Alla fine della seconda guerra mondiale, la cooperazione internazionale che si era sviluppata nelle contingenze dolorose della guerra, aveva tracciato le premesse di un modo nuovo di porsi tra gli Stati con la piena consapevolezza che si poteva dar vita ad un diverso assetto internazionale nel quale - anche - gli uomini, in quanto tali, avessero responsabilità e diritti.

Per tutti gli Stati, al di là della immediata necessità di creare con le Nazioni Unite una organizzazione che evitasse nuovi conflitti, esisteva il problema concreto di creare le condizioni di una pace duratura. Tra questi Stati c'era il Canada e per la sua dirigenza, ora che la guerra era finita, non bastava concentrarsi sui problemi della sicurezza e sulla necessità e urgenza di organizzare la forza che potesse opporsi alla minaccia di nuovi conflitti, era anche necessario creare strutture all'interno delle quali la cooperazione aprisse concrete, quanto durevoli, prospettive di pace; strutture possibili solo nella prospettiva di stati che avvertissero l'originalità dei caratteri del sistema nuovo che stava maturando.

Su queste premesse, i Canadesi hanno creato e sviluppato politiche di cooperazione internazionale. Hanno costruito il loro ruolo negli affari mondiali perseguendo la soddisfazione degli interessi nazionali nella linea del new internationalism , della human security , e attraverso gli strumenti della soft policy .

Fabrizio Ghilardi dal 1976 insegna Storia delle relazioni internazionali all'Università di Pisa. Dirige una collana di Studi sul Canada. Ha pubblicato, tra l'altro, Politica estera e trasformismo, le relazioni anglo-italiane dal 1878 al 1888 (FrancoAngeli, Milano 1981), L'Europa degli equilibri: 1815-1890 (FrancoAngeli, Milano 1987), Le relazioni italo-canadesi 1944-1947 (Ets, Pisa 1991), Italia e Canada 1947-1951 (FrancoAngeli, Milano 1997).