenberg pochi giorni dopo la proclamazione del vincitore delle elezioni Presidenziali americane e indirizzato all’Institute for America’s Future, un istituto particolarmente vicino alle posizioni dei Democratici e di Al Gore, candidato Democratico alle Presidenziali dello scorso anno. Come è noto, Greenberg è stato uno dei più ascoltati consulenti per la campagna elettorale di Gore e ha lavorato a stretto contatto con il candidato Democratico negli ultimi 3 mesi della campagna. Il suo apporto è stato decisivo in particolare nell’elaborazione e nella formulazione delle strategie comunicative, sia per quanto riguarda l’immagine pubblica e la selezione dei temi che per quanto riguarda la vera e propria comunicazione politica. Le analisi su cui si basano alcune risultanze di questo rapporto sono state effettuate a partire da diverse fonti: una serie di sondaggi pre-elettorali condotti dai responsabili della campagna elettorale di Gore (con la consulenza di Hickman-Brown), 2 sondaggi post-elettorali condotti direttamente dall’istituto cui fa capo Stanley Greenberg (GQR, Greenberg Quinlan Research) ed ulteriori analisi svolte da vari soggetti nei passati appuntamenti elettorali. Ogni sondaggio aveva mediamente una base campionaria di 1000 elettori che dichiaravano di andare a votare (nei pre-elettorali) ovvero di elettori che avevano già votato (nei post-elettorali); la durata di ogni sondaggio era di circa 25 minuti. Il rapporto completo dal quale è tratta la parte che qui pubblichiamo è molto articolato, e analizza in maniera particolareggiata e dettagliata ciascun elemento inerente i quattro ambiti che, come sostiene Greenberg, hanno rappresentato i principali "punti critici" del candidato Democratico, impedendo la sua elezione nonostante la maggioranza degli americani fosse più vicina alla sua proposta politica che a quella di Bush. Ma oltre che per il suo contenuto specifico, lo studio è altresì illuminante sulle modalità secondo cui si struttura solitamente nel mondo anglosassone il rapporto tra consulente e politico. In Italia, (come è stato sottolineato nell’articolo precedente), il politico utilizza spesso un pollster o un istituto di ricerca da una parte per ottenere informazioni immediate sul suo appeal personale o sugli orientamenti di voto, dall’altra in qualità di "confidente", distaccato dalla battaglia politico-elettorale, talvolta per ottenere rassicurazioni personali. In entrambi i casi, generalmente il consulente non entra a pieno titolo nel processo decisionale tattico o strategico che una determinata forza politica vuole mettere in atto: fornisce dati o risultati che serviranno ad altri per decidere, ad esempio, la campagna di comunicazione o le strategie elettorali. Il metodo esemplificato nel rapporto di Greenberg appare viceversa maggiormente "invasivo": il consulente prende parte attiva alla formazione del processo decisionale e talvolta aderisce anche alla parte politica cui presta la propria consulenza. Come si può leggere in questo breve scritto, le note conclusive mostrano chiaramente i sintomi di un elevato livello di coinvolgimento nel futuro politico del Partito Democratico negli Usa. La consulenza sfuma quasi nell’adesione, utilizzando le capacità professionali, oltre il puro "lavoro", per arrivare alla partecipazione empatica alla causa politica. Un ultimo dato appare utile sottolineare, e riguarda il livello di fiducia con cui negli Stati Uniti ci si accosta ai sondaggi demoscopici: mentre in Italia siamo abituati a mettere spesso in dubbio alcuni risultati, o a mediarli a partire dall’istituto che effettua il lavoro, nella sua analisi Greenberg giunge perfino a confrontare tra loro, mettendoli sullo stesso piano, i risultati elettorali ufficiali con quelli desunti da un campione di 1000 intervistati. A suo giudizio, ad esempio, Gore detiene la maggioranza dell’elettorato americano sul piano delle issues (dati di sondaggio), con uno scarto da Bush di poco superiore a quanto si è evidenziato nel voto palese (dati elettorali). E’ questo un segnale forte anche per il nostro Paese: se si eliminasse un po’ di dilettantismo anche in Italia, nulla vieterebbe di ottenere informazioni scientifiche corrette e attendibili anche lavorando per una specifica parte politica. Senza ingannare l’opinione pubblica.;

Stanley Greenberg, La maggioranza progressista e le elezioni Usa 2000 in "COMUNICAZIONE POLITICA" 1/2001, pp , DOI: